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Dl Caivano e criminalità giovanile, ragazzi violenti per colpa dei videogiochi? Da dove nasce il falso mito

Stampa e politica puntano il dito contro i videogiochi in caso di comportamenti violenti da parte degli adolescenti: cosa dicono i ricercatori

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A inizio settembre il Consiglio dei ministri ha approvato un decreto legge per contrastare la criminalità giovanile, noto anche come Dl Caivano, dopo l’ennesimo caso di cronaca che ha coinvolto un minore. In tanti si interrogano sulla sorgente di questa violenza e, anche a livello mediatico, non mancano i riferimenti al contesto ludico-culturale in cui crescono i giovani: spesso e volentieri si tira in ballo il legame con i videogiochi, accusati di essere la scintilla dell’esplosione di comportamenti violenti. L’ultimo esempio è la narrazione del caso di una 13enne che, a Bologna, avrebbe seminato il terrore compiendo aggressioni ai danni di adolescenti nei parchi e anche nel centro cittadino. Tra stampa e opinione pubblica, alcuni non hanno tardato a indicare i videogiochi come possibili istigatori. Ma è davvero così? Cosa dicono i dati.

Le aggressioni della 13enne a Bologna

La madre di una delle vittime, citata dal quotidiano La Stampa, ha raccontato l’aggressione della 13enne a Bologna: “Si è accanita in un primo momento su una ragazzina prendendola a calci e pugni, tirandola per i capelli, riempiendola di schiaffi. La poveretta ha anche perso l’equilibrio ed è caduta a terra battendo la testa”.

Una volta identificata la 13enne, che avrebbe postato i video di alcune sue incursioni persino sul suo profilo Instagram, si è scoperto che la stessa era già conosciuta ai servizi sociali e alle forze dell’ordine, nonostante la giovane età.

videogiochi violentiFonte foto: 123RF

Videogiochi e violenza: alcuni dati

Oltre alle inevitabili analisi sul contesto familiare e sociale della ragazza, a livello mediatico non sono mancati i riferimenti sulla possibile responsabilità di videogiochi violenti, sebbene la loro fruizione da parte della 13enne non sia stata menzionata da parte di nessuno degli interessati alla vicenda.

Ma cosa dicono i dati? Le teorie che associano la fruizione di prodotti d’intrattenimento e violenza sono racchiuse nel General Aggression Model (GAM), sistema finalizzato alla comprensione di come fattori sociali, cognitivi e biologici siano capaci di influenzare la persona e spingerla a comportamenti violenti.

Un evento in particolare ha portato all’errata equazione tra violenza e videogiochi: si tratta del massacro avvenuto alla Columbine High School nel 1999, negli Stati Uniti, a opera degli studenti Eric Harris e Dylan Klebold, entrambi appassionati dei famosi videogiochi sparatutto DOOM e Quake. Da allora, l’accostamento tra violenza e videogiochi è tornato in maniera ricorsiva, negli Usa ma non solo.

Tuttavia, numerosi studi scientifici non hanno rintracciato alcun collegamento tra videogiochi definiti violenti e crimini atroci come le stragi di massa. Senza contare che non esiste una tipologia di videogiochi violenti: la violenza può essere presente all’interno della storia e come meccanica nel gioco (ad esempio negli sparatutto), ma non va a caratterizzare un genere videoludico a sé stante.

In generale, la violenza percepita dai giovani all’interno dei media è stata oggetto di studio anche da parte degli enti pubblici. Un report del 2004 stilato dai Servizi Segreti e dal Dipartimento per l’Istruzione degli Stati Uniti d’America ha indicato che, su 37 crimini violenti commessi a scuola, il 24% degli autori esprimeva un interesse per libri con contenuti violenti, mentre il 37% nutriva interesse per la violenza contenuta nei loro stessi scritti, tra cui poesie, saggi o diari. Solo il 12% si diceva appassionato di videogiochi.

Studi dedicati nello specifico al possibile legame tra videogiochi e comportamenti aggressivi sostengono che la propensione alla violenza abbia radici biologiche e genetiche, con influenze ambientali e sociali. Media con contenuti violenti – come alcuni videogiochi – potrebbero irrobustire le tendenze devianti di soggetti incapaci di controllare i propri comportamenti, mentre di norma le persone non subiscono passivamente gli stimoli provenienti dall’esterno. Anzi: non mancano ricerche che evidenziano effetti positivi dei videogiochi su attenzione, memoria e capacità visive.

Chi punta il dito contro i videogiochi

Ma chi punta il dito contro i videogiochi? In un’indagine conoscitiva condotta dalla VII commissione del Senato e presentata nel giugno 2021, con relatore l’ex Senatore di Forza Italia Andrea Cangini, si proponeva un contrasto a ciò che veniva definito “abuso di tecnologia digitale” scoraggiando l’uso di smartphone e videogiochi per minori di 14 anni. Il rischio, secondo l’indagine, sarebbe quello di crescere “giovani schiavi resi drogati e decerebrati: gli studenti italiani. I nostri figli, i nostri nipoti. In una parola, il nostro futuro” (nel 2022 il documento è stato ripreso dal Ministero dell’Istruzione).

Il documento, che non contiene riferimenti a studi scientifici, indica depressione, irascibilità, aggressività e perdita di memoria tra le possibili conseguenze di un abuso di telefoni cellulari e simili dispositivi tecnologici. La reazione degli esperti italiani del settore videoludico è stata immediata, con la pubblicazione di una lettera aperta indirizzata all’ex senatore in occasione della pubblicazione del suo libro dal titolo Coca Web. Una generazione da salvare.

Il dl Caivano

È invece di pochi giorni fa l’approvazione del Dl Caivano, contenente misure urgenti di contrasto al disagio giovanile, alla povertà educativa e alla criminalità minorile, all’interno del quale non mancano disposizioni che mirano alla limitazione dell’utilizzo di dispositivi elettronici – e, di riflesso, anche di videogiochi – al fine di prevenire la violenza giovanile.

Sebbene la letteratura scientifica sembri sempre più orientata, specie negli ultimi anni, a ridimensionare l’idea che i videogiochi possano essere diseducativi, e vi sia una maggiore concentrazione sugli aspetti potenzialmente benefici dei prodotti videoludici, la politica sembra ancora puntare il dito sui cosiddetti media violenti per rintracciare le cause delle devianze giovanili.

In Italia, portali come Tuttosuivideogiochi si occupano di sensibilizzare genitori e figure di riferimento per i minori a un utilizzo corretto dei videogiochi, ma sembra che il dibattito sul tema sia destinato a non spegnersi presto.

violenza-videogiochi Fonte foto: 123RF
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