Il procuratore Nicola Gratteri e la frase sulla mafia: "In Calabria denunciano, c'è più omertà in Lombardia"
Durante un incontro sulla mafia, il procuratore Gratteri ha tracciato un quadro della lotta alla mafia in Italia: il risultato è preoccupante
Una stoccata, o un affondo, quello perpetrato da Nicola Gratteri durante un incontro per ricordare la strage di via D’Amelio e parlare di mafia insieme ai giovani. Il procuratore di Catanzaro ha partecipato all’evento ‘Link – Orgoglio e Pregiudizio’ organizzato da LaC il 19 luglio, giorno in cui ricorre la morte di Paolo Borsellino. Gratteri, nella cornice di Falerna (Catanzaro) ha sfoderato la sua già nota dialettica pungente per un sottile ma affilato atto d’accusa nei confronti di chi non si decide a combattere la mafia.
- Nicola Gratteri sulla mafia: "In Lombardia tanta omertà"
- Il ricordo di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino
- Le mafie e le migrazioni
Nicola Gratteri sulla mafia: “In Lombardia tanta omertà”
Nicola Gratteri, sul palco del ‘Link – Orgoglio e Pregiudizio’, ha risposto alle domande di Paola Bottero, direttore strategico di LaC.
Nel suo focus sulla ‘ndrangheta, il procuratore di Catanzaro ha premesso: “Quando parlo disturbo il manovratore” e ha giustificato il suo modo di fare facendo l’esempio di coloro che non hanno il potere né la forza di parlare.
Nicola Gratteri ha lanciato una stoccata contro la Lombardia sulla lotta alla mafia: “In Calabria ci sono più denunce”
Quindi, Gratteri è andato dritto al punto: “Statisticamente parlando si denuncia più in Calabria che in Lombardia”, nonostante a Milano ci sia “tanto riciclaggio da parte della ‘ndrangheta”.
In Calabria, piuttosto, “abbiamo la fila di persone che vengono a parlare e raccontare le loro le vessazioni e le umiliazioni che subiscono”. La colpa, tuttavia, non è tutta dei cittadini.
Nicola Gratteri punta il dito contro le forze dell’ordine e le istituzioni: “Cosa avete fatto durante il giorno, quanto tempo avete dedicato all’ufficio, alle persone che chiedono di parlare con te, che bussano alla tua porta. Quanto?”.
Quindi: “Per creare questo movimento, bisogna preparare il tappeto, infondere fiducia nella gente“.
Il ricordo di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino
Alle 16:59 del 19 luglio 1992 un’autobomba esplose al civico 21 di via Mariano D’Amelio, a Palermo, sotto l’appartamento in cui vivevano Maria Pia Lepanto e Rita Borsellino, rispettivamente madre e sorella del giudice Borsellino.
Paolo Borsellino morì insieme ad altri agenti della scorta: Agostino Catalano, Walter Eddie Cosina, Emanuela Loi, Claudio Traina e Vincenzo Li Muli.
Due mesi prima, il 23 maggio, il collega Giovanni Falcone rimase ucciso nella strage di Capaci insieme alla compagna Francesca Morvillo e agli uomini della scorta Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro.
Per entrambi, Nicola Gratteri ha un ricordo nitido: “Nessuno si aspettava che Falcone morisse in quel modo, perché lui in quel momento era fuori dalla prima linea. Non aveva il potere di fare la rivoluzione, non era un ministro”.
A proposito di Borsellino, invece: “Quando Cosa Nostra ammazzò Borsellino mi trovavo nella sala intercettazioni della procura di Locri”, e Gratteri fa riferimento all’agenda rossa fatta sparire da mani ignote dopo la strage di via D’Amelio.
Le mafie e le migrazioni
Nicola Gratteri ha aperto uno spaccato sulle migrazioni, ma non dal punto di vista del Mediterraneo, dove ci sono sempre le telecamere: “Nessuno sa quante persone muoiono ogni giorno nel tentativo di attraversare il deserto“.
In quei luoghi, approfondisce il procuratore, “il tasso di sfruttamento è davvero elevato e tutti traggono profitti illeciti, anche le mafie“.
Infine, la massima dall’alto della sua esperienza: “Le mafie esistono perché esiste il potere, perché il potere ha bisogno delle mafie”.