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Amanda Knox accusò Patrick Lumumba per togliersi dai guai: le motivazioni della condanna per calunnia

Per la Corte d'Appello di Firenze Amanda Knox era consapevole dell'innocenza di Patrick Lumumba, ma lo accusò comunque per la sua delicata situazione

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Dopo la condanna di Amanda Knox da parte della Corte d’Assise d’Appello di Firenze, sono state diffuse le motivazioni della sentenza, legata all’accusa di calunnia a Patrick Lumumba nel merito dell’omicidio di Meredith Kercher. Nonostante fosse consapevole dell’innocenza di Lumumba, Knox dichiarò il falso per cercare di uscire da una situazione difficile, sottolinea in particolare la Corte. I legali di Knox hanno intanto annunciato un ricorso in Cassazione, anche se la donna ha già scontato i 3 anni di reclusione previsti.

Amanda Knox condannata per calunnia a Patrick Lumumba

Il memoriale in cui Amanda Knox accusò ingiustamente Patrick Lumumba dell’omicidio di Meredith Kercher è stato definito dalla Corte d’Assise d’Appello di Firenze come un chiaro “atto di accusa”.

Nonostante Knox fosse pienamente consapevole dell’innocenza di Lumumba, il testo fu redatto “spontaneamente e liberamente”. Per questa ragione, il 5 giugno la Corte ha condannato la 37enne americana a 3 anni di reclusione per calunnia.

Patrick Lumumba, calunniato da Amanda Knox secondo la Corte d'Appello di FirenzeFonte foto: ANSA

Patrick Lumumba, calunniato da Amanda Knox secondo la Corte d’Appello di Firenze

Sebbene Amanda abbia già scontato una pena di quasi quattro anni in carcere per l’accusa di omicidio, la condanna per calunnia riguarda specificamente la falsa accusa rivolta al suo datore di lavoro dell’epoca, Lumumba, nei giorni successivi al delitto avvenuto nel novembre 2007.

Le motivazioni della sentenza di condanna di Amanda Knox

Secondo i giudici, Amanda Knox fornì una narrazione falsa per “uscire dalla scomoda situazione in cui si trovava, accusando un innocente per porre termine alle indagini, reputandosi in una posizione delicata e non potendo prevederne l’esito”.

Knox era l’unica delle coinquiline di Meredith Kercher presente a Perugia la sera del delitto e aveva accesso alla chiave dell’appartamento dove avvenne l’omicidio, ricorda la Corte.

La 37enne di Seattle, per i giudici, non poteva commettere un errore così grave, identificando un innocente, dato che “si trovava all’interno della casa al momento dell’omicidio e quindi ben sapeva che lì non c’era” Lumumba.

Inoltre, la Corte ha osservato che Amanda, dopo la sua falsa dichiarazione, non ha mai chiarito agli inquirenti che Lumumba era estraneo ai fatti, nonostante il suo senso di colpa. Questo comportamento ha dimostrato una chiara disconnessione dalla collaborazione con le autorità, contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa e dall’imputata stessa.

Il commento degli avvocati

“Senz’altro vediamo vari profili di censurabilità proponibili avanti alla Corte. Sullo sfondo noto un tentativo di ridurre la portata della sentenza della Corte europea che aveva condannato l’Italia” ha commentato l’avvocato Luca Luparia Donati, che difende Amanda Knox con il collega Carlo Dalla Vedova.

“Una difesa ad oltranza delle pronunce domestiche rispetto alle decisioni sovranazionali a tutela dei diritti fondamentali delle persone” conclude il legale, preannunciando un ricorso in Cassazione.

Carlo Pacelli, avvocato di Lumumba, ha evidenziato la sua soddisfazione per la sentenza. “Il dato oggettivo è, con certezza assoluta, inconfutabile. Amanda Knox è colpevole, è una calunniatrice e non una vittima” ha sottolineato il legale.

“La Corte d’assise d’appello di Firenze, al solo fine di servire verità e giustizia, con motivazione giuridica scientificamente ineccepibile, ha riconfermato, al di là di ogni ragionevole dubbio, un dato di irrefutabile certezza, la colpevolezza di Amanda Knox” ha concluso.

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