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Yara Gambirasio scomparsa a Brembate Di Sopra e uccisa a 13 anni: che fine ha fatto Massimo Bossetti

Il 26 novembre 2010 Yara Gambirasio, 13 anni, scomparve nel nulla. Il suo corpo fu ritrovato 3 mesi più tardi: come si arrivò a Massimo Bossetti

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È il 26 novembre 2010 quando di Yara Gambirasio, 13 anni, si perdono le tracce. Brembate Di Sopra (Bergamo) fino a quel momento è una comunità tranquilla, e improvvisamente deve interfacciarsi con un mostro che divora i bambini. Esattamente tre mesi dopo, il 26 febbraio 2011, il corpo della piccola viene rinvenuto in avanzato stato di decomposizione tra le alte sterpaglie di un campo di Chignolo D’Isola, a 10 km da Brembate. Cos’è successo a quella giovane e innocente promessa dell’atletica?

La scomparsa di Yara Gambirasio

Sono le 17:30 di venerdì 26 novembre 2010 quando Yara Gambirasio esce di casa per andare alla palestra di Brembate di Sopra.

Quel giorno non deve allenarsi, bensì deve semplicemente consegnare uno stereo. Lì rimane fino alle 18:40, orario in cui viene vista dal papà di un’allieva mentre si avvia verso l’uscita. Subito dopo, Yara Gambirasio sparisce nel nulla.

yara gambirasioFonte foto: ANSA
Alle 18:40 di venerdì 26 novembre si persero le tracce di Yara Gambirasio, 13 anni, scomparsa a Brembate di Sopra dopo essere andata in palestra

Alle 19:11 sua madre, Maura, prova a chiamarla ma il cellulare della figlia risulta spento. Che fine ha fatto Yara?

Come già detto, l’ultimo avvistamento risale alle 18:40: il papà di una giovane atleta l’ha vista avviarsi verso l’uscita della palestra.

Le telecamere di videosorveglianza della struttura non funzionano, dunque non hanno catturato i suoi movimenti.

Tuttavia, a “parlare” è il suo cellulare: gli inquirenti notano che alle 18:44 aggancia la cella di via Adamello a Ponte San Pietro (Bergamo), a 18 km da Brembate di Sopra; alle 18:49 aggancia la cella di Mapello; alle 18:55 aggancia la cella di Brembate di Sopra in via Ruggeri. Poi il silenzio.

L’arresto di Mohammed Fikri

Il 5 dicembre 2010 la prima svolta, che si rivelerà un buco nell’acqua. Secondo gli investigatori i cani molecolari, presso il cantiere edile di Mapello dove è in costruzione un centro commerciale, avrebbero rilevato tracce di Yara Gambinasio.

Gli operai vengono monitorati e le indagini arrivano a Mohammed Fikri, un operaio di origine marocchina che in quel giorno si trova a Genova per imbarcarsi sul traghetto che lo porterà a Tangeri.

In un’intercettazione telefonica Mohammed Fikri avrebbe detto, in lingua araba: “Allah mi perdoni, non l’ho uccisa io“. Per gli investigatori l’operaio avrebbe un ruolo nella scomparsa di Yara Gambirasio, per questo viene raggiunto dai carabinieri e interrogato.

Dopo tre giorni di carcere, Fikri viene scarcerato: la traduzione era errata, il datore di lavoro conferma che nel giorno nell’ora della scomparsa di Yara il ragazzo si trovava al cantiere e in questo modo crolla ogni accusa nei confronti dell’operaio.

Il ritrovamento

Il 26 febbraio 2011 un appassionato di modellismo, mentre sta facendo volare il suo aeroplano radiocomandato su un campo di Chignolo D’Isola, fa la macabra scoperta.

Tra le sterpaglie giace il cadavere di Yara Gambirasio in avanzato stato di decomposizione. L’uomo, spaventato, si allontana da quel punto e chiama le forze dell’ordine.

Gli investigatori, insieme agli uomini della scientifica, arrivano sul posto e lì sosteranno 25 ore prima di prelevare il corpo della 13enne.

La povera Yara Gambirasio indossa gli stessi abiti della sera della scomparsa. Secondo il medico legale, l’assassino ha colpito la ragazzina con una spranga ripetutamente sul capo fino a tramortirla: la piccola è rovinata al suolo e l’aggressore ha infierito sul corpo con un’arma da taglio in più punti, ma senza raggiungere zone vitali.

Yara Gambirasio è dunque morta di stenti, tra le ferite riportate e il freddo di quel campo.

Le indagini: il Dna di Ignoto 1

Il caso di Yara Gambirasio rappresenterà una svolta sulle modalità con le quali vengono condotte le indagini.

Gli investigatori riescono a isolare il Dna di un uomo dalle mutandine della ragazzina, in corrispondenza di una ferita. Quell’uomo, da quel momento, diverrà “Ignoto 1”.

Per risalire all’identità dell’assassino di Yara Gambirasio vengono messi in atto tutti gli strumenti scientifici a disposizione degli inquirenti con il supporto dei colleghi statunitensi, che proprio in quel periodo hanno sviluppato una nuova tecnologia che consente di stabilire che Ignoto 1 abbia gli occhi azzurri.

Dopo aver sottoposto l’intera popolazione maschile di Brembate di Sopra a screening di massa per prelevare campioni di Dna, il cerchio si stringe sui frequentatori di una discoteca che si trova nei pressi del campo di Chignolo d’Isola.

Tra questi, gli inquirenti individuano lo stesso aplotipo Y presente nel Dna rinvenuto sugli indumenti di Yara, e la scoperta denota un legame di parentela del frequentatore della discoteca con l’assassino.

Ancora, il cerchio si stringe infine su Giuseppe Guerinoni, autista deceduto nel 1999 e che risulta essere il padre di Ignoto 1. Si arriva quindi a Ester Arzuffi, il cui allele 26 corrisponde alla metà materna del Dna di Ignoto 1.

Infine, la soluzione del caso: da un controllo stradale viene sottoposto all’etilometro Massimo Bossetti, un carpentiere 44enne di Mapello. Il suo Dna è sovrapponibile a quello di Ignoto 1.

L’arresto di Massimo Bossetti e la condanna: dove si trova oggi

Il 16 giugno 2014 Massimo Bossetti viene arrestato con l’accusa di essere l’assassino di Yara Gambirasio.

Il 1° luglio 2016 la Corte D’Assise di Bergamo condanna l’operaio all’ergastolo, sentenza confermata poi in Cassazione il 12 ottobre 2018. Massimo Bossetti continua a dichiararsi innocente e sua moglie Marita Comi, sogna di ritornare a una vita normale.

La difesa contesta le modalità con cui sono state eseguite le indagini per l’identificazione di Ignoto 1.

Attualmente Bossetti sta scontando la sua pena al carcere di Bollate.

yara-gambirasio-massimo-bossetti Fonte foto: ANSA
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