Covid, cosa succede con bambini e neonati: la doppia scoperta
Cosa succede quando ad ammalarsi di Covid sono bambini e neonati: due nuovi studi fanno chiarezza
Un nuovo studio pubblicato su ‘Jama Pediatrics’, che fa riferimento ai dati dell’Ontario relativi ai contagi all’interno della famiglia, ha fornito un’importante indicazione: i bambini piccoli contagiano il 43% in più rispetto agli adolescenti. Lo studio, condotto dall’Agenzia per la Salute Pubblica dell’Ontario, si è svolto tra il 1° giugno e il 31 dicembre 2020.
Covid e bambini: lo studio canadese
Le età dei casi pediatrici sono state distinte in classi da 0 a 3 anni, da 4 a 8 anni, da 9 a 13 anni e da 14 a 17 anni anni.
Dallo studio, come riporta il ‘Corriere della Sera’, è emerso che i bambini di età compresa tra 0 e 3 anni avevano le più alte probabilità di trasmettere SARS-CoV-2 ai contatti familiari (+43%) rispetto ai bambini di età compresa tra 14 e 17 anni.
Anche i bimbi di età compresa tra 4 e 8 anni (+40%) e tra 9 e 13 anni (+13%) avevano maggiori probabilità di trasmissione.
La probabile motivazione è legata al fatto che risulta spesso impossibile isolarsi socialmente dai bambini malati, specie se piccoli.
Covid e bambini: lo studio tedesco
Da uno studio tedesco pubblicato sulla rivista ‘Nature’ è emerso, però, che i bambini sono più protetti dal Covid.
Lo stesso studio ipotizza una spiegazione: i bimbi potrebbero avere una maggiore immunità innata delle vie aeree superiori, cioè le porte di ingresso del SARS-CoV-2.
Tale capacità si perderebbe, poi, col tempo.
Nello studio, come riporta il ‘Corriere della Sera’, si legge: “I bimbi hanno ridotti tassi di infezione e un rischio sostanzialmente inferiore di sviluppare una grave malattia da coronavirus rispetto agli adulti. Il nostro studio fornisce la prova che le cellule immunitarie delle vie aeree dei bambini sono predisposte al rilevamento del virus, determinando una risposta antivirale innata precoce più forte all’infezione da SARS-CoV-2 rispetto agli adulti”.
Lo studio ha confrontato campioni provenienti da persone tra le 4 settimane e i 77 anni di età.
Gli studiosi hanno spiegato: “Mentre le cellule immunitarie sono state rilevate raramente in campioni nasali di adulti sani, i campioni di bambini negativi al SARS-CoV-2 contenevano elevate quantità di quasi ogni sottoinsieme di cellule immunitarie. La maggiore capacità antivirale innata nei bambini può spiegare perché i bimbi sono in grado di controllare meglio l’infezione in fase iniziale rispetto agli adulti e, quindi, hanno un rischio inferiore di sviluppare un Covid grave”.