Emanuela Orlandi, il ruolo di De Pedis e la banda della Magliana in un verbale inedito di Marco Accetti
Sequestro di Emanuela Orlandi: spunta un verbale inedito di Marco Accetti che definisce il ruolo di De Pedis nella scomparsa della 15enne
Un verbale inedito con un’autoaccusa di Marco Accetti racconterebbe un’altra verità sul caso di Emanuela Orlandi e soprattutto sul ruolo che Enrico “Renatino” De Pedis, allora boss della banda della Magliana, avrebbe avuto nel sequestro della giovanissima cittadina vaticana. Nelle sue dichiarazioni Accetti ha raccontato minuto per minuto quelle che dovrebbero essere le fasi del sequestro.
- Emanuela Orlandi, il ruolo di De Pedis secondo Marco Accetti
- Lo sfondo: la morte di Roberto Calvi
- La prima fase del sequestro: 22 giugno 1983, ore 16:30
- La seconda fase del sequestro, ore 19:00
- Da sequestro temporaneo a mistero internazionale: l'intoppo dello IOR e l'inizio del giallo
- Nuovi tasselli dopo il presunto audio choc? Chi è Marco Accetti
Emanuela Orlandi, il ruolo di De Pedis secondo Marco Accetti
Marco Accetti è sicuramente uno dei personaggi più controversi del caso Orlandi. Emanuela, 15 anni, scomparve il 22 giugno 1983 e da quel giorno di lei non si hanno più notizie.
Negli anni si sono rincorse varie piste investigative, dal coinvolgimento dei Lupi Grigi e quindi dell’attentatore del papa Ali Agca a una qualche responsabilità all’interno dello Stato Vaticano. Una delle piste più battute e dibattute, tuttavia, rimane quella che vedrebbe coinvolta la banda della Magliana nella persona di Enrico De Pedis, detto Renatino, sul quale compaiono diverse informazioni all’interno del verbale di Marco Accetti.
I manifesti sul sequestro di Emanuela Orlandi oggi
Accetti, ricordiamo, nel documentario Netflix “Vatican Girl” si presenta come “colui che ha creato il caso Orlandi” e sostiene di aver partecipato anche al sequestro di Mirella Gregori.
Le nuove verità su De Pedis sono riportate in un memoriale di autoaccusa firmato da Marco Accetti e ancora oggi custodito presso la Procura. Il documento è finora rimasto inedito e il suo contenuto è riportato da ‘Corriere della sera’ e ‘Repubblica’.
Dal verbale, ‘Corriere della sera’ fa notare che Marco Accetti usa un tono di cortesia e rispetto nei confronti di Enrico De Pedis, che più volte definisce il boss della Magliana con il termine “imprenditore“.
Brevemente, Enrico De Pedis fu parte attiva nelle operazioni del sequestro di Emanuela Orlandi, avvicinata da una coetanea complice per non insospettirla e, infine, tenuta nascosta tra Villa Lante al Gianicolo e un camper parcheggiato vicino a Villa Streicht.
Secondo Accetti, il sequestro di Emanuela Orlandi sarebbe stato ideato come temporaneo, ma un imprevisto dello IOR avrebbe allungato i tempi fino a complicare l’intera vicenda che, ancora oggi, rimane un cold case.
Lo sfondo: la morte di Roberto Calvi
Per inquadrare il ruolo di De Pedis e l’intero impianto organizzativo del sequestro di Emanuela Orlandi, Accetti parte dalla morte di Roberto Calvi, allora presidente del Banco Ambrosiano.
Calvi avrebbe ricevuto denari da vari gruppi di persone da destinare a Solidarnosc, e tra i benefattori ci sarebbe stato anche Enrico De Pedis. Una volta sopraggiunta la morte di Calvi, De Pedis avrebbe avuto interesse a recuperare il denaro prestato, ma a ciò si sarebbe opposto Monsignor Marcinkus, allora presidente dell’Istituto Opere di Religione (IOR).
In questo contesto si sarebbe collocato il sequestro di Emanuela Orlandi: da una parte per le tensioni sui finanziamenti a Solidarnosc, dall’altra sulla gestione dei fondi da parte del Vaticano. In tutto questo, si pianificava o la rimozione di Marcinkus dal suo incarico o un attacco politico nei suoi confronti.
Il sequestro di Emanuela, quindi, sarebbe servito a creare una certa pressione. A questo punto Enrico De Pedis, sempre secondo Accetti, sarebbe entrato in gioco con un ruolo determinante. La scomparsa della 15enne si sarebbe dunque pianificata in due fasi.
La prima fase del sequestro: 22 giugno 1983, ore 16:30
Secondo Accetti, i sequestratori sarebbero riusciti a ottenere la fiducia e la complicità di una compagna di Emanuela Orlandi dell’Istituto Convitto Nazionale, che avrebbe incontrato la 15enne in corso Rinascimento prima dell’ingresso nella scuola di musica.
L’amica avrebbe indirizzato Emanuela ad attraversare piazza Navona per poi infilare il tratto di strada che collega il Senato e corso Vittorio Emanuele II. Lì sarebbe stata presente la Bmw con a bordo Enrico De Pedis il quale, una volta vista arrivare la 15enne, avrebbe parcheggiato in seconda fila contromano.
La manovra serviva a creare il primo depistaggio: farsi notare da chi stazionava al Senato nell’eventualità che alcuni testimoni pensassero a un’azione criminale.
In quel momento sarebbe avvenuto l’incontro tra De Pedis ed Emanuela Orlandi con il falso aggancio per l’incarico Avon. Le parole di Accetti nel verbale: “L’imprenditore le mostra, estraendo dall’interno di un tascapane, alcuni prodotti cosmetici avvolti nella loro confezione. Il tascapane azzurro doveva ricordare l’aeronautica italiana, in quanto alcuni membri della stessa collaboravano con la parte a noi avversa. La ‘A’ posta sul tascapane, oltre a ricordare per l’appunto l’Aeronautica, doveva rammentare la società Avon“.
A una certa distanza si sarebbe appostato proprio Marco Accetti, che fingeva di fotografare una turista tedesca sua complice ma che in realtà fotografava Emanuela Orlandi. Accetti, inoltre, indossava abiti simili a quelli del De Pedis per sostituirlo rapidamente in caso di pericolo.
Dopo l’incontro tra Emanuela Orlandi e “Renatino”, la 15enne si sarebbe quindi avviata verso la scuola di musica per seguire la sua lezione di flauto e coro; il boss della banda della Magliana si sarebbe quindi allontanato a bordo della moto di un altro complice.
La seconda fase del sequestro, ore 19:00
Alle 19 Emanuela Orlandi uscì dalla scuola di musica e incontrò nuovamente la sua compagna dell’Istituto Convitto Nazionale, la stessa che la incontrò nel pomeriggio e che sarebbe stata complice dei sequestratori.
Le due, quindi, si diressero verso corso Vittorio Emanuele II e imboccarono corsia Agonale, una via stretta che collegava con piazza Navona. Lì, secondo Marco Accetti, sarebbe avvenuto il sequestro.
Le due ragazze sarebbero salite a bordo di una Bmw sui sedili posteriori. Le parole di Marco Accetti: “L’autovettura arriva davanti a Porta Sant’Anna, le due ragazze scendono. La Orlandi entra all’interno e la ragazza del Convitto la aspetta all’esterno della stessa porta”.
Quindi la Orlandi sarebbe entrata per qualche minuto in Vaticano, attesa dall’amica all’ingresso. Dopo questa breve pausa, Emanuela Orlandi sarebbe scomparsa nel nulla secondo investigatori, famiglia e stampa.
Fu quindi condotta nella struttura religiosa Villa Lante della Rovere al Gianicolo e lì avrebbe trascorso la prima notte.
Da sequestro temporaneo a mistero internazionale: l’intoppo dello IOR e l’inizio del giallo
Ricordiamo che, sullo sfondo, Marco Accetti parla di una tensione dovuta all’intenzione di allontanare Marcinkus dallo IOR per la sua opposizione al recupero dei denari offerti a Calvi per Solidarnosc, in Polonia.
Su questo aspetto si sarebbe creato, secondo Accetti, il corto circuito che portò al mistero che oggi è conosciuto in tutto il mondo.
Entro il 30 giugno 1983 – dunque 8 giorni dopo il sequestro – la Commissione Bilaterale voluta dal cardinale Casaroli, segretario di Stato Vaticano, avrebbe dovuto consegnare un parere sulle “gravi discrasie economiche verificatesi all’interno dell’Istituto Opere di religione (IOR)”.
Accetti racconta che il 23 giugno – il giorno dopo il sequestro – tuttavia, l’organizzazione venne a sapere che tale parere non sarebbe stato consegnato, il tutto senza una reale motivazione.
“A tal’uopo si decise di trattenere la ragazza“, conclude Accetti.
Nuovi tasselli dopo il presunto audio choc? Chi è Marco Accetti
Il verbale inedito di Marco Accetti di cui la stampa apprende oggi è solo una parte di altri 4 capitoli per un totale di 103 mila battute e 60 cartelle con 4 allegati.
Il personaggio di Marco Accetti è divenuto noto dal 2013, quando consegnò il flauto appartenuto presumibilmente ad Emanuela Orlandi. Fotografo e legato sia ad ambienti dell’estrema destra che al partito radicale, è conosciuto come “l’uomo del flauto”.
La sua autoaccusa non aggiunge, sostanzialmente, una nuova pista investigativa sul sequestro Orlandi bensì definirebbe più precisamente il ruolo di De Pedis all’interno della scomparsa della 15enne cittadina vaticana.
Piuttosto, quanto appreso dal suo verbale inedito si aggiunge all’attesa per l’audio choc che un giornalista starebbe per pubblicare sul suo blog d’inchiesta, un documento del 2009 in cui un ex sodale di De Pedis farebbe un nome che potrebbe creare “un terremoto nel Vaticano”.