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Coronavirus, Remuzzi: "I nuovi positivi non sono contagiosi"

Il professor Remuzzi ha illustrato i risultati di uno studio condotto sui tamponi dei ricercatori del Mario Negri

Di: VirgilioNotizie | Pubblicato:

Il professor Giuseppe Remuzzi, direttore dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri, ha illustrato il suo punto di vista sull’andamento dell’epidemia di coronavirus in Italia. In un’intervista del Corriere della Sera, Remuzzi ha dichiarato che sulla base di uno studio condotto sui tamponi, i nuovi positivi avrebbero una carica virale molto bassa.

Coronavirus, Remuzzi: “Nuovi positivi non contagiosi”

“Abbiamo condotto uno studio su 133 ricercatori del Mario Negri – ha spiegato Remuzzi – e 298 dipendenti della Brembo. In tutto, quaranta casi di tamponi positivi. Ma la positività di questi tamponi emergeva solo con cicli di amplificazione molto alti, tra 34 e 38 cicli, che corrispondono a 35.000-38.000 copie di Rna virale”.

La conclusione delle osservazioni, ha precisato Remuzzi, è che si tratta di “casi di positività con una carica virale molto bassa, non contagiosa. Li chiamiamo contagi, ma sono persone positive al tampone. Commentare quei dati che vengono forniti ogni giorno è inutile, perché si tratta di positività che non hanno ricadute nella vita reale”.

Remuzzi ha poi addotto altri esempi di studi giunti a simili conclusioni: una analisi del Center for Disease Prevention della Corea ha rintracciato i 790 contatti di 285 persone positive ma asintomatiche, rilevando nessun contagio.

La tesi del professor Remuzzi sembra quindi fare da eco all’affermazione controversa di Maria Van Kerkhove, capo del team tecnico anti-Covid-19 dell’Oms, che qualche giorno fa ha dichiarato che “è molto raro che una persona asintomatica possa trasmettere il coronavirus“.

Coronavirus, la proposta di Remuzzi sui nuovi tamponi

I tamponi rilevati durante la fase 3 andrebbero dunque differenziati, ha sostenuto Remuzzi: “L’Iss e il governo devono qualificare le nuove positività, o consentire ai laboratori di farlo, spiegando alla gente che una positività inferiore alle centomila copie non contagiosa, quindi non ha senso stare a casa, isolare, così come non è più troppo utile fare dei tracciamenti che andavano bene all’inizio dell’epidemia”.

È il caso, ad esempio, di quanto è accaduto per il focolaio veneto di Vo’ Euganeo, per il quale Remuzzi ha lodato il contributo del virologo Andrea Crisanti: “Penso che il professor Crisanti abbia fatto un grande lavoro, agendo subito e con decisione. Quel metodo, doppio tampone e tracciamento, va bene per un piccolo focolaio. Ma se il virus circola da mesi e poi esplode come accaduto in Lombardia, quel metodo rischia di diventare controproducente, a meno di avere a disposizione una organizzazione pazzesca tipo Wuhan”.

Coronavirus, Remuzzi sull’epidemia in Lombardia

Sull’andamento dell’epidemia in Lombardia, dove ieri si sono registrati 216 casi sul totale di 333 in Italia, Remuzzi si è detto tranquillo perché “se sono positivi allo stesso modo di quelli della nostra ricerca, ovvero con una positività ridicolmente inferiore a centomila”, “non possono contagiare gli altri”.

Remuzzi ha quindi concluso con un appello per il monitoraggio dei nuovi casi: “Bisogna dire quanto Covid-19 c’è nelle nuove positività. È quello che sto chiedendo. Il virus è lo stesso, certo. Ma per ragioni che nessuno conosce, e forse per questo c’è molta difficoltà ad ammetterlo, in quei tamponi ce n’è poco, molto meno di prima. E di questo va tenuto conto”.

Nel frattempo, un nuovo studio italiano ha osservato che ci sono gruppi sanguigni più colpiti di altri, provando anche a individuare le ragioni genetiche dietro l’aggressività del virus.

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