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Cecilia Sala liberata dall'Iran, quali sono i rapporti con l'Italia e cosa potrebbe succedere ad Abedini

Cosa c'è dietro la liberazione "lampo" di Cecilia Sala da parte dell'Iran, e quali sono i rapporti con l'Italia? Intervista a Fulvio Palombino

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“Mai pensato di essere a casa oggi”. Sono le prime parole di Cecilia Sala, la giornalista 29enne detenuta per 21 giorni nel carcere di Evin, in Iran, appena tornata a casa a Roma. Un tempo infinito, per le condizioni in cui la reporter è stata detenuta, ma un tempo che, per casi del genere, resta significativamente breve. Addirittura lampo, secondo alcune dichiarazioni politiche della maggioranza. Ma cosa c’è dietro la liberazione? C’è un legame con l’arresto di Abedini del 16 dicembre, tre giorni prima di quello di Sala a Teheran? Gli Usa hanno aiutato Giorgia Meloni? E quali sono i rapporti tra Italia e Iran? Tante domande, a cui risponde Fulvio Palombino, docente di Diritto Internazionale dell’Università di Roma Tor Vergata.

I tempi della liberazione e il ritorno in Italia

Fulvio Palombino,Virgilio Notizie, riconosce che la liberazione di Cecilia Sala è stata la chiusura di una “risoluzione veloce, va sottolineato”.

La giornalista è atterrata alle ore 16:15 di mercoledì  8 gennaio all’aeroporto di Ciampino, dopo 21 giorni di prigionia: era stata arrestata a Teheran il 19 dicembre.

cecilia sala iran meloniFonte foto: ANSA
Cecilia Sala e Giorgia Meloni

Le immagini del suo abbraccio sulla pista dell’aeroporto con il compagno, il collega del Post Daniele Raineri, e poi con i genitori, la mamma Elisabetta Vernoni e il papà Renato, campeggiano sulle prime pagine dei giornali.

“Ciao, sono tornata”, le prime parole condivise nel suo podcast, Stories, prodotto da Chora Media.

La triangolazione con Usa e Iran

Di ufficiale non si sa ancora nulla, se non quanto emerso dalle parole di Giorgia Meloni nella conferenza stampa di giovedì 9 gennaio:

“C’è stato un lavoro di triangolazione diplomatica con Iran e Usa per quello che riguarda una svolta nel caso, non direi che c’è stato un momento di svolta perché la questione è stata seguita dall’inizio”.

La premier ha aggiunto che “le interlocuzioni con l’Iran sono di natura diplomatica e di intelligence, il Governo è tenuto alla riservatezza in questi casi. Mantovano è stato al Copasir ed è pronto a tornare nel caso in un’ulteriore audizione, ricordiamo che in Iran sono presenti altri 500 italiani e bisogna essere molto cauti”.

L’intervista a Palombino

Qual è il suo parere sulla liberazione di Cecilia Sala? “Violazione delle leggi della Repubblica Islamica” è stata l’unica ragione data dall’Iran…

“È una vicenda che è stata letta in due prospettive diverse. In un primo momento si è solo parlato di arresto arbitrario, in assenza di qualsiasi contestazione formale, quindi di un illecito. E poi ci sarebbe trasformata in una detenzione arbitraria. Il problema che si è posto in un primo momento è stato quello di stabilire se durante questa detenzione a Sala sarebbero stati garantiti alcuni diritti. Ora sappiamo con certezza che un diritto che è stato garantito è stato quello all’assistenza consolare. L’ambasciatrice italiana in Iran l’ha visitata in carcere e lei ha avuto modo di parlare con i suoi cari. Quello che sappiamo invece dalle primissime dichiarazioni di Cecilia Sala è che invece le condizioni di detenzione sono state quelle classiche di un carcere iraniano: una cella stretta, nessun letto, viveri al minimo. E questo configura da un punto di vista internazionalistico un trattamento disumano e degradante. Questa è stata l’unica chiave di lettura che fino a un certo punto ha prevalso nel dibattito pubblico. Poi si è posta un’altra questione, tra gli aspetti più importanti: a seguito di un tweet dell’ambasciata iraniana si è incominciato a parlare di Sala come di un ostaggio. Al di là del piano politico, quando si parla di ostaggi si dice una cosa molto precisa da un punto di vista internazionalistico”.

Ovvero? 

“C’è una convenzione internazionale del 1979 contro la presa di ostaggi di cui nessuno ha parlato e a cui l’Iran ha tra l’altro aderito, che punisce il reato di presa di ostaggi. Si utilizza il termine ostaggio per alludere a tutte quelle situazioni in cui per esempio uno Stato, come in questo caso, detenga una persona con lo scopo di costringere un altro Stato – ma anche un’organizzazione internazionale, non governativa, ecc… – a compiere una condotta intesa come condizione implicita o esplicita per la liberazione dell’ostaggio. Dopo i primi giorni in cui si è parlato solo di detenzione arbitraria, si è in qualche modo rafforzata questa seconda ipotesi: Cecilia Sala come ostaggio. Ed effettivamente sembrerebbe proprio che sia stato così e questo configurava un illecito internazionale da parte dell’Iran. Sono due prospettive parallele, nessuna delle due esclude l’altra, ma questo è un passaggio importante”.

Come si è arrivati alla liberazione, per quello che si può ipotizzare? 

“Per il momento, come sappiamo, la questione della richiesta di estradizione da parte degli Stati Uniti è rimasta in sospeso: l’ingegnere iraniano Abedini, arrestato a Milano il 16 dicembre (su richiesta degli Stati Uniti, ndr) continua a essere detenuto nel carcere di Opera. Ora vedremo quello che succederà nei prossimi giorni. Quel che è certo è che sicuramente l’Iran ha commesso una violazione dei diritti fondamentali nel detenere Sala in quelle condizioni. Non è affatto sorprendente, considerando che parliamo di uno Stato che ogni anno esegue centinaia di condanne capitali e che ha delle condizioni carcerarie denunciate da tutte le principali agenzie delle Nazioni Unite. E, se verrà confermata l’ipotesi, ma lo sapremo nel tempo quando verranno aperti gli archivi diplomatici, l’Iran ha anche commesso un illecito internazionale con la detenzione di Cecilia Sala come ostaggio, violando una convenzione internazionale di cui l’Iran è parte”.

Dopo il tweet dell’ambasciata iraniana c’è stata una smentita rapidissima da parte dell’Iran, sul collegamento tra le due vicende, di Abedini e Sala…

“Una smentita, come dire, influenzata, perché quel tweet era proprio la prova provata dell’illecito internazionale. È chiaro che ci sono delle zone d’ombra”.

Quali sono oggi i rapporti tra Italia e Iran? Nello scacchiere internazionale quanto Teheran ha bisogno di Roma?

“È molto difficile, anche qui, riuscire a fare una valutazione precisa. A fronte di una situazione generale – quella dell’Iran in cui effettivamente la questione degli ostaggi non è di poco conto, si parla addirittura di diplomazia degli ostaggi, espressione orrenda che però riflette una certa realtà -, il fatto che Teheran abbia fin dal primo momento garantito a Cecilia Sala il diritto all’assistenza consolare è abbastanza significativo. Non era affatto scontato. Ma da leggere come la manifestazione di un desiderio, da parte dell’Iran, di non rovinare completamente i rapporti diplomatici”.

Qual è la contropartita che l’Iran può attendersi per la liberazione della giornalista?

“Lo vedremo nelle prossime settimane rispetto alla richiesta di estradizione di Abedini. È una richiesta pendente, sarà il secondo snodo della vicenda. Giorgia Meloni ha incontrato Donald Trump e di certo gli Usa hanno avuto un ruolo nell’epilogo positivo di questa vicenda. Si continua a dire che non c’è stato un coinvolgimento formale americano: questo è abbastanza comprensibile. Credo sia vero che la presidente del Consiglio è stata sicuramente agevolata dalla situazione di transizione negli Stati Uniti. È il classico gioco delle tre carte: Joe Biden avrà mantenuto il silenzio perché è in uscita, Trump perché in entrata. Nessun coinvolgimento formale, ma certamente un’incidenza nella vicenda, trapelata in qualche modo anche dalle dichiarazioni rilasciate dal nostro ministro degli Esteri, Antonio Tajani“.

L’Iran nel 2024 ha impiccato 901 persone, 40 solo a dicembre, con un aumento del 6% rispetto all’anno precedente: quanto può dire in questo momento l’Italia rispetto alla violazione dei diritti fondamentali in Iran?

“Il nostro Paese partecipa attivamente a tutte le campagne delle Nazioni Unite contro la violazione di diritti umani, anche in Iran. Non ci siamo mai tirati indietro su queste denunce. Su Teheran ci sono state innumerevoli prese di posizione a livello internazionale che hanno visto un nostro ruolo attivo. Quello che è successo a Sala è quello che succede al 90% dei detenuti, soprattutto nel carcere di Evin. La stessa accusa molto generica, “violazione delle leggi della Repubblica Islamica”, è quella che viene usata per i dissidenti. Ecco, non penso che ci saranno in questo momento dichiarazioni (già, ripeto, fatte innumerevoli volte) sulle violazioni dei diritti umani in Iran da parte dell’Italia, ma neppure una censura”.

Quanto sarebbe libero un giornalista italiano di andare oggi, o anche tra una settimana, in Iran a raccontare quello che accade in quel Paese? 

“Posto che la libertà di stampa non può e non deve mai essere messa in dubbio, forse – ma parlo da cittadino, non da giurista – ricreare in questo momento condizioni analoghe al caso che si è appena concluso, dato anche l’enorme impiego di forze di Farnesina, Aise, di tutte le istituzioni italiane, è sconsigliabile“.

cecilia-sala-iran Fonte foto: ANSA
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