Coronavirus, le previsioni di Sala sulla ripresa. Quanto ci vorrà
Il sindaco Sala: "Perché Milano torni a correre ci vorrà un annetto"
“Ho parlato con degli imprenditori in Cina che lavorano fuori dalla zona rossa. Mi spiegavano che il ritorno alla normalità per il loro business è cosa di questi giorni, ossia dopo un paio di mesi. Potrebbe essere così anche per noi. Questo ci fa capire quanto sia necessario adesso cambiare il nostro modo di vivere per contenere il contagio”.
Il sindaco di Milano Beppe Sala, in due interviste a Corriere della Sera e Repubblica, fa il punto sulla situazione e si dice “d’accordo con le decisioni del governo: in questo momento bisogna essere rigidi. Se il limite è la capacità ricettiva ospedaliera, è bene fare di tutto per rallentare la diffusione dell’epidemia”.
“Il Covid-19 misura lo stato di salute della nostra società. Guardo ad altri Paesi, che danno un’idea di compattezza. Noi facciamo fatica a metterci insieme e non so se ci riusciremo stavolta”, sottolinea Sala. “Eppure, se la politica non guida, anzi lavora sulla percezione degli umori del popolo e non sulla speranza, stavolta rischia la bancarotta“.
“Milano è il laboratorio migliore per capire come venirne fuori”. Perché la città torni in forze, dichiara il sindaco, “credo che ci vorrà un annetto. Nel frattempo bisogna fare cose piccole ma immediate. Dopo che è saltato il Salone di Ginevra mi ha chiamato l’ad di Fiat Auto che ha pensato a Milano per il lancio della 500 elettrica. Gli stendo i tappeti rossi”.
“Lo stigma su Milano è assolutamente eccessivo. Nella fase iniziale siamo partiti un po’ alla garibaldina facendo tamponi a gogo. Non è stato così in altre città europee”, osserva Sala. “A Milano dobbiamo fare due cose: tenere botta e pensare già al rilancio della città. Sto pensando a come rilanciare la città, a un piano di comunicazione internazionale, a chi chiamare intorno al tavolo”.
Al governo, Sala chiede “di estendere alcuni dei provvedimenti presi per la zona rossa anche alla zona gialla. Serve un intervento rapido per le categorie più in difficoltà: il turismo, i bar, i ristoranti”. “Ad esempio, allargare il contributo di 500 euro mensili per i lavoratori autonomi anche al nostro territorio. Poi ci sono i piccoli albergatori che rischiano di morire. Perché non pensare a una cassa integrazione in deroga sotto i 15 dipendenti? Infine l’ultimo capitolo che riguarda sia il Comune sia il governo: i tributi. Il minimo è sospenderli per due, tre mesi, ma si potrebbe anche considerare di non farli pagare per tre mesi”.