Il pandoro Balocco-Ferragni per il giudice ha ingannato i consumatori, le associazioni puntano ai risarcimenti
Pratica commerciale scorretta: il tribunale civile di Torino accoglie il ricorso delle associazioni dei consumatori nel caso del pandoro Balocco griffato Chiara Ferragni
Il pandoro Balocco griffato Chiara Ferragni ingannò i consumatori. È la decisione della giudice della prima sezione del Tribunale civile di Torino, Gabriella Ratti, in accoglimento del ricorso presentato dalle associazioni di consumatori Codacons, Adusbef e Utenti dei servizi radiotelevisivi.
Pratica commerciale scorretta
Il caso ruota attorno al pandoro PinkChristmas al centro di una campagna di beneficenza con la promessa di destinare parte dei proventi all’ospedale infantile Regina Margherita di Torino.
Secondo la sentenza, il prodotto presentato in quella veste è stato al centro di una “pratica commerciale scorretta” in violazione del Codice del consumo.
Le associazioni puntano ai risarcimenti per i consumatori
Secondo le associazioni dei consumatori, la sentenza “apre la porta ai risarcimenti” per gli acquirenti del dolce natalizio perché “ingannati dai messaggi lanciati dall’azienda” e “aggrava la posizione dell’influencer nell’inchiesta per truffa aggravata aperta dalla procura di Milano”.
La sentenza
Secondo la giudice Ratti, “le modalità di pubblicizzazione e diffusione della pratica commerciale poste effettivamente in essere (anche) dalla società Balocco S.p.A. hanno lasciato intendere ai consumatori, contrariamente al vero, che, acquistando il Pandoro PinkChristmas, avrebbero contribuito direttamente e proporzionalmente al reperimento dei fondi utili al finanziamento in favore l’Ospedale Regina Margherita di Torino per l’acquisto di un nuovo macchinario, che avrebbe permesso di esplorare nuove strade per le cure terapeutiche dei bambini affetti da Osteosarcoma e Sarcoma di Ewing”.
“Anche la rilevante differenza di prezzo del Pandoro PinkChristmas rispetto al suo equivalente pandoro Balocco classico ha evidentemente contribuito ad indurre nel consumatore il convincimento che nel maggior prezzo vi fosse una diretta contribuzione al reperimento dei fondi utili al progetto di beneficenza”.
La pratica commerciale viene giudicata “contraria alla diligenza professionale” ma anche “idonea a falsare in misura apprezzabile il comportamento economico” dei consumatori.
In particolare, i messaggi diffusi al pubblico “sono risultati idonei a fornire una rappresentazione scorretta dell’iniziativa benefica relativa al reperimento dei fondi per finanziare l’acquisto di un nuovo macchinario, che avrebbe permesso di esplorare nuove strade per le cure terapeutiche”.
Questo è quanto stabilito dalla giustizia civile. Nel futuro di Chiara Ferragni ci sono accertamenti giudiziari in sede penale e il ricorso contro la multa dell’Antitrust che diede il via alla vicenda.