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Salvatore Montefusco evita l'ergastolo, doppio femminicidio di moglie e figlia "comprensibile" per i giudici

Uccise la moglie e la figlia di lei a Castelfranco Emilia, Salvatore Montefusco condannato a 30 anni: le motivazioni della sentenza

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Trent’anni di carcere per un doppio femminicidio, non l’ergastolo chiesto dall’accusa. Perché i giudici hanno definito “comprensibili” i motivi che hanno spinto l’uomo a sparare. Sono state rese note le motivazioni della condanna di Salvatore Montefusco, l’imprenditore 72enne che nel Modenese uccise a fucilate la moglie Gabriela Trandafir e la figlia di lei Renata.

Uccise moglie e figlia, Salvatore Montefusco evita l’ergastolo

Salvatore Montefusco è stato condannato a 30 anni di reclusione per aver ucciso la moglie e la figlia di lei.

La sentenza per il doppio femminicidio è arrivata nell’ottobre 2024, oggi, lunedì 13 gennaio 2025, sono state rese note le motivazioni della condanna da parte della Corte d’assise di Modena.

Salvatore Montefusco femminicidio Castelfranco EmiliaFonte foto: ANSA

La Procura di Modena aveva chiesto l’ergastolo, ma i giudici hanno riconosciuto all’imputato le attenuanti generiche, equivalenti rispetto alle aggravanti riconosciute (rapporto di matrimonio e aver commesso il fatto davanti al figlio minore della coppia).

Mentre sono state escluse altre aggravanti: premeditazione, motivi abietti e futili e l’aver agito con crudeltà.

Le motivazioni della sentenza

Nella sentenza visionata dall’Ansa, di oltre 200 pagine, si parla della “comprensibilità umana dei motivi che hanno spinto l’autore a commettere il fatto reato”.

“Arrivato incensurato a 70 anni, non avrebbe mai perpetrato delitti di così rilevante gravità se non spinto dalle nefaste dinamiche familiari che si erano col tempo innescate”, scrivono i giudici.

Nel testo i giudici spiegano che il doppio omicidio è avvenuto in un contesto di forte conflitto tra Montefusco e le due vittime, con presentazione di denunce reciproche.

Il movente farebbe riferimento “alla condizione psicologica di profondo disagio, umiliazione ed enorme frustrazione vissuta dall’imputato”, a causa del clima di forte conflittualità che si era venuto a creare in famiglia per la separazione, anche per questioni economiche legate alla casa e alla cura del figlio minore.

Il doppio femminicidio a Castelfranco Emilia

Il doppio femminicidio è avvenuto il 13 giugno 2022 nella villetta di Montefusco a Castelfranco Emilia, in provincia di Modena.

Il giorno dopo si sarebbe dovuta tenere l’udienza di separazione tra Salvatore Montefusco e la moglie Gabriela Trandafir, 47 anni.

L’uomo, pensionato ed ex imprenditore edile, ha ucciso a fucilate la moglie e la figlia di lei, Renata, di 22 anni, davanti agli occhi del figlio minorenne, Salvatore Junior.

Secondo quanto ricostruito, il 72enne si trovava in giardino quando la ragazza è tornata a casa e gli ha detto “Adesso te ne vai da questa casa”.

“Non ci ho visto più. Sono andato nel casotto, ho preso il fucile e le ho detto: di chi è la casa?”, ha raccontato l’uomo durante il processo, secondo quanto riporta Il Resto del Carlino.

Montefusco ha quindi iniziato a sparare, ha prima ucciso la moglie e poi la figliastra, colpendola mentre tentava di scavalcare la recinzione.

I familiari delle vittime: “Forte incredulità”

“La giovanissima vittima, Renata Trandafir, voleva fare l’avvocato per acquisire gli strumenti con cui difendersi dalle quotidiane violenze a cui lei e sua madre erano sottoposte”.

Così l’avvocata Barbara Iannuccelli, legale dei familiari delle vittime, ha commentato all’Ansa le motivazioni della sentenza.

“Circostanze attenuanti generiche che spazzano via qualunque circostanza aggravante per… umana comprensione. Navighiamo tutti in un mare di forte incredulità“, ha detto.

I timori della ministra Roccella

Tra le persone preoccupate per la sentenza c’è anche la ministra per la Famiglia, Eugenia Roccella, che in una nota citata dall’Ansa afferma:

“Leggeremo ovviamente il testo integrale della sentenza, ma se ciò che emerge dagli stralci pubblicati oggi venisse confermato, il pronunciamento della Corte d’Assise di Modena nei confronti dell’uomo responsabile dell’uccisione della moglie e della di lei figlia conterrebbe elementi assai discutibili e certamente preoccupanti che, ove consolidati, rischierebbero non solo di produrre un arretramento nell’annosa lotta per fermare i femminicidi e la violenza maschile contro le donne, ma anche di aprire un vulnus nelle fondamenta che reggono il nostro ordinamento. Il problema non è la comminazione della pena, non è la sua entità, non sono le valutazioni processuali proprie dell’esercizio della giurisdizione. Ciò che colpisce è il ragionamento a monte che sembrerebbe aver orientato la Corte, per la quale, a quanto si legge, ‘la situazione che si era creata nell’ambiente familiare’ avrebbe ‘indotto’ l’imputato ‘a compiere il tragico gesto’, con la conseguenza di una ‘comprensibilità umana dei motivi che hanno spinto l’autore a commettere il fatto reato’. Non credo sfugga a nessuno la pericolosità di ragionamenti di questo tipo, fondati su un nesso causale in grado di ‘indurre’ per motivi ‘umanamente comprensibili’ una duplice uccisione. Se si affermasse un principio di questo tipo, lo sforzo di promozione di quel cambiamento culturale che tutti vogliamo non compirebbe certo un passo avanti ma ne farebbe molti indietro”.

salvatore-montefusco-femminicidio Fonte foto: FB Salvatore Montefusco/ANSA
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