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Coronavirus, differenze tra mascherine professionali e fai da te

C'è chi usa la carta da forno e la pellicola da cucina. Parla l'esperto

Di: VirgilioNotizie | Pubblicato:

Emergenza mascherine. In Italia se ne trovano ormai pochissime e ovviamente la penuria colpisce chi si batte in prima in linea contro il coronavirus: medici e infermieri. Mentre crescono i contagi anche tra i camici bianchi, i cittadini si sono dati al fai-da-te per creare delle misure protettive. Lo riporta l’Ansa.

C’è chi usa la carta da forno, chi le garze e la pellicola da cucina, chi sfodera addirittura la coppa del reggiseno. Su Internet sono decine i tutorial, alcuni decisamente stravaganti, per creare la propria mascherina contro il Covid-19.

Per realizzare strumenti davvero utili bisogna, però, si devono rispettare certe indicazioni. Lo spiega Claudio Galbiati, presidente della sezione Safety di Assosistema, che in Confindustria rappresenta i produttori e distributori dei dispositivi di protezione individuale (Dpi).

Coronavirus, le mascherine fai-da-te

Galbiati sottolinea che le mascherine fai-da-te “non ci proteggono dal coronavirus, ma possono fungere da barriera verso l’esterno per evitare che chi le indossa diffonda il contagio. In un certo senso imitano le mascherine chirurgiche, ma hanno una funzionalità molto più limitata perché non aderiscono bene al volto e l’aria passa facilmente dai bordi”.

Coronavirus, le mascherine chirurgiche

Le mascherine chirurgiche invece sono formate da 2 o 3 strati del cosiddetto ‘tessuto non tessuto‘ (in fibre di poliestere o polipropilene) che filtrano l’aria in uscita e proteggono da schizzi di liquido, come la saliva emessa con tosse o starnuti.

A tal proposito, secondo l’esperto anche le mascherine fai-da-te “dovrebbero avere uno strato impermeabile e più strati filtranti di tessuto non tessuto, fatti ad esempio con compresse di garza“.

Coronavirus: la differenza tra le mascherine Ffp2 ed Ffp3

Decisamente più efficati le mascherine Ffp2 e Ffp3 destinate al personale sanitario. Galbiati spiega che si tratta di prodotti realizzati “con tre strati di tessuto non tessuto a diversa densità. Quello esterno protegge dallo sporco più grossolano, lo strato intermedio filtra mentre quello interno dà forma alla maschera e protegge il filtro dall’umidità del respiro“.

Lo strato filtrante “ha innanzitutto un effetto meccanico, perché rende tortuoso il passaggio dell’aria bloccando l’ingresso delle particelle più grosse, fino ai 10 micron di diametro. Ma il suo vero segreto sta nell’avere una carica elettrostatica, che attrae e trattiene le particelle più piccole di 5 micron”.

La carica deve rimanere stabile nel tempo e in genere dura dai 3 ai 5 anni. “La mascherina comunque va sostituita dopo un certo tempo di utilizzo perché perde l’aderenza al volto”, raccomanda Galbiati.

Le Ffp2 filtrano oltre il 92% delle particelle sospese nell’aria, mentre le Ffp3 arrivano a valori pari o superiori al 98%.

“Esistono anche Ffp2 e Ffp3 che hanno una valvola per facilitare l’espirazione. Pensate per chi lavora nei cantieri, potrebbero essere pericolose se indossate da persone infette, perché non filtrano l’aria in uscita”, sottolinea l’esperto.

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Coronavirus, le maschere di gomma

Infine, le “semi-maschere fatte di gomma siliconica lavabile, su cui si possono montare filtri intercambiabili: efficaci quanto le tradizionali Ffp2 e Ffp3, hanno il vantaggio di essere riutilizzabili”.

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I personaggi famosi risultati positivi al coronavirus Fonte foto: Ansa
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