Elly Schlein si scaglia contro Marcello De Angelis e invoca la premier Meloni. E Rocca prende tempo
Elly Schlein ha reagito alla polemica contro Marcello De Angelis e le sue parole sulla strage di Bologna: cosa ha detto la segretaria del PD
Non accenna a placarsi la polemica contro Marcello De Angelis, oggi portavoce del Presidente della Regione Lazio e in passato vicino ai movimenti neofascisti eversivi. A chiederne “la testa” è la segretaria del PD Elly Schlein, che invoca anche l’intervento della premier Giorgia Meloni. Intanto il presidente del Lazio Francesco Rocca prende tempo: “Valuterò”.
- Elly Schlein chiede le dimissioni immediate di De Angelis
- Polemiche dopo le parole sulla strage di Bologna
- Francesco Rocca: "Parla a titolo personale"
- Cosa aveva detto De Angelis, in passato vicino ai neofascisti
Elly Schlein chiede le dimissioni immediate di De Angelis
In una nota diffusa dalle agenzie stampa, Elly Schlein è piombata sul caso De Angelis, che nei giorni scorsi ha negato il coinvolgimento di noti esponenti della destra neofascista nella strage di Bologna del 1980.
“Non accettiamo ulteriori depistaggi e tentativi di riscrivere la storia” ha detto la segretaria del Partito Democratico, secondo cui il responsabile della comunicazione sta “negando le evidenze processuali”.
Un tentativo definito ignobile e per il quale ora si auspica dimissioni immediate da parte di De Angelis. Se non da lui, allora “sia la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni a prendere provvedimenti immediati“.
Polemiche dopo le parole sulla strage di Bologna
Nel suo j’accuse, Elly Schlein non risparmia dure parole anche nei confronti della premier stessa, che il giorno della commemorazione della strage non è riuscita ” a dire che quella di Bologna sia stata una strage neofascista“.
Sarebbe gravissimo, ha proseguito, “permettere ai suoi sodali di stravolgere la verità processuale” e per questo la invita a porre fine a “questa scellerata aggressione alla storia del ‘900. Le evidenze processuali dimostrano che è stata una strage di matrice fascista commessa da organizzazioni neofasciste, con un disegno eversivo, facilitato da apparati deviati dello Stato“.
Se qualcuno, come nel caso di Marcello De Angelis, fatica a riconoscerlo, allora per la segretaria del PD “non è adatto a ricoprire incarichi istituzionali di nessun tipo”.
Francesco Rocca: “Parla a titolo personale”
Nelle ultime ore è arrivata anche la risposta del presidente della Regione Lazio, Francesco Rocca, che prende tempo sulle dimissioni del suo portavoce: “Marcello De Angelis ha parlato a titolo personale, mosso da una storia familiare che lo ha segnato profondamente e nella quale ha perso affetti importanti”.
Per il momento quindi De Angelis resta al suo posto: “Essendo il dialogo il faro del mio operato, valuterò con attenzione nei prossimi giorni il da farsi, solo dopo averlo incontrato”.
“Le sentenze si rispettano – aggiunge Rocca – e vista la mia professione di avvocato non posso che ribadire questo. Il rispetto per le sentenze non esime dalla volontà di ricerca continua della verità, specialmente su una stagione torbida dove gli interessi di servizi segreti, apparati deviati e mafia si sono incontrati”.
Cosa aveva detto De Angelis, in passato vicino ai neofascisti
A far infuriare l’opposizione, l’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia e molte altre realtà, è stato un post nel quale Marcello De Angelis negava il coinvolgimento di Fioravanti, Mambro e Ciavardini nella strage di Bologna.
L’ex senatore e deputato ha pubblicato un secondo post in cui rivendica la sua libertà di pensiero e sostiene di essere orgoglio se per questo “dovrò pagare e andare sul rogo come Giordano Bruno“.
De Angelis oggi è responsabile comunicazione della Regione Lazio, ma negli anni ’80 è stato vicino agli ambienti neofascisti Lotta Studentesca e della sua costola Terza Posizione, messa al bando proprio dopo il 2 agosto 1980.
Per aver avvisato alcuni amici latitanti a Londra, è stato condannato nel 1989 a 5 anni e sei mesi di reclusione per associazione sovversiva e banda armata.
Assieme a lui e a Ciavardini nel settembre 1980 fu arrestato anche suo fratello Nazareno, detto Nanni, accusati di far parte dei Nuclei Armati Rivoluzionari (NAR). Nanni morì in carcere pochi giorni dopo in circostanze poco chiare, ufficialmente per suicidio.