Ponte Morandi, la perizia: crollo causato da scarsa manutenzione
I periti elencano in un documento di quasi 500 pagine consegnato al gip i motivi del crollo del Ponte Morandi
Mancanza di manutenzione sulla pila 9 dal 1993: sarebbe questa, come riporta Ansa, una delle cause scatenanti del crollo del Ponte Morandi di Genova secondo i quattro periti nominati dal giudice Angela Nutini. Nelle 476 pagine depositate oggi gli esperti riconducono a lavori di manutenzione non sufficienti e ai controlli inadeguati duranti gli anni i motivi del cedimento del viadotto Polcevera che il 14 agosto 2018 ha provocato 43 vittime.
Ponte Morandi, depositata la perizia: il fattore corrosione
Secondo quanto scritto nella perizia, redatta nell’ambito del secondo incidente probatorio, il fattore principale sarebbe stato proprio “il fenomeno di corrosione a cui è stata soggetta la parte superiore del tirante Sud- lato Genova della pila 9″.
“Tale processo di corrosione – si legge – è cominciato sin dai primi anni di vita del ponte ed è progredito senza arrestarsi fino al momento del crollo determinando una inaccettabile riduzione dell’area della sezione resistente dei trefoli che costituivano l’anima dei tiranti, elementi essenziali per la stabilità dell’opera”.
Gli esperti hanno riscontrato inoltre una “mancata esecuzione di indagini specifiche necessarie per verificare lo stato dei trefoli dei gruppi primari così come raccomandato dal 1985” e “assenza di interventi di restauro e riparazione che avrebbero dovuto essere eseguiti nel tempo per riparare il tirante difettoso”.
Nella relazione consegnata al gip Nutini che conduce l’inchiesta, viene rivelato che dal 1993 “non sono stati eseguiti interventi che potessero arrestare il processo di degrado in atto e/o di riparazione dei difetti presenti nelle estremità dei tiranti che, sulla sommità del tirante Sud-lato Genova della pila 9 erano particolarmente gravi”.
“I cavi secondari presentavano un grado di corrosione più generalizzato ed ancora più elevato risultando interessati da gravi difetti di iniezione determinati anche dalla inadeguatezza delle guaine metalliche. Si evince come lo stato di manutenzione e di conservazione della parte del viadotto crollato abbia avuto diretta e conclamata influenza sul crollo” è la conclusione dei periti.
Un fattore, quello della corrosione, segnalato sin dalla costruzione del ponte dallo stesso ing. Morandi: “Il progettista aveva posto attenzione al rischio di corrosione dei cavi. Tali raccomandazioni erano particolarmente importanti e rilevanti tenuto conto della straordinarietà dell’opera. Inoltre, dalle prime verifiche, a breve distanza temporale dall’inaugurazione, sia tecnici del gestore sia lo stesso Morandi avevano evidenziato un già diffuso stato di ammaloramento e proposto modifiche di intervento”.
Ponte Morandi, depositata la perizia: manutenzione
Da quanto emerge dal documento si sarebbe potuto evitare il crollo se il viadotto fosse stato monitorato a dovere: “La mancanza – scrivono i periti – e/o l’inadeguatezza dei controlli e delle conseguenti azioni correttive costituiscono gli anelli deboli del sistema; se essi, laddove mancanti, fossero stati eseguiti e, laddove eseguiti, lo fossero stati correttamente, avrebbero interrotto la catena causale e l’evento non si sarebbe verificato“.
E soprattutto non sarebbero stati rilevati fattori esterni decisivi abbastanza a determinare come riportano ancora i tecnici: “Non sono stati individuati fattori indipendenti dallo stato di manutenzione e conservazione del ponte che possano avere concorso a determinare il crollo, come confermato dalle evidenze visive emerse dall’analisi del filmato Ferrometal”.
Altre cause sarebbero da ricercare nelle “carenze progettuali”, le “mancanze di specifiche tecniche adeguate sulle guaine dei cavi e sulle modalità di iniezione”, “difetti costruttivi in fase di realizzazione”, “carenze di controlli in fase di costruzione da parte della direzione dei lavori e della commissione di collaudo” scrivono i periti.
Nell’inchiesta sono indagate 71 persone tra ex manager di Autostrade e tecnici di Spea, la società che si occupava della manutenzione, ma anche dirigenti del Mit e del Provveditorato per le opere pubbliche. Le accuse sono di falso, crollo doloso, disastro colposo, omicidio colposo plurimo e attentato alla sicurezza dei trasporti.