Corte Ue contro l'Italia per gli stipendi degli insegnanti precari a scuola: il motivo del deferimento
Dopo le procedure d'infrazione, contro l'Italia si muoverà la Corte Ue: Bel Paese nel mirino per il precariato a scuola e per gli stipendi di insegnanti e Ata
La Commissione europea ha deferito l’Italia alla Corte di giustizia Ue per gli stipendi troppo bassi degli insegnanti precari. E non solo: la politica italiana viene accusata di avere fatto poco o nulla per porre rimedio a una questione che si trascina da anni, ovvero l’utilizzo reiterato, e considerato “abusivo”, dei contratti a tempo determinato a condizioni di lavoro giudicate “discriminatorie”.
- Perché l'Italia è stata deferita alla Corte Ue
- La procedura d'infrazione
- La normativa europea
- I precari della scuola
- Il decreto Salva-infrazioni
Perché l’Italia è stata deferita alla Corte Ue
Secondo la Commissione, l’Italia ha violato la direttiva 1999/70/Ce del Consiglio Ue. Il nostro Paese, viene osservato fra le altre cose, non ha disposto alcuna norma per tutelare i precari della scuola, i cui stipendi non crescono sulla base dei precedenti periodi di servizio.
L’Europa giudica tale situazione una discriminazione rispetto ai docenti di ruolo che invece hanno diritto agli scatti d’anzianità.
Striscione di docenti precari a Milano in una foto del luglio 2019.
Oltre a ciò, la Commissione europea ha rilevato come in Italia non siano stati adottati provvedimenti efficaci per prevenire l’utilizzo abusivo della successione di contratti a tempo determinato anche per gli Ata (il personale amministrativo, tecnico e ausiliario nelle scuole pubbliche). Questo, viene chiarito, “configura una violazione del diritto dell’Ue in materia di lavoro a tempo determinato”.
La procedura d’infrazione
La questione si trascina dal luglio del 2019, tempi del governo Conte I, quando la Commissione avviò la procedura di infrazione con l’invio di una lettera di costituzione in mora alle autorità italiane.
Seguirono una ulteriore lettera di costituzione in mora nel dicembre 2020 (governo Conte II) e un parere motivato nell’aprile del 2023 (attuale governo Meloni).
La normativa europea
L’accordo quadro allegato alla direttiva 1999/70/Ce del Consiglio stabilisce il principio di non discriminazione dei lavoratori a tempo determinato rispetto a quelli a tempo indeterminato, a meno che non vi siano giustificati motivi oggettivi.
I precari della scuola
In Italia ci sono 943.000 insegnanti. Il numero dei precari oscilla fra un minimo di 165.000 persone, secondo il Ministro dell’Istruzione e del Merito, e un massimo di 250.000 unità, secondo i sindacati.
Oggi gli insegnanti italiani si piazzano ai primi posti fra i Paesi occidentali per due primati poco edificanti: per gli stipendi bassi e per l’età media di ingresso in ruolo più alta, che è pari a 45 anni.
Ciononostante la scuola soffre una cronica carenza di docenti, alla quale negli ultimi anni si è cercato di ovviare prima con la Mad (Messa a disposizione) e poi con l’interpello, ovvero annunci pubblicati direttamente dagli istituti che hanno vuoti di organico. In Italia ci sono circa 30.000 docenti giudicati idonei nei processi di selezione pubblica, ma senza cattedra.
Il decreto Salva-infrazioni
Il governo Meloni ha scelto di intervenire sull’abuso dei contratti a termine non a monte, ma ex post aumentando le sanzioni per i datori di lavoro.
In generale, un lavoratore in Italia può restare precario per 12 mesi al massimo. Solo in determinati casi è possibile che la prestazione di lavoro a termine venga prorogata fino a un massimo di 24 mesi.
Grazie al decreto legge 131/2024, denominato “Salva-infrazioni”, il lavoratore della pubblica amministrazione può oggi pretendere dalle 4 alle 24 mensilità in caso di abuso di contratti a termine; nel privato l’indennizzo va dalle 2,5 alle 12 mensilità.