Coronavirus, quando toglieremo le mascherine: parla Zangrillo
Il professor Zangrillo ha parlato della situazione coronavirus in Italia, soffermandosi sul fatto che i "positivi non sono malati"
Il professor Alberto Zangrillo, medico primario al San Raffaele di Milano, è tornato a parlare dell’emergenza coronavirus in Italia. Dopo le controverse affermazioni sul virus che “clinicamente non esiste più“, in un’intervista al QN ha affermato: “Il lockdown è stato efficace, anche se drammatico per l’economia. Il distanziamento intelligente è una buona misura. Ma se continueremo a comportarci bene, se seguiremo le norme igieniche che ben conosciamo, sono certo di una cosa: a fine mese, almeno all’aperto, faremo a meno delle mascherine”.
Sostenendo quanto affermato dal professor Remuzzi, Zangrillo ha spiegato che da un’analisi dei tamponi più recenti è emerso che la carica virale dei nuovi positivi è molto più bassa rispetto ai mesi scorsi.
Coronavirus, Zangrillo: “Un positivo non è malato”
“È ora di ribadire una cosa – ha precisato Zangrillo – un paziente positivo non è malato. E il numero giornaliero dei contagi non ingrossa le fila dei malati. Punto”.
Per il medico, il flusso di informazione non è stato gestito correttamente: “Gli italiani sono già stati terrorizzati abbastanza. E soprattutto disinformati. Ciò malgrado hanno saputo capire: ora diciamogli le cose come stanno”.
Coronavirus, Zangrillo sulla seconda ondata
In merito a una eventuale seconda ondata, su cui alcuni esperti sollevano dei timori, Zangrillo ha affermato: “Non è affatto detto che arriverà”. Ma se arriverà, “ora abbiamo le cure giuste da mettere in campo. Sappiamo molto del virus”, ha sottolineato il primario.
Nonostante tutto, però, Zangrillo ha invitato ad assumere comportamenti prudenti e ad osservare le precauzioni. D’altra parte, il bollettino di ieri della Protezione civile ha indicato un nuovo aumento dei pazienti in terapia intensiva, segno che l’epidemia non è stata ancora sconfitta.
“Una cosa buona però l’ha prodotta”, ha concluso Zangrillo: “Ci impone di riorganizzare un sistema sanitario qualitativamente eccellente, ma depauperato nelle strutture base nel corso degli anni. Parlo della sanità pubblica, ovviamente. Gli ospedali, il territorio e le Regioni finalmente stanno collaborando. Bisogna ripartire da qui“.