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Covid, "sembra la prima fase dell'epidemia": parla Crisanti

Il virologo Andrea Crisanti va contro chi sostiene l'abbassamento dell'età media dei contagi e sottolinea: "Ne mancano circa 1,3 milioni"

Di: VirgilioNotizie | Pubblicato:

Per poter tornare a lavorare, votare e andare a scuola si dovrà portare la capacità giornaliera di effettuare tamponi dai 70 mila attuali a circa 250-300 mila al giorno. Lo ha detto Andrea Crisanti, direttore di Microbiologia e virologia dell’Università di Padova, in un’intervista concessa al Fatto Quotidiano.

Secondo l’esperto, infatti, abbiamo “30 giorni per far sì che le lezioni riprendano in sicurezza e 60 per evitare che questo inizio di scuola si risolva in un drammatico fallimento”. Per convivere col virus, ha aggiunto, “dobbiamo prepararci ad affrontare una situazione in cui coesistono un’altra trasmissione e intensi scambi sociali senza che questo porti al collasso del sistema sanitario”. Per ovviare al problema servono investimenti “in attrezzature, logistica e personale”.

“Sembra l’inizio dell’epidemia”: l’analisi di Crisanti

Per quel che riguarda il trend dei contagi nelle ultime settimane, per Crisanti “non è cambiato nulla: i dati della sierologia sul Covid-19 pubblicati dall’Istat dicono che non esiste una grande differenza di distribuzione di casi per età dalla prima epidemia da fine febbraio ad aprile. Il virus non è mutato e la malattia non è cambiata“.

“Siamo di fronte a soggetti giovani – ha sottolineato – che trasmettono l’infezione ma si ammalano in maniera molto lieve e quindi sfuggono all’osservazione del sistema sanitario: è proprio quello che è successo nella prima parte dell’epidemia, in Veneto a febbraio c’era il 3% di infetti a Vo’ Euganeo, tutti sostanzialmente asintomatici e quindi invisibili”.

Secondo Crisanti l’età media non è cambiata

Crisanti non crede nemmeno che l’età media sia “realmente cambiata. Secondo i dati ufficiali abbiamo 257 mila positivi diagnosticati con tampone, ma l’Istat dice che gli infetti sono stati circa 1,5 milioni di italiani, quindi ci sono stati 1,3 milioni di casi non diagnosticati, tutti asintomatici o paucisintomatici, c’erano allora come ci sono adesso, solo che ora le vediamo. E stiamo riuscendo a proteggere le categorie a rischio, non facciamo entrare il virus negli ospedali o nelle Rsa. Corre, ora come allora, grazie alla fascia di popolazione più attiva, i giovani hanno fitte relazioni sociali”.

C’è dunque una sottostima dei casi? Sì, ma per l’esperto “ci avviciniamo alla realtà. Prima facevamo 5 mila tamponi al giorno, ora 70 mila. Il punto di non ritorno arriva quando si supera la capacità di sorveglianza, quando la richiesta di tamponi diventa superiore alla capacità di farli, i tempi di risposta si allungano, sfuggono al controllo e il sistema si schiaccia”.

E sull’aumento dei contagi in vacanza, Crisanti punta il dito contro le Regioni: “Ogni governatore fa da par suo a equilibri e convenienze locali. Ma se una Regione sbaglia, l’errore si ripercuote su tutto il Paese. Le Regioni che hanno riaperto subito sono quelle che stanno pagando il prezzo più alto in termini di contagi, come purtroppo sta accadendo al Veneto”.

Coronavirus: i focolai in Italia. Dove e quanti casi Fonte foto: Ansa
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