Bucha, viaggio nell'orrore. Parla Kemp, il fotoreporter arrivato per primo in città: "Vi dico cosa ho visto"
Danny Kemp e la sua squadra dell’agenzia France Presse sono stati i primi ad arrivare a Bucha: la testimonianza
Cosa è davvero successo a Bucha? Le immagini provenienti dalla città ucraina hanno sconvolto il mondo. Immediatamente Mosca ha rigettato le accuse rivoltele, parlando di “messinscena”. Ora parla chi per primo ha messo piede nei luoghi dell’orrore, in cui i cadaveri sono stati abbandonati per strada e la devastazione ha polverizzato edifici e vite umane. Danny Kemp e la sua squadra dell’agenzia France Presse sono coloro che sono riusciti a trovare il modo per entrare a Bucha e sono loro le fotografie che hanno mostrato le atrocità.
Kemp, intervistato in esclusiva dall’Agi, non si è sbilanciato a fare ipotesi sulle responsabilità. Normale, visto che potrebbe essere uno dei testimoni chiamati dalla commissione di inchiesta che dovrà chiarire cosa è successo in questo lembo di mondo funestato dalla guerra. Fino al 24 febbraio, a Bucha, vivevano poco meno di trentamila persone. Tre giorni dopo l’inizio dell’invasione la città è finita in mano russa.
“Quello che posso dire è quello che ho visto – ha raccontato Kemp – e quello che ho visto non era una messa in scena e di certo i corpi che ho incontrato non si sono rialzati dopo il nostro passaggio”. La sottolineatura della messinscena è una risposta indiretta alla propaganda filorussa che ha tentato di far passare come falsi foto e video del massacro.
Bucha, la testimonianza diretta: viaggio nell’orrore
Kemp è entrato a Bucha il 2 aprile, con altri cinque colleghi della Afp, a bordo di due Suv. Sono giornalisti, videoreporter, fotografi, l’autista e un consulente per la sicurezza. In aggiunta c’è un espatriato ucraino che viaggia con loro dall’inizio della missione in solitaria, senza scorta.
Appena sono entrati in città hanno incontrato un gruppo di civili che li hanno messi al corrente che a poca distanza c’era una via piena di cadaveri. Così sono andati a controllare ed è lì, in un quartiere residenziale, che hanno trovato l’orrore. “Abbiamo fermato le auto e siamo scesi” ha spiegato Kemp, “è stata una visione scioccante”.
“La strada – ha proseguito – si stendeva per 400 metri e da ogni parte c’erano cadaveri. Alcuni isolati, altri in piccoli gruppi. I primi che abbiamo incontrato erano tre, nel vialetto di una casa: uno aveva le mani legate dietro la schiena. Altri sull’asfalto in mezzo alla strada, altri con le gambe incastrate sotto la bicicletta. L’impressione è che siano stati uccisi mentre erano in giro per le loro attività quotidiane: accanto ad alcuni erano rovesciate le buste per la spesa”.
Massacro di Bucha: cadaveri trovati con accanto il passaporto ucraino
In tutto hanno rilevato che in quella zona c’erano ventidue morti. Un altro dettaglio non passato inosservato è che accanto a due vittime si vedeva il passaporto ucraino aperto, come se qualcuno li avesse identificati prima di ammazzarli. Altri due corpi avevano una fascia bianca al braccio. Cosa significa quel simbolo? Lo ha spiegato il giornalista della Afp, sempre all’Agi. “Solo nei giorni successivi ho sentito che potrebbe essere un segno distintivo dei filorussi”.
“Dovevamo fare in fretta – ha aggiunto Kemp -, avevamo l’urgenza di documentare quello che vedevamo e andare via da lì prima possibile”. Quindi ha raccontato che un altro suo collega ha scoperto una fossa comune con dentro dei corpi senza vita. Chi li ha uccisi? E chi li ha gettati lì? Anche su tale questione Kemp non ha voluto avventurarsi in ipotesi personali.
Il 2 aprile “abbiamo camminato per l’intera strada due volte. Abbiamo contato i corpi. In nessun momento abbiamo visto uno di loro muoversi. Avevano la pelle giallastra e cerosa e le dita rigide, alcune con le unghie scolorite. Erano chiaramente morti da diversi giorni, se non di più”. Kemp non ha dubbi: quei corpi erano privi di vita e non certo una messinscena.
Cadaveri tra le vie di Bucha
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