Batterio killer in ospedale a Verona, il grido di una mamma
La mamma che per prima ha denunciato il caso del batterio killer a Verona ha protestato davanti all'ospedale della Donna e del Bambino
Il caso del batterio killer che avrebbe causato la morte di quattro neonati e la chiusura del punto nascite dell’ospedale della Donna e del Bambino, a Verona, è stato documentato da una relazione di una delle due commissioni nominate dalla Regione Veneto per fare chiarezza. Ma Francesca Frezza, la mamma che per prima ha denunciato la vicenda, non si dà pace e ha iniziato una protesta davanti al nosocomio, il cui punto nascite ha riaperto proprio stamattina.
Batterio killer a Verona, la protesta di una mamma
La donna, come riporta l’Ansa, ha spiegato: “Sono qui perché è arrivato l’esito dell’autorevole commissione d’indagine nominata dal governatore Luca Zaia. Un esito pesante, perché conferma tutto quello a cui ho sempre pensato in questo lungo anno”.
Francesca, stringendo la foto della figlioletta nata l’11 aprile 2019 all’ospedale veronese e morta il 18 novembre dello stesso anno, ha dichiarato: “Oggi chiedo, in attesa con piena fiducia che la magistratura faccia il suo corso, le dimissioni in via temporanea del dottor Paolo Biban, direttore della Pediatria a indirizzo critico e della terapia intensiva, della dottoressa Chiara Bovo, direttore sanitario dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata, del direttore generale Francesco Cobello, e del dottor Massimo Franchi, direttore del Dipertimento materno-infantile”.
Per la donna non sono sufficienti le spiegazioni che le sono state date negli ultimi mesi, e ha chiosato: “Non meno di pochi giorni fa il direttore generale Cobello ha dichiarato di essere venuto a conoscenza del citrobacter il 12 giugno, quando ha deciso la chiusura del punto nascite e lo spostamento della terapia intensiva neonatale”.
Eppure, fa notare la mamma, “nella cartella clinica di mia figlia, a maggio 2019 c’era scritto dell’infezione da citrobacter”.
Batterio killer, cosa è emerso dalla relazione
Stando a quanto emerso dalla relazione, sarebbero 96 i bambini colpiti dal batterio, che ne avrebbe uccisi quattro e resi cerebrolesi nove. La donna ha sottolineato, a margine della protesta: “L’unica scelta forte e doverosa che andava fatta era di chiudere tutto subito e non aspettare due anni. La decisione di chiudere è stata presa solo il 12 giugno, quando ho dichiarato e reso pubbliche le perizie medico legali che accertavano che mia figlia è morta per il citrobacter“.