Riforma pensioni 2025 con Ape sociale, Opzione donna e Quota 103: come potrebbe cambiare l'uscita dal lavoro
Come cambiano le pensioni nel 2025: il governo starebbe puntando a rinnovare Ape sociale, Opzione donna e Quota 103 per scongiurare il ritorno della legge Fornero
Governo a caccia di risorse per la riforma delle pensioni 2025: Ape Sociale, Opzione donna e Quota 103 sono le misure in scadenza al 31 dicembre 2024. L’esecutivo ha annunciato la volontà di rinnovarle, ma il nodo ora è quello di reperire le coperture. Senza deroghe, per migliaia di pensionandi, è inevitabile il ritorno alla legge Fornero. La situazione è complicata dal fatto che la Lega scalpita per l’approvazione della nuova Quota 41 light, mentre Forza Italia è in pressing su un vecchio cavallo di battaglia berlusconiano, l’aumento delle pensioni minime.
- Quale riforma delle pensioni nel 2025
- Ape sociale
- Opzione Donna
- Quota 103
- Aumentano le finestre
- Le richieste di Lega e Forza Italia
- Tfr nei fondi pensione
Quale riforma delle pensioni nel 2025
Il 30 agosto si terrà un primo vertice di governo sulle pensioni, il più importante dal ritorno dalle vacanze di Giorgia Meloni. È già stata resa nota la volontà dell’esecutivo di disincentivare l’uscita dal lavoro tramite il ricorso alle pensioni anticipate.
Il ministro dell’Economia Giorgetti e i sottosegretari al lavoro sulla riforma pensionistica non intendono innalzare l’età per lasciare il lavoro, misura alquanto impopolare.
La premier Giorgia Meloni e il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti.
Dunque rimangono solo due strade: agire sulle finestre, che di fatto costringono ad allungare la permanenza al lavoro oppure disincentivare le uscite anticipate tramite il Bonus Maroni (un aumento dello stipendio netto in busta paga del +9,19% derivante dalla esenzione dal versamento dei contributi).
Ape sociale
L’Ape Sociale è stata prorogata dall’ultima legge di Bilancio (n. 213/2023). Si tratta di un anticipo pensionistico che riguarda gli iscritti all’Assicurazione Generale Obbligatoria dei lavoratori dipendenti, alle sue forme sostitutive, alle gestioni speciali dei lavoratori autonomi e alla gestione separata.
Dall’1 gennaio 2024 il requisito anagrafico necessario è di 63 anni e 5 mesi oltre ad una anzianità contributiva di almeno 30 anni, fra gli altri attributi. La misura è corrisposta fino al raggiungimento della pensione di vecchiaia (67 anni e 20 di contributi) oppure fino al conseguimento della pensione anticipata o di un trattamento conseguito anticipatamente rispetto all’età per la vecchiaia.
La pensione anticipata ordinaria invece prevede 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne.
Opzione Donna
Opzione Donna è rivolta a quelle lavoratrici che entro il 31 dicembre 2023 abbiano maturato un’anzianità contributiva di almeno 35 anni oltre a un’età anagrafica di almeno 61 anni. A chi ha un figlio si scala un anno e a chi ha almeno due figli si scalano due anni.
Quota 103
A rischiare più di tutti è Quota 103, una forma di pensionamento anticipato che prevede 62 anni di età e 41 anni di contributi. L’assegno è calcolato interamente in modo contributivo.
Quota 103 è stata scelta da appena 7.000 persone, mentre il governo prevedeva almeno 17.000 preferenze. Il motivo è che la pensione di vecchiaia anticipata permette di lasciare il lavoro prima di Quota 103, che con le finestre (7 mesi che salgono a 9 nel pubblico impiego) permette di lasciare il lavoro, di fatto, non prima di 43 anni e 1 mese.
Aumentano le finestre
Il governo sta valutando di aumentare da 3 a 7 mesi le finestre (cioè i tempi di attesa) per le pensioni anticipate ordinarie. Questo, nei fatti, allungherebbe la permanenza al lavoro.
Le richieste di Lega e Forza Italia
La Lega spinge per una Quota 41 light, ovvero 41 anni di contribuzione senza alcun vincolo anagrafico e l’assegno ricalcolato interamente su base contributiva. La misura costerebbe 1 miliardo di euro. Secondo le stime dei sindacati, gli assegni verrebbero così tagliati fra il 15% e il 30%. Forza Italia invoca l’aumento delle pensioni minime. Giancarlo Giorgetti e i sottosegretari cercano di trovare la quadra.
Tfr nei fondi pensione
La Lega ha presentato una proposta per istituire l’obbligo di destinare almeno il 25% del proprio Tfr ai fondi pensione. Per il sottosegretario leghista al Lavoro Claudio Durigon si tratta di un escamotage per evitare ai giovani future pensioni “da fame”. Le opposizioni tuonano contro la privatizzazione della previdenza.