Green pass, "coming out forzato" per le persone trans: è polemica
Per le persone trans che esibiscono un documento non rettificato insieme al green pass c'è un problema di "coming out forzato"
Continua a scatenare polemiche il green pass, ovvero il certificato di avvenuta vaccinazione, guarigione dal Covid o tampone negativo nelle ultime 48 ore. Dal 6 agosto, infatti, il pass è obbligatorio per accedere ai luoghi in cui potrebbero verificarsi assembramenti e da settembre sarà obbligatorio anche per i viaggi a lunga percorrenza. Il problema questa volta scaturisce dall’identificazione delle persone in possesso del pass che, ogni volta che presentano il qr code, devono esibire anche un documento di riconoscimento. Per le persone trans che non hanno ancora potuto rettificare i documenti, però, di tratta di un grave problema.
Ne ha parlato, tra gli altri, l’attivista Lgbtqi Francesco Cicconetti su Instagram: “Le persone trans hanno documenti non ancora rettificati. Sappiamo che il green pass è richiesto per accedere a palestre, bar, musei, piscine, ristoranti al chiuso ma insieme al qr code è riportato il nome anagrafico. La problematica per le persone transgender, quindi, è quella di un coming out forzato”.
“Io ho ricevuto i miei documenti dopo quattro anni di percorso di transizione – ha spiegato Cicconetti – e in questi quattro anni il nome riportato sulla carta d’identità non mi rappresentava e per questo ho avuto non pochi disagi. Fino a ieri le situazioni in cui andava mostrato il documento non erano così quotidiane. Io ad esempio ho rinunciato ad andare in palestra perché non avevo voglia di essere costretto a fare coming out”.
“Queste problematiche, prima extra ordinarie, con il green pass saranno ordinarie e le persone dovranno ogni volta darei spiegazioni. Mi aspetto che le persone capiscano che si tratta di un problema che rende la vita sociale un privilegio. Le persone non sono ancora preparate alle persone trans. La grande preoccupazione è che queste presone con i documenti non ancora rettificati rinuncino alla loro vita sociale”, ha concluso l’attivista.