La Polonia pronta a ospitare le armi nucleari Nato ma Stoltenberg frena: cosa può succedere con la Russia
L’intervista ad Alessandro Politi, direttore della Nato Defense College Foundation, sulla tensione tra Occidente e Russia dopo l'apertura della Polonia a ospitare armi nucleari
Come se non bastassero lo scontro tra Hamas e Israele e la guerra in Ucraina ad alzare la tensione, a buttare benzina sul fuoco ci ha pensato la Polonia. Il suo presidente, Andrzej Duda, ha dichiarato che sarebbe pronto a ospitare le armi nucleari della Nato. Parole forti, visto che la Polonia – che fa parte dell’alleanza atlantica, confina sia con la Bielorussia sia con l’exclave russa di Kaliningrad. Varsavia, inoltre, è tra i più forti sostenitori dell’Ucraina nella guerra lanciata da Vladimir Putin. E da Mosca non si è fatta attendere la risposta, col ministro degli Esteri Sergej Lavrov che ha parlato di “Occidente sull’orlo pericoloso di uno scontro militare diretto tra le potenze nucleari, che potrebbe avere conseguenze catastrofiche”. Nel frattempo, la Nato – attraverso il segretario Jens Stoltenberg – ha frenato rispetto alle dichiarazioni di Duda. Cosa può succedere tra Occidente e Russia secondo Alessandro Politi, direttore della NATO Defense College Foundation. L’intervista concessa a Virgilio Notizie.
- La Polonia di Duda pronta a ospitare armi nucleari della Nato
- La frenata del segretario Jens Stoltenberg
- L’intervista ad Alessandro Politi
La Polonia di Duda pronta a ospitare armi nucleari della Nato
Nei giorni scorsi il presidente della Polonia, Andrzej Duda, aveva dichiarato di essere pronto a ospitare armi nucleari della Nato, facendo crescere la tensione tra l’Occidente e la Russia di Vladimir Putin.
Queste le sue parole, rilasciate al quotidiano locale Fakt:
“Se i nostri alleati decidessero di posizionare armi nucleari sul nostro territorio come parte della condivisione nucleare per rafforzare la sicurezza del fianco orientale della Nato, siamo pronti a farlo“.
La frenata del segretario Jens Stoltenberg
Nel frattempo Jens Stoltenberg, segretario generale della Nato, ha spiegato che l’associazione non ha intenzione di posizionare armi nucleari in Polonia.
Parole che chiudono il caso creatosi dopo le dichiarazioni del presidente polacco Andrzej Duda.
L’intervista ad Alessandro Politi
In un momento già molto delicato, le dichiarazioni del presidente Duda hanno creato nuova apprensione e tensione. Da cosa nasce la disponibilità a ospitare armi nucleari?
“Credo che si debba capire che cosa si vuole ospitare. In realtà un deterrente nucleare Nato ci sarebbe già, è quello a doppia chiave ospitato in alcuni Paesi dell’Europa occidentale, e poi lo stesso presidente Duda ha aggiunto un passaggio non di poco conto. Nell’offrire la sua disponibilità, ha precisato ‘se l’alleanza decidesse’. Vorrei ricordare, infatti, che siamo in 32, quindi non è affatto detto che ci sia un consenso nell’alleanza nel dispiegare armamenti nucleari in Polonia”.
Andrzej Duda, presidente della Polonia (a sinistra), col segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg
Si tratta di un messaggio diretto alla Russia?
“A proposito dei rapporti tra Russia e Polonia si potrebbe utilizzare l’espressione inglese di No love lost: i due Paesi mal si capiscono da tempo, almeno dalla fine della Guerra fredda, tranne durante il tragico incidente di Smolensk del 2010. Però credo che qualche volta occorra non farsi schiacciare dal passato. L’invasione dell’Ucraina è una realtà sotto i nostri occhi, ma non ritengo credibile che uno scenario analogo possa ripetersi con la Polonia o che le truppe di Mosca possano arrivare al Baltico, e non solo perché Varsavia è protetta dall’articolo 5 del Patto atlantico”.
Quali sono gli altri motivi?
“Ne individuo almeno due: il primo è che i russi hanno impiegato una ventina d’anni per disporre del loro attuale strumento militare, che comunque si è dimostrato non brillante. Dopo due anni e mezzo di conflitto in Ucraina, il presidente russo Vladimir Putin sa benissimo di essere molto inferiore alla Nato. Potrebbe prevalere solo se l’alleanza si dividesse al suo interno e solo se gli europei non facessero il necessario per rinforzare l’azione di deterrenza convenzionale. In quel caso ci potrebbe essere la tentazione da parte del Cremlino, ma lo ritengo a oggi improbabile”.
Qual è l’altro motivo?
“Il secondo motivo riguarda il fatto che esistono altri precedenti di soluzione bilaterale che non hanno fatto molta strada. Mi riferisco, ad esempio, a un’offerta del tutto analoga giunta anche dal predecessore di Duda, che disse di essere pronto a ospitare una base americana sul proprio territorio (il cosiddetto Fort Trump, ndr). O al sistema antimissili, deciso sotto la presidenza statunitense di Barack Obama, basato nella Repubblica Ceca e nella Romania, per proteggere gli alleati europei dal rischio di lanci di missili balistici iraniani”.
Dunque la Russia oggi non rappresenta una minaccia per l’Europa?
“Lo è nel senso delle intenzioni, potenzialità in senso lato ed effetti della guerra ucraina. Su questo l’alleanza è molto esplicita. Non lo ritengo probabile nei fatti, attualmente, perché l’esercito russo, dopo due anni di conflitto, è dissanguato. Rispetto al periodo della Guerra fredda oggi la situazione è cambiata: all’epoca c’era l’incubo della superiorità convenzionale sovietica. Adesso non è così. È vero che si calcola che possa disporre di 1,4 milioni di uomini in riserva in più rispetto agli europei. Però, i Paesi europei potrebbero pareggiare i conti per arrivare a un rapporto 1:1, senza l’apporto di truppe americane e canadesi; un rapporto insoddisfacente per i russi che avrebbero bisogno almeno di un 2:1 o 3:1”.
Pochi giorni fa Duda ha promulgato la legge con cui la Polonia ha sospeso il Trattato sulle forze convenzionali in Europa, che prevedeva l’introduzione di un limite ai principali tipi di armamento convenzionale in Europa e la distribuzione delle eccedenze. Cosa significa uscirne oggi?
“È una decisione che rientra nella stessa logica: a torto o a ragione, la Polonia ritiene che bisogna armarsi velocemente e lo sta facendo. Ma se davvero si considera quella russa una minaccia seria, allora occorre anche reintrodurre la leva obbligatoria a due anni. Questo varrebbe per molti Stati, ma soprattutto per la Polonia, altrimenti si rischia di disporre di armamenti, ma non di soldati. Purtroppo, invece, in guerra si muore e lo vediamo tutti i giorni. Non a caso si tratta di un problema che riguarda anche altri Paesi: nel Regno Unito si dice che i militari siano appena 90 mila, tanti da riempire lo stadio di Wembley, ma troppo pochi per condurre operazioni militari serie e prolungate oltre i 6 mesi. Purtroppo la guerra è una cosa seria, costosa, famelica e spietata”.