Covid, perché ancora tanti morti: la spiegazione di La Vecchia
Secondo l'epidemiologo della Statale di Milano il numero di contagi reali in Italia sarebbe il doppio di quello tracciato
“La mia stima è che oggi in Italia ci siano il doppio dei positivi di quelli che intercettiamo” lo sostiene, intervistato da Repubblica, l’ordinario di epidemiologia all’Università Statale di Milano, Carlo La Vecchia. Sarebbe il principale motivo per il quale il numero di decessi da Covid-19 nel nostro Paese non è destinato a diminuire ancora per diverso tempo.
Secondo il professore, infatti, “il numero dei casi che vediamo è inferiore a quello effettivo” e sarebbe invece di “circa il 2% degli abitanti, un milione di persone. Questo perché ci sono tanti senza o con pochi sintomi che non vengono intercettati”.
“I decessi sono circa il 3% dei nuovi positivi di due settimane prima. Con questi numeri di contagi ci vorrà quindi ancora molto tempo perché le morti scendano dalle 4-500 al giorno di adesso. È una cosa che ha a che fare ovviamente con la fine dell’epidemia, che è legata a molte variabili” spiega La Vecchia.
Le cause della sottostima del numero di contagi sarebbero allora da rintracciare nei primi mesi dell’epidemia e non in attuali difficoltà sul testing.
“Ora facciamo tanti tamponi, il tema era cruciale in marzo e aprile. In autunno abbiamo fatto ogni giorno tra 150 a 250 mila test. Un problema italiano, e di tutti i Paesi occidentali, è stato quello di lasciare a casa i positivi e i malati lievi, che hanno contagiato tutta la famiglia. Quindi l’idea di estirpare l’epidemia con testing e tracing non ha funzionato” spiega La Vecchia.
“Finché il sistema sanitario non ha organizzato una risposta – dice l’epidemiologo – molti morivano a casa senza diagnosi. Nella prima fase abbiamo avuto un tasso di mortalità tra i peggiori d’Europa”.
“A primavera la medicina del territorio in Paesi come il nostro o la Gran Bretagna aveva strutture inadeguate. In Francia, Germania e non solo è organizzata su base assicurativa, i medici sono pagati a prestazione e hanno in sostanza delle piccole cliniche – sostiene La Vecchia. Da noi i medici di famiglia gestiscono il flusso terapeutico inviando allo specialista i malati seri, e quindi avevano strutture inadeguate a gestire una malattia grave come il Covid. E non dimentichiamo il sottofinanziamento del sistema sanitario dalla crisi del 2008 in poi”.
Per questi motivi la mortalità da Covid-19 in Italia deriva strettamente dalle prospettive di fine dell’epidemia, che a sua volta dipende da diversi fattori, come l’arrivo delle varianti del Sars-CoV-2: “Intanto la vaccinazione, ora non procede veloce perché la Ue non ha dosi a sufficienza – dice infine il professor La Vecchia. Un’altra speranza è che a fine inverno cali la circolazione, intanto perché cambiano i comportamenti delle persone. Però c’è il problema delle varianti. Si fanno pochi esami per cercarle e non sappiamo ancora quale impatto negativo potranno avere”.