Nuovo focolaio in Veneto: la ricostruzione di un dipendente
Il lavoratore ha rimarcato le colpe del manager responsabile di aver causato un focolaio in provincia di Vicenza tornando da un viaggio di affari
Sta facendo discutere la vicenda avvenuta in provincia di Vicenza, dove l’irresponsabilità di un imprenditore e alcuni dipendenti avrebbe scatenato un focolaio di coronavirus. Il manager è ora ricoverato in Terapia intensiva, intubato e in prognosi riservata. Fuori dall’ospedale di San Bortolo si moltiplicano le ipotesi e le ricostruzioni di come potrebbe essere partito il contagio nel nuovo cluster veneto.
“Su questa storia ho sentito di tutto e di più. Di me hanno detto che sono stato al bar con i sintomi del virus. Ma non scherziamo!”, ha raccontato un operaio 35enne che si trovava con l’imprenditore vicentino al Corriere della Sera. Il dipendente ha chiarito la sua posizione e ha condannato i comportamenti del suo capo.
“Io sono tornato da quel viaggio di lavoro il 22 e fra il 22 e il 29 non ho avuto niente. I sintomi da Covid-19 sono arrivati dopo che lui mi ha chiamato per dirmi che era positivo. A quel punto ho telefonato alla Asl e mi sono chiuso in casa. E comunque ho segnalato tutte le persone che ho incontrato, e non ce n’è una che sia positiva, fidanzata compresa“, ha sottolineato l’uomo.
“Mi ha chiamato lui stesso la mattina del 29 giugno. Mi ha detto: ‘Guarda che sono risultato positivo, vai subito a fare un tampone‘. Mi ha detto anche che a contagiarlo era stato quel signore che avevamo visto tutti e due in Serbia durante la trasferta”, ovvero il 70enne ritenuto il paziente zero del focolaio di coronavirus in Veneto.
“In quel viaggio di lavoro io e lui siamo stati insieme dal 18 al 22 giugno, senza perderci mai di vista se non per dormire. Siamo stati in azienda, abbiamo incontrato persone, visto materiali. Siamo rientrati che stava benissimo. Il 23 doveva ripartire per un altro viaggio, in Bosnia, dove per entrare nel Paese ci vuole il tampone e lui l’ha fatto. Negativo“, ha aggiunto.
L’operaio ha riferito al Corriere della Sera di aver conosciuto il dirigente dell’azienda nel Vicentino pochi giorni prima della partenza. “Sono arrivato in azienda il 17 giugno, lui è venuto a presentarsi e mi ha detto: ‘Domani parto, se vieni anche tu ci conosciamo un po’, così io capisco se mi piaci e viceversa”. E hanno passato quattro giorni insieme a stretto contatto.
Il 25 giugno, di ritorno dal viaggio in Bosnia fatto con altri due impiegati, il manager ha avuto i primi sintomi di Covid-19. Tra esito negativo del tampone effettuato di recente, la stanchezza accumulata e una sottostima del rischio sanitario, l’uomo si è presentato in ospedale solo il 28 giugno. Lì, dopo essere risultato positivo, ha rifiutato il ricovero ed è tornato a casa.
“Fai subito il tampone, mi raccomando. Adesso spengo il telefono perché sto davvero male“, ha scritto il manager al 35enne poco tempo prima essere ricoverato successivamente per l’aggravarsi delle sue condizioni di salute.
“Purtroppo ha sbagliato a non farsi ricoverare subito, ha perso tempo prezioso per le cure ed è peggiorato. L’ho sentito l’ultima volta martedì 30. Mi ha mandato una foto della sua faccia con la mascherina per l’ossigeno. Poi più niente“, ha concluso il dipendente neoassunto dall’azienda di Vicenza dove è scoppiato il nuovo focolaio, parlando con il Corriere della Sera.
Non solo il dipendente ha accusato il capo di aver tardato troppo, ma anche i familiari del manager sembrano essere sulla stessa lunghezza d’onda. Il figlio dell’imprenditore ha dichiarato di essere d’accordo con Luca Zaia e la sua proposta di eseguire il Tso su tutte le persone positive.