Covid, con AstraZeneca nessuna immunità di gregge: l'avvertimento
L'Italia, secondo Antonella Viola, scegliendo di introdurre nella campagna vaccinale il siero AstraZeneca, ha "rinunciato all'immunità di gregge"
L’immunologa Antonella Viola ha risposto ad alcuni dubbi che riguardano i vaccini anti Covid e l’immunità che ne deriva. Con l’arrivo del siero di AstraZeneca in Italia, il terzo dopo quello di Pfizer e BioNTech e quello di Moderna, non bisognerà abbassare la guardia. “Prima di tutto perché per raggiungere l’efficacia riportata negli studi bisogna attendere in media una settimana dopo la seconda dose. Inoltre non abbiamo ancora una prova sicura che questi vaccini oltre alla malattia blocchino l’infezione, e quindi il contagio”, ha spiegato sul Corriere della Sera.
“Abbiamo forti indicazioni su questo punto per Pfizer e Moderna, ma non c’è certezza. Infine ricordiamo che nessun vaccino è efficace al 100%. Pfizer e Moderna” lo sono “intorno al 95%, Astrazeneca” al “62%: questo significa che non tutti i vaccinati saranno protetti“.
“Scegliendo il vaccino Astrazeneca, con efficacia al 62%, destinato agli under 55, abbiamo rinunciato all’immunità di gregge. Questa cosa deve essere chiara. Con un’efficacia al 95% basterebbe vaccinare il 70% della popolazione per arrivare all’immunità. Se contiamo che gli under 16 sono fuori dai protocolli e che permane una certa quota di no vax, è difficile immaginare un’immunità di comunità nel prossimo futuro”, ha spiegato l’esperta.
Perché dobbiamo tenere mascherina e distanziamento dopo il vaccino anti Covid
“Ma anche se non riusciremo a bloccare la circolazione del coronavirus, le persone a rischio saranno comunque protette. Non dobbiamo avere fretta. Sono in arrivo tanti vaccini con buona efficacia che potrebbero davvero darci una mano”. Per questo, riporta il Corriere della Sera, “dovremo tenerci le mascherine e rimanere distanziati” ancora a lungo.
“Dobbiamo stare molto attenti, in questa fase non possiamo permetterci grandi riaperture“, ha dichiarato Antonella Viola. “Sono contraria al ritorno dello sci, delle piscine o degli sport di gruppo. Dobbiamo tenere duro ancora due o tre mesi. Se riapriamo troppo presto non solo ci esponiamo a una nuova ondata, ma anche alla diffusione di nuove varianti”.
Covid, i Paesi che vaccinano di più entrano in lockdown: c’è timore per le varianti
“La Germania, pur registrando complessivamente un calo dei contagi, teme la diffusione delle varianti, soprattutto quella inglese che rischia di diventare prevalente e potrebbe causare un nuovo boom di contagi”, ha spiegato ancora l’immunologa dell’Università di Padova. “L’Italia ha lo stesso problema con la variante brasiliana in Umbria, dove sono state infatti predisposte zone rosse“.
Sulle pagine del Corriere della Sera l’esperta ha spiegato anche perché i due Paesi dove si fanno più vaccini, Israele e il Regno Unito, sono entrati in lockdown. “Si sono trovati con un elevato numero di contagi quando è partita la campagna vaccinale”, e per questo hanno chiuso tutto.
“Israele è stato molto rapido a organizzarsi, ma conta appena 9 milioni di abitanti, meno della Lombardia, e si è assicurato le dosi necessarie di vaccino Pfizer in cambio di un ampio database sugli effetti dell’immunizzazione sulla popolazione. Non ci sono stati problemi di approvvigionamento come stiamo subendo in Europa”, ha spiegato.
“È vero che anche il Regno Unito procede spedito, ma non lo prenderei come esempio perché hanno cambiato i protocolli, fanno sperimentazioni, ritardano la seconda dose, scelta quest’ultima che potrebbe portare alla comparsa di varianti, dal momento che con una dose fornisco una quantità di anticorpi neutralizzanti non sufficiente a bloccare il virus. Rischiano dunque di essere facilitate quelle varianti che non sono riconosciute dagli anticorpi somministrati”, ha concluso Antonella Viola.