Covid, immunità naturale o vaccino: quale protegge di più
Immunità naturale o indotta coi vaccini: nel caso del coronavirus, quale protegge di più? Uno studio prova a fare chiarezza
Com’è noto, sono due i modi per raggiungere l’immunità verso un virus: tramite l’infezione naturale o l’inoculazione di un vaccino. Lo stesso vale per il coronavirus e il Covid-19, contro il quale sono stati sviluppati e somministrati diversi vaccini (in Europa ne sono stati approvati quattro), al netto di qualche incidente di percorso che ha causato rallentamenti durante la campagna vaccinale.
Covid, immunità naturale o col vaccino: quale protegge di più?
Ma quale dei due modi, nel caso di Sars-CoV-2, permette di sviluppare un’immunità più forte? È questa la domanda che si sono posti due ricercatori dello Scripps Research Institute di La Jolla, California, negli Stati Uniti, in un articolo pubblicato sulla rivista Nature Medicine.
L’articolo, condiviso dal virologo Roberto Burioni sul suo profilo Twitter, è a firma di Dennis R. Burton ed Eric J. Topol. In sostanza, quel che fanno i due ricercatori è un confronto tra l’immunità naturale e quella indotta dai vaccini nel caso di alcune delle malattie più comuni e note negli esseri umani.
Malattie che inducono un’immunità più forte con l’infezione: il caso del morbillo
Se da un lato ci sono malattie che inducono un’immunità meno forte di quella prodotta dai vaccini, ce ne sono altre che generano una risposta immunitaria abbastanza potente da contrastare a lungo successive infezioni. L’esempio principe riportato nell’articolo è il morbillo: quando non sfocia in una polmonite fatale, il guarito sviluppa un’immunità che dura per tutta la vita.
Diversamente, la vaccinazione contro il morbillo “richiede due inoculazioni e potrebbe non offrire una protezione completa per tutta la vita”, pur essendosi dimostrata abbastanza efficace “da tenere sotto controllo la malattia”, si legge nell’articolo.
Il ruolo fondamentale della vaccinazione: l’immunità “sovrumana”
Ma ci sono altre malattie in cui la vaccinazione gioca un ruolo fondamentale, perché il corpo da solo non riesce a produrre abbastanza anticorpi per rispondere all’infezione. “In questi casi, il vaccino prodotto dall’uomo è ‘sovrumano’ – si legge nell’articolo – cioè, fornisce all’uomo risposte immunitarie superiori a quelle generate in risposta all’infezione”.
Uno degli esempi riportati nell’articolo è il tetano, il cui batterio “provoca la produzione della tossina tetanica, altamente potente in piccole quantità che sono sufficienti per causare una malattia grave ma non sufficienti per generare una forte risposta immunitaria, in particolare anticorpale”. Di contro, la vaccinazione “genera risposte anticorpali sufficienti a fornire protezione contro la tossina per un decennio e probabilmente più a lungo”. Un altro esempio simile è l’HPV.
E il coronavirus?
Ma veniamo al nodo della questione: dove si colloca il coronavirus in questo spettro di possibilità? La risposta a questa domanda, per i ricercatori, non è semplice. Il quadro che si presenta oggi è ancora prematuro, con la campagna vaccinale ancora agli inizi, ma secondo i ricercatori “i primi risultati delle analisi ad interim di Pfizer/BioNTech e Moderna sui vaccini a mRNA contro Sars-CoV-2, che mostrano una riduzione delle infezioni di circa il 95%, sono molto incoraggianti“.
“Gli anticorpi passivi sembrano avere effetti benefici sull’infezione precoce di Sars-CoV-2 negli esseri umani – si legge ancora nell’articolo – il che suggerisce che possono contribuire alla protezione”. L’altro lato della medaglia è che “i livelli raggiunti non forniscono una completa immunità sterilizzante e non sono sufficienti a prevenire i sintomi delle alte vie respiratorie tipici del comune raffreddore”; tuttavia, “possono prevenire gravi malattie delle basse vie respiratorie. Lo svantaggio di un tale risultato è che il vaccino probabilmente non impedirebbe la trasmissione in corso da un vaccinato infetto”.
E l’immunità naturale? Dalle osservazioni riportate nell’articolo si evince che, “contrariamente a molti dei vaccini, l’infezione naturale induce livelli altamente variabili di anticorpi neutralizzanti, una parte dei quali potrebbe non fornire immunità. Ci sono segnalazioni isolate di reinfezione da Sars-CoV-2 associata a una risposta anticorpale iniziale insufficiente”.
A conclusione dell’articolo, i due ricercatori scrivono di essere “ottimisti” circa l’idea che “un vaccino (o vaccini) contro Covid-19 con risposte immunitarie e protezione superiore a quella ottenuta attraverso l’infezione naturale sia un obiettivo raggiungibile”.