Terremoto in Irpinia, 41 anni fa il sisma che devastò la regione: a che punto è la ricostruzione
Oltre 2mila morti, 300mila senzatetto, interi comuni rasi al suolo: 41 anni fa il terremoto dell'Irpinia. A che punto è la ricostruzione
L’Irpinia ricorda oggi le oltre due mila vittime del devastante terremoto di magnitudo 6.9 che colpì la zona alle 19:34 del 23 novembre 1980. Una contabilità di guerra per il sisma con epicentro localizzato sulla Sella di Conza, in Alta Irpinia. Insieme alle vittime, si contarono oltre 8 mila feriti, molte centinaia dei quali con danni permanenti; 300 mila abitazioni distrutte o inagibili; 18 comuni rasi completamente al suolo e altri 99 definiti “devastati” nella gerarchia dei danni.
Il terremoto cambiò il corso della storia delle comunità irpine. I costi ufficiali della lunga opera di ricostruzione delle case e per l’insediamento delle aree industriali, nove in totale, ammontano a 150mila miliardi delle vecchie lire, 75 miliardi di euro, destinati oltre che alla provincia di Avellino a quelle di Benevento, Salerno, Caserta, Matera, Potenza, Foggia e alla città di Napoli, per la quale venne inserito nella legge 219 un apposito capitolo.
Per 41 anni quel terremoto ha costituito un riferimento costantemente conflittuale se non permanente nel discorso pubblico e in quello socio-economico nella provincia più colpita, quella di Avellino, confermando in qualche misura la incompiutezza dei processi messi in moto all’indomani del sisma.
Terremoto in Irpinia, a che punto è la ricostruzione
A distanza di decenni, tornano in primo piano alcuni temi che furono al centro del confronto sul futuro e le prospettive del territorio irpino.
A partire dalla nuova emigrazione che ha prodotto spopolamento e desertificazione sociale, un fenomeno che investe più in generale tutte le zone interne del Mezzogiorno: ogni anno due mila persone, soprattutto giovani, lasciano la provincia di Avellino per andare a lavorare e a studiare nelle regioni del Nord o all’estero.
Le nuove speranze per arginare il fenomeno che da anni appare inarrestabile oggi sono affidate alle risorse che il Pnrr riserva alle aree interne per incentivare lo sviluppo di una economia collegata alla sostenibilità dei borghi del “buon vivere”, la cui ricostruzione ha valorizzato i centri storici, e alla filiera eno-gastronomica di notevole qualità.
Un obiettivo che è stato ribadito ad Avellino dal ministro per il Sud, Mara Carfagna: “Le risorse ci sono. Si tratta di 1 miliardo e 150 milioni per finanziare infrastrutture sociali nelle aree interne funzionali a spezzare la condizione di isolamento e fermare la tendenza allo spopolamento. È un’occasione unica e irripetibile che dobbiamo cogliere e non sprecare per rivalità, contrapposizioni e conflitti istituzionali”.
Terremoto in Irpinia, le prospettive di rilancio economico
Sul versante industriale fa da positivo contrappasso le nuove prospettive che si aprono per Iia, Industria Italiana Autobus, l’unica azienda pubblica italiana che produce autobus nello stabilimento di Flumeri, in Valle Ufita. 41 anni fa si chiamava Iveco, gruppo Fiat, ed era stata aperta da qualche anno ma già scontava le prime crisi produttive collegate al mancato decollo del piano autobus nazionale.
Cambiò nome in Irisbus, sempre del gruppo della multinazionale torinese fino al luglio del 2011 quando Fiat decise la dismissione dello stabilimento irpino. Dal 2019 è stato rilevato da Invitalia e ex Finmeccanica, oggi Leonardo, che detengono la maggioranza delle quote societarie.
Nella giornata di lunedì, Iia ha presentato Citymood, il primo autobus elettrico interamente prodotto in Italia, che apre durature prospettive industriali e occupazionali che, ha detto il ministro degli Esteri Luigi Di Maio “nel contesto della ripresa dalla crisi pandemica rappresenta una importante testimonianza dell’impegno di coniugare qualità del prodotto, soluzioni tecnologie e sostenibilità che fanno dell’Italia il paese leader in Europa nell’economia circolare”.