Milano, soldi della droga ripuliti da un "esperto" di Banksy: indagato anche Alberto Genovese. Il motivo
Emergono nuovi dettagli sul blitz contro il narcotraffico che ha portato all'arresto di 31 persone: tra gli indagati c'è anche Alberto Genovese
Nel corso della mattina del 12 maggio una vasta operazione contro la criminalità organizzata ha portato all’arresto di 31 persone tra l’Italia, l’Olanda, la Spagna e la Lituania. Grazie a un lungo lavoro investigativo, iniziato nel 2019, è stato smantellato un losco giro di affari derivante dal narcotraffico: i soldi “sporchi” venivano ripuliti in una galleria d’arte olandese. Sulla vicenda emergono adesso nuovi dettagli: tra gli indagati c’è anche Alberto Genovese.
- Narcotraffico e riciclaggio del denaro con opere d'arte: come agivano i criminali
- L'esperto di Banksy
- Le accuse alla cellula di narcotrafficanti
- Perché è indagato anche Alberto Genovese
Narcotraffico e riciclaggio del denaro con opere d’arte: come agivano i criminali
Il piano della cellula criminale era stato studiato nei minimi particolari: alcuni dei soldi provenienti dal narcotraffico internazionale venivano riciclati attraverso la compravendita fittizia di opere d’arte in una galleria contemporanea di Amsterdam, la “Art3035 Gallery”.
Le indagini erano partite nel settembre del 2019 con un focus su due imprenditori milanesi, sospettati di essere a capo di un gruppo locale di trafficanti di sostanze stupefacenti. Per gestire l’attività illegale avrebbero utilizzato telefoni criptati e nickname ispirati a personaggi di fantasia.
Nel corso dei mesi gli investigatori sono poi riusciti a portare alla luce solidi legami non solo con narcotrafficanti lombardi, laziali, pugliesi e campani, ma anche con quelli sudamericani e lituani.
L’esperto di Banksy
Al vertice dell’organizzazione criminale ci sarebbe stato un milanese di 41 anni, Andrea Deiana, titolare della galleria d’arte olandese in cui finiva il denaro “sporco”. Specializzato nelle opere dello street artist Banksy, nickname che poi avrebbe anche utilizzato per gestire la cellula, si definiva appassionato “di arte di strada e di musica contemporanea”.
Da alcune intercettazioni del 2020, risulta che gli era “venuto in mente di utilizzare l’attività” di un’altra persona “per bonificare ventimila euro” e una “scusa per giustificare quella movimentazione era da ricondurre all’acquisto di un quadro di Banksy“.
Da quanto emerso l’imprenditore avrebbe avuto rapporti persino con latitanti ed esponenti della camorra per il trasporto di ingenti quantitativi di droga, tra cocaina, ketamina e hashish. Nell’ordinanza di custodia cautelare l’uomo viene definito “un broker internazionale di elevato spessore criminale”. Al momento risulta latitante.
Le accuse alla cellula di narcotrafficanti
Le accuse a vario titolo nei confronti degli appartenenti alla banda sgominata sono di associazione a delinquere finalizzata al traffico di droga con forti legami con trafficanti del Sudamerica, con latitanti e con vari esponenti di spicco della criminalità organizzata.
L’inchiesta è stata coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Milano con la cooperazione internazionale guidata da Eurojust ed Europol. Complessivamente sono stati coinvolti circa 200 agenti.
Dei 31 malviventi colpiti dall’ordinanza di custodia cautelare, 21 sono finiti in carcere, 3 agli arresti domiciliari e 7 sono stati sottoposti all’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria. Ma perché tra gli indagati risulta anche il nome dell’imprenditore milanese Alberto Genovese?
Perché è indagato anche Alberto Genovese
Il fondatore di Facile.it (azienda che ha lasciato dal 2014 e nella quale, da allora, non ha più alcun ruolo) salito negli ultimi anni all’apice della cronaca per il reato di violenza sessuale con uso di droghe nei confronti di due ragazze, si ritrova adesso indagato anche per un giro di sostanze stupefacenti legato proprio alla cellula criminale.
Da quanto emerso, la banda riforniva di droga la movida milanese e in particolare alcuni party privati. Genovese, secondo le indiscrezioni, nel 2019 avrebbe acquistato 100 grammi di “ketamina o cocaina” direttamente da un corriere inviato dalla banda dei narcos, da “ritenersi destinata alla successiva vendita o cessione”.
Quella droga, come reso noto dagli inquirenti, sarebbe stata venduta proprio in piazza Beltrade, dove si trovava il suo attico ribattezzato “Terrazza Sentimento”. Per questo il nome dell’imprenditore milanese è finito nell’inchiesta sull’associazione a delinquere che trafficava le sostanze stupefacenti sull’asse Sudamerica-Olanda-Italia.