Seconda ondata Covid, Brusaferro: "Possiamo tornare indietro"
Il presidente dell’Istituto superiore di sanità Brusaferro ha tracciato un quadro dell'attuale situazione coronavirus in Italia
“La pandemia non è sfuggita di mano. La crescita dei contagi è significativa, specie in alcune zone del Paese”, ma “possiamo tornare indietro”. Così in una intervista al Corriere della Sera Silvio Brusaferro, presidente dell’Istituto superiore di sanità e componente del Comitato tecnico scientifico.
“Il sistema sta reagendo – ha affermato – anche se nelle aree più colpite i dipartimenti di prevenzione sono sotto stress. Per questo è necessario intervenire tempestivamente per modificare l’andamento dell’epidemia“.
“È importante – ha spiegato – che ci sia allerta nazionale oltre a misure più restrittive e mirate in ambiti regionali e locali come ad esempio sta avvenendo in Lombardia e Campania dove il virus si sta diffondendo più velocemente”.
Secondo Brusaferro “possiamo tornare indietro a una condizione più controllata, sapendo che dovremo mantenere alta l’attenzione nei prossimi mesi preparandoci a intervenire velocemente se la curva si rialzerà”.
Bisogna “limitare i contatti a quelli necessari evitando tutte le occasioni in cui ci può essere il rischio trasmissione. Salvaguardando però attività essenziali, come lavoro e scuola“, perché “la curva cresce velocemente e questo deve farci preoccupare”.
“Non dico non uscite, evitate però feste, momenti conviviali e incontri non necessari”. Questa la raccomandazione di Brusaferro, che ha spiegato: “I dati sulla trasmissione indicano che la maggioranza dei contagi avvengono nei momenti di socializzazione informale all’interno della famiglia e dei contatti stretti”.
“Gli effetti delle scelte di oggi le verificheremo non prima di 15 giorni”, ha spiegato l’esperto, aggiungendo che “tra qualche settimana le misure restrittive potrebbero diventare più stringenti”.
Riguardo poi alla corsa ai tamponi, Brusaferro ha affermato che “è in fase di elaborazione un documento sull’uso appropriato dei test, credo che i tamponi antigenici rapidi saranno di grande aiuto nei casi di persone con rischio basso di aver contratto l’infezione”.
“Il tampone eseguito a 24-48 ore dal contatto stretto con una persona positiva è poco utile e rischia di dare false sicurezze”. “Credo sia importante – ha sottolineato – che chi ha avuto contatti stretti con persone risultate positive, anche se non viene immediatamente chiamato, si metta in quarantena per 10 giorni e al decimo esegua un tampone per riprendere l’attività”.