Coronavirus, secondo Zangrillo l'emergenza è finita da mesi
Il primario del San Raffaele, Alberto Zangrillo, è contrario allo stato di emergenza: "In Lombardia nessuno muore per coronavirus da un mese"
Alberto Zangrillo, primario dell’ospedale San Raffaele di Milano, afferma che il coronavirus in Italia non produce gli stessi problemi di tre mesi fa. “Se dirlo equivale a essere ritenuto irresponsabile, mi assumo questa responsabilità soprattutto perché è condivisa dai circa 400 medici e infermieri che sono al mio fianco dal 21 febbraio”, dice in un’intervista concessa al Tempo.
Zangrillo: “I dati sono comunicati in maniera scorretta”
A chi gli fa notare i sempre nuovi dati giornalieri sui decessi, Zangrillo sottolinea che si tratta di un modo di comunicare “scorretto, che non rispecchia la realtà”. Secondo lui, infatti, si attribuisce come causa del decesso il coronavirus anche a quei pazienti che muoiono per altre patologie.
“Ci interroghiamo tutti i giorni – aggiunge – sul perché non abbiamo alcun riscontro di questi dati nella pratica clinica giornaliera. Ci siamo informati presso gli organismi competenti ed abbiamo ricevuto la conferma: tutti sanno che in Italia l’eccesso di mortalità da coronavirus è fortunatamente azzerato da due mesi“.
Ovviamente questo non significa abbandonare le buone pratiche: “Attenzione, distanziamento, massima prudenza, rispetto delle regole. Ma rispettiamo anche la verità”.
Zangrillo contro lo stato di emergenza
Zangrillo è contrario alla proroga dello stato di emergenza voluto dal premier Giuseppe Conte e dal suo governo. “Il bene comune oggi è buon senso: norme igieniche, non uscire di casa se si ha la febbre, coinvolgere il proprio medico per ogni dubbio, rispettare le norme di sicurezza indicate. Evocare l’emergenza – conclude – porta al panico e alla morte sociale. Pretendere il rispetto delle regole giuste aumenta il senso di responsabilità di ognuno di noi”.
Certo è che a consigliare il premier e il ministro della Sanità ci sono degli esperti, racchiusi nel Comitato tecnico-scientifico “formato da illustri colleghi con cui non voglio entrare in conflitto”.
Il primario del San Raffaele dice di aver “riconosciuto a loro il grande merito di aver suggerito in tempi esatti un doloroso, ma necessario lockdown. Ora vorrei che le loro indicazioni tenessero in maggior considerazione le evidenze cliniche attuali”.
Cioè, spiega, avere “una visione di un quadro globale: la mia più grande preoccupazione è riprendere a curare quei malati che, per colpa di Sars-CoV-2, trascuriamo da almeno 5 mesi. In Lombardia nessuno muore per colpa del virus da almeno un mese“.
Il battibecco con i virologi, definiti ‘topi da laboratorio’
In questi giorni Zangrillo ha battibeccato anche con i virologi, definendoli ‘topi da laboratorio‘. “Mi fido molto di quelli veri – spiega – che hanno costruito la loro reputazione contrastando micidiali virus del passato in stretta correlazione con i clinici. Quelli che vivono per denigrare il lavoro altrui continueranno a sopravvivere nutrendosi dell’invidia. Ricordiamoci poi che tutte le più grandi scoperte della medicina moderna sono transitate dal letto del malato”.
Il primario va contro quella che definisce la “retorica dell’eroismo“, con cui è stata raccontata l’emergenza durante il lockdown: “In realtà abbiamo tutti fatto il nostro dovere con uno straordinario gioco di squadra. Poi il 31 maggio, dopo 40 giorni senza ricoveri in terapia intensiva, un messaggio di ottimismo fondato sull’osservazione clinica ha scatenato le polemiche”.