Migranti, navi Ong bloccate. Ministro Piantedosi tranchant: "Sì allo sbarco, ma solo donne incinte e minori"
La posizione del ministro dell'Interno: sì allo sbarco, ma solo delle donne incinte e dei bambini
Presa di posizione poderosa da parte del ministro dell’Interno Matteo Piantedosi. “Ci faremo carico solo delle esigenze umanitarie, bambini e donne incinte: la nave Humanity1 potrà rimanere in rada di fronte a Catania ma all’esito della verifica le persone che non rientrano nei requisiti dovranno tornare in acque internazionali”, ha dichiarato il numero uno del Viminale al termine del Consiglio dei ministri del 4 novembre.
- Meloni e Salvini, le dichiarazioni sugli sbarchi
- Rivolta a bordo della Rise Above
- Ong Humanity: "Mai avuto intenzione di andare a Catania"
- L'esperta: "In alto mare non è possibile l’identificazione del richiedente asilo"
Meloni e Salvini, le dichiarazioni sugli sbarchi
“Cerchiamo di fare rispettare quello che, secondo noi, è il diritto internazionale”, ha aggiunto Giorgia Meloni. La misura è stata siglata anche dai ministri delle Infrastrutture e dei Trasporti Matteo Salvini e della Difesa Guido Crosetto. Proprio il vice premier ha rimarcato: “Come sempre garantiremo soccorso e assistenza ma vietiamo la sosta nelle acque italiane alle Ong straniere”.
Piantedosi ha inoltre detto che si tratta del “primo atto per non deflettere agli obblighi dei Paesi di bandiera delle ong“, in quanto l’equipaggio della nave della Ong tedesca Sos Humanity, che ha a bordo 179 persone (più di 100 minorenni), “ha forzato entrando in acque territoriali italiane senza ottemperare a quelle che erano state le nostre richieste, ovvero chi sono le persone a bordo, dove sono state tratte in salvo e quali fossero le oggettive condizioni”.
“Le risposte avute non sono state all’altezza delle nostre aspettative”, ha concluso Piantedosi. Oltre alla Sos Humanity, nel Mediterraneo con a bordo altri migranti, c’è la nave Rise Above, della Ong umanitaria tedesca Mission lifeline. L’imbarcazione ha raccolto da tre natanti alla deriva altre 95 persone.
Alle due ong tedesche si aggiungono le due norvegesi, la Ocean Viking (con a bordo 234 migranti) e la Geo Barents (572). Anche quest’ultima, come comunicato da Matias Gil, capomissione per le operazioni di ricerca e soccorso, “dopo aver chiesto e ricevuto il permesso dalle autorità italiane è entrata in acque territoriali italiane a causa del cattivo tempo. Stiamo aspettando da oltre 10 giorni un luogo sicuro di sbarco per i 572 sopravvissuti a bordo”.
Rivolta a bordo della Rise Above
“A bordo c’è una rivolta”, ha spiegato sempre Piantedosi che ha aggiunto. “Le difficili condizioni meteo non permettono di restare ancora in mare: serve subito un porto sicuro di sbarco”, hanno ammonito i volontari.
Ong Humanity: “Mai avuto intenzione di andare a Catania”
“La nave Humanity 1 non andrà a Catania, non ha mai avuto intenzione di farlo. Non abbiamo ricevuto un luogo sicuro per sbarcare i 179 sopravvissuti a bordo. Siamo infatti entrati nelle acque territoriali ieri per trovare protezione dalle intemperie, dal vento e dalle onde alte. Ma l’abbiamo fatto solo dopo aver ottenuto il permesso dalle autorità del porto di Catania”. Lo ha fatto sapere la ong Sos Humanity.
L’esperta: “In alto mare non è possibile l’identificazione del richiedente asilo”
Nelle scorse ore l’esecutivo guidato da Giorgia Meloni ha pensato a una nuova mossa per risolvere la questione relativa ai salvataggi, vale a dire quella di chiedere agli Stati di bandiera di far avanzare ai migranti portati in salvo la richiesta di asilo a bordo delle navi.
“In alto mare non è possibile l’identificazione del richiedente asilo da parte delle autorità statali e quindi effettuare la domanda di asilo, né verso lo Stato di bandiera, né verso lo Stato del porto più vicino. Gli Stati, in altre parole, non possono avviare la procedura per concedere l’asilo mentre i richiedenti si trovano in alto mare”. Così all’AdnKronos Fiammetta Borgia, professore associato di Diritto internazionale del Dipartimento di Giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”, nonché Membro della Società italiana diritto internazionale (Sidi) e in particolare del Gruppo di interesse sul diritto del mare.
Secondo Borgia, “è vero che ogni nave è sottoposta alla giurisdizione dello stato di bandiera in alto mare ma questo non vale per la richiesta di asilo, in quanto la giurisdizione dello stato di bandiera, sancita dall’articolo 92 della Convenzione di Montego Bay, riguarda fatti e accadimenti avvenuti all’interno della nave e non con una proiezione esterna”.
“Addirittura – ha proseguito l’esperta – al contrario la giurisdizione dello Stato costiero si potrebbe estendere ai fatti e accadimenti avvenuti nella nave, anche quando la nave si trova in acque internazionali ma prossima al mare territoriale, e vi è uno stretto collegamento con la terraferma. E questo avviene ad esempio in caso di illeciti penali, che nulla hanno a che fare con la richiesta d’asilo”.
“Pertanto la giurisdizione derivante dallo Stato di bandiera non è necessariamente sufficiente a presupporre che possa essere fatta la richiesta di asilo”, ha concluso la giurista.