Perché il caso sulla strage di Erba non è stato riaperto? Depositate le motivazioni sulla mancata revisione
La richiesta di revisione presentata per la strage di Erba è stata dichiarata "inammissibile" dai giudici della Corte d’Appello di Brescia
La richiesta di revisione presentata per la strage di Erba, che ha visto condannati all’ergastolo Olindo Romano e Rosa Bazzi, è stata dichiarata “inammissibile” dai giudici della Corte d’Appello di Brescia. Nella loro motivazione, la Corte ha sottolineato che la richiesta mancava di novità e non aveva l’idoneità necessaria a ribaltare il giudizio di responsabilità penale. I giudici hanno stabilito che le prove indicate dalla difesa non erano in grado di modificare l’esito del processo, definendo l’impianto accusatorio come “solido” e fondato su evidenze scientifiche e testimonianze ritenute attendibili.
- Strage di Erba, niente revisione: le motivazioni
- Smentita la tesi della fuga dai tetti
- Il ruolo di Mario Frigerio
Strage di Erba, niente revisione: le motivazioni
Come riporta il Corriere della Sera, uno dei motivi principali dell’inammissibilità è il “difetto di legittimazione” del proponente, l’ex procuratore generale di Milano Cuno Tarfusser.
Secondo la Corte, Tarfusser non aveva la delega per occuparsi di revisioni, materia riservata all’avvocato generale della Corte d’Appello di Milano.
La palazzina dove si è consumata la strage di Erba
La richiesta era stata inoltre presentata senza l’assegnazione del fascicolo da parte del procuratore generale, che aveva evidenziato fin da subito l’assenza di legittimazione e richiesto che l’istanza fosse respinta.
A questo si aggiunge l’assenza di “nuove prove” e l’utilizzo di materiali come interviste televisive, ritenute inidonee e prive di valore probatorio.
Smentita la tesi della fuga dai tetti
Le motivazioni ribadiscono l’impossibilità di considerare alcune piste investigative alternative o ipotesi di complotto, sostenendo che le confessioni dettagliate degli imputati, avvenute in diverse fasi, erano sufficienti a comprovare la loro colpevolezza.
La Corte ha inoltre smentito la tesi della difesa che suggeriva un’ipotetica fuga degli assassini dai tetti delle abitazioni circostanti.
L’assenza di tracce di passaggio su abbaini e grondaie e la presenza di sangue della vittima Valeria Cherubini sulla maniglia interna del portoncino hanno confermato, secondo i giudici, che i due uscirono proprio dall’ingresso principale.
Il ruolo di Mario Frigerio
La Corte ha analizzato dettagliatamente le presunte incongruenze nelle testimonianze di Mario Frigerio, uno dei superstiti, ritenendo che non ci fossero elementi sufficienti per invalidare la sua testimonianza, che risultava coerente con quanto già emerso nei precedenti gradi di giudizio.
Anche le teorie avanzate sulla falsificazione delle prove, sulla suggestione delle confessioni e sulla “falsa memoria” sono state rigettate, in quanto non supportate da nuovi elementi concreti.