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Influenza aviaria e rischio pandemia "100 volte peggio del Covid": allarme in Texas dopo contagio uomo-bovino

Il contagio uomo-bovino in Texas rilancia l'allarme sulle mutazioni del virus dell'influenza aviaria e sul rischio di una nuova pandemia

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Il virus dell’influenza aviaria torna a fare paura. L’allarme arriva dagli Stati Uniti, dal Texas, dove è stato segnalato il secondo caso di contagio umano, un lavoratore del settore lattiero-caseario che ha avuto contatti con bovini infetti. Per ora i pericoli per gli esseri umani sono minimi, ma una eventuale mutazione di un ceppo del virus capace di trasmettersi da uomo a uomo potrebbe portare ad una nuova pandemia peggiore del Covid.

Influenza aviaria, contagio uomo-bovino in Texas

L’allarme per il virus dell’influenza aviaria arriva dal Texas, dove è stato confermato il secondo caso di contagio uomo-bovino, una persona che lavorava a stretto contatto con le mucche infette. Il sintomo principale riportato dal paziente è stata la congiuntivite.

Nelle ultime settimane l’aviaria ha colpito diversi bovini in vari allevamenti in Texas, Kansas, Michigan, New Mexico e Idaho.

Il Cdc statunitense (Center for Disease Control and Prevention) ha reso noto che il virus H5N1 che ha infettato l’uomo possiede una mutazione che indica l’adattamento del virus ai mammiferi.

Non si tratta però di una novità, in quanto è la stessa mutazione già identificata in precedenza sia in altre persone sia in mammiferi infettati dall’aviaria. Inoltre non sembra influire nella capacità del virus di trasmettersi da uomo a uomo né conferire resistenza agli antivirali disponibili.

Cos’è l’influenza aviaria

Il virus dell’influenza aviaria A/H5N1 è in circolazione dagli anni ’90 ed è in grado di infettare pressoché tutte le specie di uccelli note.

Influenza aviaria e rischio pandemia "100 volte peggio del Covid": allarme in Texas dopo contagio uomo-bovinoFonte foto: ANSA
 A inizio 2024 numerosi leoni marini sono morti per l’influenza aviaria in Argentina

È diffuso in tutto il mondo, persino in Antartide: lo scorso febbraio è stato identificato da alcuni ricercatori spagnoli in alcuni volatili trovati morti vicino alla base “Primavera”.

L’aviaria può manifestarsi nei volatili in forma leggera oppure in forme ad alta patogenicità, che causano il decesso dell’animale in tempi brevi quasi nel 100% dei casi.

Negli ultimi anni è stata documentata la trasmissione del virus dagli uccelli a diverse specie di mammiferi. Come spiega l’Istituto Superiore di Sanità (Iss), dall’inizio del 2003 H5N1 ha effettuato una serie di salti di specie, acquisendo la capacità di contagiare anche i mammiferi, tra cui l’uomo.

Tra le varie specie sono stati documentati contagi in maiali, bovini, gatti, topi, orsi, foche e visoni. Gli ultimi casi accertati riguardano le mucche negli Stati Uniti e i leoni marini in Argentina.

Il rischio di una nuova pandemia

I casi di contagi umani sono pochissimi e il rischio complessivo per la salute umana associato ai focolai di virus dell’influenza aviaria resta basso.

Tuttavia lo scenario potrebbe cambiare in futuro, la vigilanza delle autorità sanitarie mondiali resta alta perché se i virus dell’influenza aviaria “acquisissero la capacità di diffondersi tra gli esseri umani, potrebbe verificarsi una trasmissione su larga scala”.

È quanto si legge in un rapporto congiunto dell’European Centre for Disease Prevention and Control (Ecdc) e della European Food Safety Authority (Efsa), che lanciano l’allarme sulle mutazioni del virus.

L’aviaria, come tutti i virus influenzali di tipo A, è nota per l’instabilità genetica, e ha già “dimostrato la capacità di compiere alcuni passi evolutivi verso l’adattamento ai mammiferi“.

“L’elevato numero di infezioni ed eventi di trasmissione tra diverse specie animali aumenta la probabilità del riassortimento virale e/o dell’acquisizione di mutazioni che potrebbero migliorare la capacità dei nuovi virus influenzali emergenti di infettare, replicarsi e trasmettersi in modo efficiente a e tra i mammiferi”, scrivno Ecdc e Efsa.

Qualora emergesse un ceppo ad alta patogenicità capace di trasmettersi tra gli esseri umani si farebbero concreti i rischi di una pandemia peggiore del Covid, la malattia X di cui parla l’Oms.

L’uomo sarebbe particolarmente vulnerabile a infezioni provocate dall’aviaria, per via dell’alta mortalità del virus e per la mancanza di anticorpi neutralizzanti nella popolazione umana.

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