Johnson & Johnson, pro e contro del vaccino monodose
Il vaccino Johnson & Johnson non prevede una seconda dose, ma è in ritardo ancor prima dell'approvazione negli Usa
Cresce l’attesa per il vaccino Johnson & Johnson. E con essa le preoccupazioni. Sviluppato in collaborazione con l’europea Janssen Pharmaceutica, di proprietà di J&J, il papabile ultimo arrivato nella corsa mondiale all’immunità al Covid-19 promette non soltanto un metodo di conservazione più facile rispetto ai ritrovati della concorrenza, ma anche una somministrazione più rapida. Dietro l’angolo potrebbe quindi esserci un’accelerazione nella campagna di profilassi: una sola dose di vaccino Johnson&Johnson avrebbe infatti lo stesso effetto delle due attualmente prescritte nel caso dei sieri commercializzati da Pfizer-BioNTech, Moderna e Astrazeneca.
A controbilanciare la maggiore facilità di impiego, i ritardi accumulati dalla multinazionale americana prima ancora del necessario via libera al brevetto da parte delle autorità di regolamentazione.
Vale la pena incrociare le dita? Oppure si rischia di non veder arrivare poi così presto un contributo sulla carta così promettente?
Come funziona il vaccino Johnson & Johnson
A differenza di Pfizer-BioNTech e Moderna, la multinazionale americana J&J non ha basato le sue ricerche sull’RNA messaggero, adottando un approccio più tradizionale allo sviluppo dei vaccini. Gli sforzi dei ricercatori hanno portato all’isolamento di un adenovirus del raffreddore, che pur restando innocuo per l’uomo contiene un gene con le informazioni per produrre una proteina efficace contro il virus Sars-Cov-2.
Grazie all’inoculazione dell’adenovirus il corpo sviluppa difese anti-Covid senza bisogno di entrare in contatto con l’agente patogeno. Il risultato è quello di prevenire in ogni caso ospedalizzazioni e morti, garantendo in buona percentuale una protezione completa dai sintomi severi della malattia.
Lo ha dichiarato al Corriere della Sera Massimo Scaccabarozzi. Secondo l’amministratore delegato e presidente della divisione italiana di Janssen, nonché capo di Farmindustria, il siero di J&J si sarebbe dimostrato efficace anche nei confronti delle varianti.
Quanto è efficace il vaccino Johnson & Johnson
A far ben sperare è l’esito dei test. Quelli di fase 3 sono stati condotti in Nordamerica, in America Latina e Sudafrica, su un totale di 43.783 partecipanti. In Sudafrica l’immunità si è realizzata nel 57% dei casi. Più alta l’efficacia negli Usa, assestatasi su una percentuale del 72%. La media è quindi 66%. La differenza tra gli output dei due paesi si spiega con la maggiore aggressività della variante isolata per la prima volta a sud dell’Equatore.
Alla ricerca hanno preso parte anche pazienti con malattie gravi, tra cui obesità, diabete, ipertensione e HIV, tra le altre.
A proposito di varianti, mercoledì ha suscitato apprensione la dichiarazione di un altro dirigente della Johnson & Johnson. Questa volta di tratta di Alex Gorsky, che in un’intervista alla “CNBC” ha parlato di vaccinazioni a cadenza annuale: “Purtroppo, più si diffonde più il virus muta. Ed ogni volta la variante può rispondere in modo diverso non solo ai farmaci ma anche al vaccino”, ha spiegato.
I vantaggi del vaccino Johnson & Johnson
Come già detto precedentemente, il vaccino di “Johnson & Johnson” presenta due grossi vantaggi.
Innanzitutto, una conservazione di alcuni mesi a una temperatura che varia dai 2 agli 8 gradi e di due anni se le condizioni ambientali vengono portate a -20 C°. Come è noto, uno degli aspetti più critici del ritrovato di “Pfizer-BioNTech” è proprio la difficoltà di trasporto e stoccaggio. La necessità di utilizzare speciali congelatori in grado di raggiungere i -70 C° ideali ha spinto l’Italia ad affidarsi ai servizi della Big Pharma anche in fase di distribuzione, con conseguente aumento dei costi.
Invece il vaccino targato J&J promette non solo di essere facilmente immagazzinabile, ma anche più economico, almeno rispetto ai ritrovati già disponibili e al netto di costi di consegne, che non richiederebbero esigenze particolari.
Nella tabella pubblicata da Eva de Bleeker, sottosegretaria al Bilancio del Belgio, il costo di una dose di vaccino J&J è di 8,5 dollari, contro i quasi dieci di Pfizer-BioNTech e i 14,7 di Moderna. Si tratta di cifre non ufficiali, ma mai smentite dalla Commissione europea.
L’altro punto a favore è diretta conseguenza della scommessa di J&J in fase di monitoraggio dell’efficacia. Portare avanti i test tramite una doppia somministrazione sarebbe stato più rapido. Ma l’azienda ha deciso di sperimentare la dose unica, ottenendo un’incidenza di esiti favorevoli abbastanza alta da poter ragionevolmente presentare una candidatura per l’approvazione.
Proprio sulla questione del richiamo si è aperto un dibattito in Europa. Rispetto alla finestra di alcuni giorni (se non mesi), al termine della quale il paziente dovrebbe essere sottoposto a una seconda inoculazione, i paesi si sono mossi in ordine sparso, proprio nel tentativo di allargare il più possibile l’ombrello della popolazione vaccinata contro il Covid a parità di dosi disponibili.
Va da sé che la soluzione messa sul tavolo da J&J non pone gli stessi problemi di una campagna di vaccinazione in due tempi. Ed è più conveniente.
Chi ha scommesso sul vaccino Johnson & Johnson
Soprattutto gli Stati Uniti, con un contratto da un miliardo di dollari. A febbraio dovrebbe arrivare l’approvazione della Food and Drug Administration (Fda), l’ente addetto alla regolamentazione dei farmaci sul territorio nordamericano.
L’imminenza di un probabile lasciapassare sottolinea con maggiore urgenza gli impegni già disattesi dalla casa farmaceutica. Nonostante il lavoro preparatorio di J&J, infatti, che ha provato a condividere programmi e progetti con altre aziende, le forniture sono in ritardo di due mesi e ritorneranno a regime in primavera.
Gli Usa contavano di distribuire ai cittadini 12 milioni di dosi del ritrovato J&J entro febbraio. Un risultato che sarebbe già fuori discussione a causa delle dilazioni nelle consegne. Più concreta la possibilità di raggiungere entro giugno l’obiettivo di 100 milioni.
Dall’azienda è arrivata la promessa di un’accelerazione sulla fornitura delle commesse. Si punta ai 30 milioni di dosi entro aprile, un miliardo entro la fine dell’anno. Il siero sarà prodotto in Stati Uniti, Europa, Sud Africa e India.
Quando potrebbe arrivare in Europa il vaccino Johnson & Johnson
Ancora non pervenuto, ma atteso per marzo, l’ok della European Medicines Agency (Ema), l’ente di regolamentazione europeo. L’Ue è entrata in affari con Johnson & Johnson per un totale di 200 milioni di dosi, 27 dei quali destinati all’Italia, con un’opzione di rinnovo per un’identica commessa tramite un successivo acquisto.
Tuttavia i contrattempi verificatisi sull’altra sponda dell’Atlantico mettono a rischio le tappe della corsa europea all’immunità di gregge e confermano un trend già osservato con gli altri vaccini: ferma restando la possibilità di recuperare i ritardi nel corso della profilassi, la timeline messa a punto dalle istituzioni dei paesi membri è da riscrivere.