Il caso di Ilaria Salis secondo l'esperto: dalle condizioni in carcere a Budapest all'estradizione in Italia
Per l'esperto Oreste Foppiani sul caso di Ilaria Salis è stata data eco mediatica allo scontro politico più che alle condizioni in cui si trova l’attivista
Il caso di Ilaria Salis tiene banco, non solo a livello politico nazionale, ma anche internazionale. La premier, Giorgia Meloni, ha avuto un colloquio con l’omologo ungherese, Viktor Orban, in cui ha discusso anche delle condizioni della 39enne italiana detenuta da un anno a Budapest. L’intervista a Oreste Foppiani, docente di Relazioni internazionali, attualmente all’European University Institute, responsabile della rubrica Internazionale de La Voce di Ginevra e a lungo corrispondente presso l’Onu.
- Da quanto è in carcere Ilaria Salis
- Le manette che hanno scatenato l'indignazione in Italia
- L'intervista a Oreste Foppiani
Da quanto è in carcere Ilaria Salis
Ilaria Salis è stata arrestata l’11 febbraio 2023 con l’accusa di aggressione nei confronti di due neonazisti in occasione del Giorno dell’onore, ricorrenza che si celebra ogni anno nella capitale ungherese.
L’obiettivo dell’evento è ricordare il battaglione che nel 1945 si oppose all’assedio di Budapest.
Manifestazione per Ilaria Salis
Le manette che hanno scatenato l’indignazione in Italia
Dopo mesi di silenzio, a riaccendere i riflettori sul caso di Ilaria Salis sono state le immagini dell’attivista e maestra di Monza, in manette e con i lacci alle caviglie.
L’avvocato della famiglia Salis, Eugenio Losco, ha annunciato all’Ansa di valutare il ricorso alla “Corte europea di Strasburgo per la violazione dell’articolo 3 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, che è già costata altre condanne all’Ungheria”.
Il legale ha spiegato che “la violazione è palese, visto come è stata portata con un guinzaglio in aula”.
L’intervista a Oreste Foppiani
L’intervista a Oreste Foppiani, docente di Relazioni internazionali, attualmente all’European University Institute, a lungo corrispondente presso l’Onu.
Il caso di Ilaria Salis può comportare una crisi nei rapporti bilaterali tra Italia e Ungheria oppure, dato il faccia a faccia tra Meloni e Orban, pensa che si ricomporrà presto?
“La prima domanda da porci è se questo caso avrebbe avuto la stessa eco mediatica che ha in Italia, non certo in Ungheria, se non ci fosse stata una connotazione politica. Se si fosse trattato solo di un caso di accusa di aggressione non credo che se ne sarebbe parlato tanto e infatti a lungo non lo si è fatto. Trovo che questo sia disdicevole“.
La Salis rischia una condanna a 11 anni di carcere, ma i familiari hanno già denunciato le “condizioni disumane” in un carcere di massima sicurezza. Nel memoriale consegnato ai genitori si parla di cibo e condizioni igieniche scadenti. Eppure l’Ungheria è un Paese europeo. Come si può accettare che ci siano standard così diversi in Europa?
“La condizione descritta da Ilaria Salis non è tollerabile, ma purtroppo non è così solo oggi e nel suo caso: le ispezioni non sono quotidiane e temo che gli stessi standard minimi non siano rispettati neppure in tutti gli istituti di pena italiani. Non sappiamo se in Italia l’attivista sarebbe stata trattata diversamente, se fosse accaduto in alcune strutture in particolare, dove il sovraffollamento rappresenta un problema grave che impedisce il rispetto di requisiti di accettabilità: pensiamo, ad esempio, a detenuti che si trovano in 6 o 9 in celle da 3. Sulla carta dovrebbe esserci uno standard che riguarda la dignità, l’umanità e le condizioni igieniche basilari, ma sappiamo che non è sempre così. L’aspetto più grave, però, è che Salis non ha avuto accesso agli atti di accusa nella prima fase di detenzione, come riferito dal legale, quindi le storture sono molte e di natura differente”.
Solo dopo un eventuale trasferimento ai domiciliari in Ungheria si potrà rivalutare la possibilità di un suo ritorno in Italia: occorrerebbe un intervento più deciso da parte delle autorità di Roma?
“Credo che ci si debba concentrare sui fatti: questa persona non ha ricevuto un trattamento degno di una cittadina europea, sotto l’aspetto della dignità e umanità che non dovrebbero mai venire meno. Non si tratta soltanto delle catene apparse nelle immagini tv. Situazioni analoghe si verificano anche in altre carceri, basti pensare agli Stati Uniti (o alla situazione in Romania denunciata dalla madre di Filippo Mosca, ndr). Detto questo, ormai l’eco mediatica c’è stata ed è strettamente legata agli aspetti politici. Il nostro Governo e quello ungherese dovranno risolvere il caso, anche perché ci possono essere ripercussioni su altri dossier sui tavoli europei”.
Di quali si tratta, in particolare?
“Mi riferisco, per esempio, ai 50 miliardi di euro di aiuti europei all’Ucraina, ma anche alla questione migranti. La partita credo che si giocherà su uno scambio: il premier ungherese attende fondi dall’Ue, che in cambio vuole il via libera al sostegno a Kiev”.
Ma fin dove arriva il rispetto delle leggi nazionali e dove invece deve prevalere quello per i diritti civili?
“Sempre nell’ambito della teoria, dove non arriva lo Stato membro dovrebbe arrivare l’Unione europea. Esistono diverse carte, come quella di Lisbona e successive, che prevedono che il sistema giuridico nazionale integri la normativa europea. Ma nella realtà ci sono evidenti limiti, sia nelle tempistiche di adozione delle norme europee sia nella misura con cui sono recepite. Lancerei una provocazione: occorrerebbe una commissione ad hoc per la verifica della situazione carceraria in tutta l’Ue. Era una battaglia del vecchio Partito Radicale che, a prescindere da chi la promuoveva, era di civiltà. Salis ha commesso un reato nell’aggredire due persone, sbagliando: che si tratti di neonazisti o altri soggetti deprecabili non è il punto, perché avevano diritto di manifestare, nei limiti del rispetto della dignità altrui, senza trascendere in discorso di odio razziale. Ma questo non c’entra e non giustifica il trattamento che è stato riservato all’attivista”.
A complicare il quadro ci sono i rapporti politici tra i leader italiani e quelli ungheresi, in particolare la vicinanza della Lega di Matteo Salvini a Viktor Orban, sottolineato dalle opposizioni in Italia. Che scenario potrebbe configurarsi?
“Il punto è proprio questo, siamo in prossimità di appuntamenti elettorali e il problema è diventato politico. Se non ci fosse stata la vicinanza della premier Meloni e del vicepremier Salvini a Orban non avremmo avuto questa eco mediatica nella stampa italiana, che infatti non si ritrova né in quella ungherese, né in quella francese, ad esempio, che pure ha riportato la notizia”.