Macron nega le dimissioni nel discorso alla Francia e annuncia il nuovo Governo: l'analisi di Manlio Graziano
Niente dimissioni per Macron, che indicherà a breve il nome del nuovo premier della Francia: l'analisi di Manlio Graziano
L’atteso discorso del presidente Emmanuel Macron non cambia le sorti della Francia, almeno nell’immediato. Il Paese è alle prese con una crisi economica legata al debito pubblico, di cui ha parlato lo stesso capo dell’Eliseo nel suo video alla Nazione, promettendo anche un nuovo Governo guidato da un nuovo premier dopo la caduta di Michel Barnier. Un intervento registrato, di 10 minuti, che è sembrato impeccabile, ma che secondo gli esperti non riuscirà a fargli recuperare consensi. Come si è arrivati a questa crisi e quali scenari si prospettano secondo Manlio Graziano, docente presso Sciences Po Paris e la Sorbonne, esperto di Geopolitica e fondatore del Nicholas Spykman International Center for Geopolitical Analysis.
- Sfiduciato il premier Michel Barnier
- Macron evita le dimissioni: presto un nuovo premier
- La Francia e il paragone con Notre-Dame
- L'intervista a Manlio Graziano
Sfiduciato il premier Michel Barnier
Mercoledì 4 dicembre 331 deputati, quindi oltre la maggioranza assoluta, hanno votato la mozione di sfiducia presentata dal Nuovo fronte popolare – il cui leader è Jean-Luca Mélenchon – facendo cadere il Governo del premier Michel Barnier.
Anche Marine Le Pen ha appoggiato la mozione della sinistra.
Michel Barnier, premier uscente, e il presidente della Francia, Emmanuel Macron
Ne sono seguite le dimissioni automatiche, previste dall’articolo 50 della Costituzione francese.
Si è trattato del secondo Esecutivo della Quinta repubblica caduto per una mozione di sfiducia, dopo quello di Georges Pompidou nel 1962.
Quello di Barnier ha avuto una vita brevissima, crollato dopo appena 2 mesi e 29 giorni, di fatto un record in negativo.
Macron evita le dimissioni: presto un nuovo premier
Nel suo discorso alla Francia Emmanuel Macron, con consensi ridotti all’osso, ha assicurato che una legge speciale sarà presentata entro metà dicembre in Parlamento e consentirà la continuità dei servizi pubblici, allontanando dunque il rischio di paralisi del Paese.
Il presidente ha aggiunto che formerà un Governo d’interesse generale che rappresenti tutte le forze politiche, chiarendo di non volersi dimettere dopo il tracollo di Michel Barnier, che sarà quindi sostituito prossimamente.
La Francia e il paragone con Notre-Dame
Nel suo intervento a reti unificate, Macron ha anche citato la ricostruzione di Notre-Dame, che riaprirà (parzialmente) con una cerimonia ufficiale sabato 7 dicembre, 5 anni dopo l’incendio dell’aprile 2019.
Il presidente ha indicato un progetto di Governo “chiaro”, come lo è stato quello per la cattedrale: “Davanti al mondo intero celebreremo la riapertura al pubblico di Notre-Dame de Paris. E noi siamo riusciti in questo cantiere, che si pensava fosse impossibile”.
E ancora: “C’era una direzione chiara, una volontà. Ognuno ha svolto un ruolo essenziale in una causa che era al di sopra di tutti noi. È la stessa cosa che dobbiamo fare per la Nazione, avere una rotta chiara per la salute, la sicurezza, il clima. Una rotta chiara, con un Parlamento che possa trovare un compromesso. Laddove ci sono divisioni, abbiamo bisogno di unità”.
L’intervista a Manlio Graziano
Quali sono le ragioni del caos che sta vivendo la Francia e perché le scelte economiche sono state così determinanti?
“La kermesse parlamentare di lunedì 2 dicembre è stata il quasi inevitabile esito di due istanze: una di lungo-lunghissimo periodo, e una più corta e meschina, in corso dalla dissoluzione dell’Assemblea nazionale il 9 giugno scorso. Nel primo caso riguarda l’uso del denaro pubblico per far fronte a qualunque problema, che è parte integrante delle politiche francesi anche in passato. Ma oggi non è più possibile fare ricorso al denaro pubblico per risolvere i problemi e questo rappresenta l’altro aspetto della crisi: la Francia non stampa l’euro autonomamente, né l’inflazione può giovare all’economia d’Oltralpe”.
C’è anche chi parla di inevitabile crisi del “macronismo”. Cosa ne pensa?
“Il ‘macronismo’ non esiste e non è mai esistito. Macron è partito nel 2017 da posizioni politiche velatamente socialdemocratiche, unite a istanze liberiste, ma collocandosi pur sempre nell’area del centrosinistra. Progressivamente, però, si è spostato a destra, soprattutto dopo le proteste dei gilet jaune. L’obiettivo di recuperare consenso popolare, ad esempio con politiche antimigratorie e antimusulmane, però, è fallito per un motivo molto semplice: l’elettorato, se può scegliere, preferisce il modello originale e non la copia, quindi ha votato per Le Pen”.
Quali ricadute potrebbero esserci per l’Europa?
“L’Europa corre alcuni rischi, ma soprattutto perché la storia non insegna nulla, o meglio non si vuole imparare la lezione. Un esempio delle tendenze antieuropeiste che sta vivendo la Francia, così come la Germania a sua volta in crisi, è stato offerto dalla Brexit: uscire dall’Unione europea non ha portato ai risultati sperati dai sostenitori della Brexit nel Regno Unito. Oggi che nel Vecchio Continente aumentano le spinte estremiste e antieuropeiste, occorrerebbe ricordarlo di più”.
In attesa della nomina di un nuovo premier al posto di Michel Barnier, Macron si prepara a tornare sotto i riflettori in occasione della cerimonia di riapertura di Notre-Dame, citata anche nel suo discorso. Aiuterà a lasciarsi alle spalle la crisi in corso?
“Temo che la soluzione che sarà trovata sarà comunque rabberciata. Quest’anno si sono avuti due grandi eventi in Francia: le Olimpiadi, che Oltralpe sono state narrate come un successo, nonostante qualche incidente all’inaugurazione e nel corso della manifestazione (come ad esempio l’inquinamento della Senna che ha ritardato lo svolgimento delle gare di nuoto in acque libere, NdR) e la riapertura della cattedrale di Parigi. In questo caso, però, i francesi non sono così entusiasti, soprattutto di fronte agli ingenti investimenti economici, in un momento così delicato per le finanze francesi”.
Ma riuscirà a far dimenticare per un po’ i guai economici e politici, ridando sostegno a Macron?
“In realtà anche negli ultimi dibattiti tv è emerso che Macron teme di essere offuscato dalla presenza ingombrante del presidente eletto degli Usa, Donald Trump, alla cerimonia, mentre mira ad attribuirsi il successo della ricostruzione in tempi record e a guadagnarsi un posto nella storia. I modelli e i precedenti non mancano: basti pensare a Mitterand con la Biblioteque National de France e Chirac con l’omonimo museo, entrambi però inaugurati senza essere terminati, come per Notre-Dame. Macron rischia, però, di lasciare un ricordo tutt’altro che positivo ai posteri”.