Titolo "patata bollente" dedicato a Virginia Raggi fu diffamazione: Feltri e Senaldi condannati in Cassazione
Un titolo di "Libero" riferito a Virginia Raggi riportò la locuzione "patata bollente". Per Feltri e Senaldi è arrivata la condanna in Cassazione
Caso chiuso: fu diffamazione aggravata il titolo d’apertura sulla “patata bollente” dedicato a Virginia Raggi, allora sindaca di Roma, con il quale il quotidiano Libero andò in edicola il 10 febbraio 2017. La Cassazione ha confermato la condanna al pagamento di una multa di 11.000 euro per Vittorio Feltri e Pietro Senaldi, a quel tempo direttore del quotidiano.
Risarcimento in sede civile
Con il pagamento della multa, Feltri e Senaldi chiuderanno i conti con la giustizia penale. Ma il caso, a voler essere precisi, è in realtà semichiuso dal momento che la palla passa adesso alla giustizia civile che quantificherà il risarcimento in favore di Virginia Raggi. L’annuncio arriva dal legale di Raggi, l’avvocato Alessandro Mancori.
Confermata la sentenza d’appello
I supremi giudici della quinta sezione hanno rigettato i ricorsi presentati dai due giornalisti, confermando la sentenza della Corte di appello di Catania che li aveva condannati a una multa di circa 11.000 euro.
Il rinvio a giudizio era stato deciso nel 2019. A far partire la querela era stata la stessa sindaca di Roma nel 2017 che aveva definito “vomitevoli” le espressioni usate nel titolo di Libero.
Per Raggi si tratta della seconda vittoria: a gennaio Vittorio Sgarbi era stato condannato per diffamazione contro l’ex sindaca di Roma dopo il paragone con Vito Ciancimino durante la trasmissione Matrix.
La reazione di Virginia Raggi
Esulta su Facebook Virginia Raggi, ex sindaca di Roma in quota M5S e oggi membro pentastellato dell’Assemblea Capitolina.
Raggi ha parlato di un “contenuto sprezzante”, “sessista ed ingiustamente lesivo” della sua “reputazione ed onore”.
Virginia Raggi ha rifiutato categoricamente di chiudere la vicenda con un accordo fra le parti:
Mi è stato più volte chiesto di chiudere in maniera bonaria, ma non l’ho fatto, volendo giungere all’ultimo grado di giudizio perché fosse cristallizzata la responsabilità penale di Feltri e Senaldi dai quali in questi anni non ho mai ricevuto alcun tipo di scusa.
Parlando di “una vittoria di tutti”, Raggi ha commentato sostenendo che quel titolo è stato un affronto al genere femminile:
Ma non sono stata l’unica offesa da quelle parole. Tante persone, tantissime donne, si sentirono coinvolte.