Mascherine, le telefonate dell'ex commissario Arcuri
La trattativa tra l'allora commissario Domenico Arcuri e un imprenditore italiano in Cina per la fornitura di mascherine
“1800 morti ma cosa stiamo aspettando? Basta!… Ma chissenefrega di come interloquiamo! Ma chissenefrega! C’è la gente che muore e qui stiamo facendo burocrazia!”. È uno dei passaggi della telefonata fra l’ex commissario straordinario per l’emergenza coronavirus Domenico Arcuri e l’imprenditore Filippo Moroni avvenuta il 16 marzo 2020.
L’audio integrale della telefonata andrà in onda martedì sera sullo show di Italia1 “Le Iene”, in un servizio di Gaetano Pecoraro e Marco Occhipinti sull’inchiesta della procura di Roma che riguarda milioni di mascherine che sarebbero arrivate dalla Cina senza certificazioni.
Nel mirino dei magistrati c’è l’acquisto nel marzo 2020 di 800 milioni di mascherine dalla Cina per 1,25 miliardi di euro, in parte arrivate senza la certificazione necessarie. Arcuri non risulta indagato nell’inchiesta.
Quella telefonata, registrata da Moroni e da lui resa pubblica, risale alle prime settimane dell’emergenza coronavirus in Italia, con il commissario Arcuri alle prese con la ricerca di forniture di mascherine per soddisfare l’enorme richiesta.
A colloquio con l’allora commissario Arcuri c’è Filippo Moroni, imprenditore da alcuni anni in Cina che gli propone dieci milioni di mascherine in cinque giorni, a prezzo più basso rispetto a quelle finite sotto la lente degli investigatori e con la certificazione Ce richiesta.
Moroni si occupa di forniture di apparecchi medicali e in quel marzo mette disposizione gratuitamente la sua intermediazione alla struttura commissariale. Dopo alcune telefonate con i collaboratori di Arcuri, gli passano direttamente il commissario.
Mascherine, la telefonata tra Arcuri e l’imprenditore
L’imprenditore dice ad Arcuri di una offerta di dieci milioni di mascherine in cinque giorni prodotte a Shenzhen, ma sembra che il commissario non ne sappia nulla. “Mi dovete firmare immediatamente l’ordine e io devo bloccare l’ordine da… da questi signori”, dice Moroni.
Arcuri frena, “non sa quante telefonate hanno avuto questo argomento (…). Se ne parliamo tra di noi non risolviamo niente, lei ha mandato un ordine una lettera di offerta?”. E Moroni: “Sì ve l’ho mandata ieri sera è nelle vostre mani da 20 ore”.
“L’Istituto superiore di sanità non sa leggere cosa vi ho mandato, io vi ho mandato un’offerta”, continua l’imprenditore. “Se l’Istituto superiore di sanità non sa leggere io non ci posso fare niente, perché se non dice… Se non mi bolla quello che lei ha mandato io vado in galera, punto”, risponde Arcuri.
In un altro passaggio, Moroni dice che “è tutto bloccato perché questi hanno pensato che le mascherine che vi vorremmo mandare non sono CE”.
“Perfetto, c’abbiamo la possibilità di fargli vedere che sono CE?”, chiede Arcuri. I toni si alzano: “Ve l’ho mandato! Ve l’ho mandato!”, replica Moroni. Arcuri a quel punto gli dice che gli ripasserà un suo collaboratore, e l’imprenditore sbotta: “1800 morti ma cosa stiamo aspettando? basta!”.
“Da me ha tutta la rassicurazione, mi dispiace averle parlato perché questo diciamo non è il modo di interloquire, adesso le…”. replica il commissario. “Ma chissenefrega di come interloquiamo! Ma chissenefrega! C’è la gente che muore e qui stiamo facendo burocrazia!”, risponde Moroni.
Mascherine, la risposta di Arcuri
Domenico Arcuri è intervenuto sulla vicenda ripresa da “Le Iene” attraverso il proprio ufficio stampa, precisando che Moroni “presentò in soli tre giorni, tra il 15 marzo e il 17 marzo 2020, ben sette offerte, con volumi e prezzi di mascherine ogni volta differenti. Si andava da un prezzo di 0,56 euro ad uno di 2,98″.
Tutte le offerte avevano una unica costante: “il pagamento integrale anticipato, ovvero del 100% del prezzo all’ordine”.
“Lo Stato Italiano, per il tramite del Commissario, non ha mai accettato di effettuare pagamenti in anticipo, per evitare il rischio di mancate forniture o di ricevere dispositivi qualitativamente non in condizioni di poter essere distribuiti, come purtroppo accaduto a varie amministrazioni locali”.
“A tutti i fornitori e gli intermediari, e quindi anche al sig. Moroni – continua la mail dell’ufficio stampa di Arcuri – è stato subito posto in chiaro che nessun anticipo sarebbe stato fornito per qualsivoglia rapporto commerciale; che i prodotti avrebbero dovuto tutti avere la marchiatura CE e, comunque, essere validati dal Comitato Tecnico Scientifico, e solo dopo avrebbe potuto essere distribuiti; che si sarebbe dovuta garantire l’affidabilità, la qualità dei prodotti attesi, la regolarità delle forniture necessarie a contrastare l’emergenza”.
“Apprese queste esigenze, il sig. Moroni non ha mai presentato altre offerte compatibili con i principi esposti”, conclude la nota.