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Giovanni Falcone e la strage di Capaci del 23 maggio 1992: i misteri irrisolti e il ruolo di Messina Denaro

Trentuno anni dopo sono ancora molti i misteri sulla strage di Capaci del 23 maggio 1992 in cui persero la vita Giovanni Falcone e altre 4 persone

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A distanza di 31 anni dal giorno della strage di Capaci, l’attentato compiuto da Cosa Nostra il 23 maggio 1992 per uccidere il magistrato antimafia Giovanni Falcone, sono ancora molti i misteri da risolvere.

La strage di Capaci

Il 23 maggio del 1992, alle ore 17,57, Cosa Nostra fece esplodere un tratto dell’autostrada A29, proprio mentre lì transitava il corteo della scorta con a bordo il giudice Giovanni Falcone, la moglie e gli agenti di Polizia, a bordo di tre Fiat Croma blindate.

Oltre a Giovanni Falcone, morirono altre quattro persone: la moglie Francesca Morvillo (anche lei magistrato) e gli agenti della scorta Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro. In totale, i feriti furono 23.

Auto Giovanni FalconeFonte foto: ANSA

L’auto devastata nell’attentato in cui perse la vita Giovanni Falcone.

Il ruolo di Matteo Messina Denaro

Matteo Messina Denaro, arrestato il 16 gennaio 2023 dal Ros a Palermo dopo 30 anni di latitanza, sta scontando l’ergastolo anche come mandante della strage di Capaci, oltre che della Strage di via D’Amelio (in cui morì Paolo Borsellino) e degli attentati del 1993.

Le parole del procuratore aggiunto di Firenze Luca Tescaroli

Il procuratore aggiunto di Firenze Luca Tescaroli, nell’introduzione al libro di Ferruccio Pinotti intitolato “Attacco allo Stato – I misteri delle stragi del ’93 e il Codice Matteo Messina Denaro”, ha scritto: “Rimangono spunti investigativi che impongono di continuare a indagare per verificare se sia dimostrabile sul piano processuale una convergenza di interessi di ulteriori soggetti estranei al sodalizio mafioso nell’ideazione e nell’esecuzione della strage”.

I misteri irrisolti della strage di Capaci

‘La Repubblica’ ha fatto il punto su alcuni nodi ancora da sciogliere in merito alla strage di Capaci: uno di questi riguarda un dna femminile estratto qualche anno fa da un guanto sequestrato accanto al cratere provocato dall’esplosione. L’indagine sulla donna delle stragi si sta allargando anche alle bombe di Firenze e Milano del 1993.

Non solo: gli attentatori di Falcone usavano cellulari clonati e un numero che è risultato “non ancora assegnato”. Durante le prime indagini era emerso che l’utenza “fantasma” era stata attivata in un’agenzia Sip di Roma Nord. Gli inquirenti hanno iniziato nuovi accertamenti. Si continua a indagare, inoltre, sulla telefonata che Antonino Gioè ha fatto, 2 ore e 41 minuti prima dell’esplosione di Capaci, a un’utenza fissa in un residence in Minnesota. A questo proposito sono stati richiesti nuovi accertamenti all’Fbi.

Sono ancora avvolte nel mistero poi le parole di Totò Riina, che, intercettato in carcere nel 2013, disse al suo compagno di ora d’aria: “Abbiamo incominciato a sorvegliare, andare e venire da lì, aeroporto, cose… Andammo a tentoni… Fammi sapere quando prende l’aereo“. Il dubbio ancora irrisolto riguarda chi avrebbe fatto sapere agli attentatori quando Giovanni Falcone avrebbe preso l’aereo di Stato per spostarsi da Roma a Palermo. Nessun pentito ha saputo indicare questa figura.

Infine, non è nota l’identità di un uomo segnalato da Gioacchino La Barbera, poi divenuto collaboratore di giustizia. Le sue parole: “Mentre stavamo mettendo da parte l’esplosivo per l’attentato a Falcone, in una villetta di Capaci, notai una persona che non avevo mai visto, un estraneo. Avrà avuto 45-50 anni, capelli brizzolati corti, alto più o meno come Bagarella, non aveva sfregi sul voto. Né baffi né barba. Indossava una camicia”. Giovanni La Barbera aveva poi chiosato: “Escludo di poterlo riconoscere in foto”.

Falcone e la Strage di Capaci Fonte foto: ANSA
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