Zio di Alice D'Amato morto dopo tre dimissioni dall'ospedale, due medici del San Martino di Genova indagati
La Procura di Genova ha chiesto il rinvio a giudizio per i medici coinvolti: secondo l'accusa la morte dello zio di Alice D'Amato era evitabile
Daniele D’Amato, zio della campionessa olimpica Alice D’Amato, è morto nel giugno del 2021 a causa di una dissezione aortica, dopo essere stato dimesso per tre volte dagli ospedali di Novi Ligure e del San Martino di Genova con una diagnosi errata di lombosciatalgia. Questo tragico errore medico è ora al centro di un’indagine che vede coinvolti due medici, accusati dalla Procura di Genova di negligenza.
Indagine sulla morte dello zio di Alice D’Amato
La vicenda ha avuto inizio il 23 maggio 2021, quando Daniele D’Amato si è recato al pronto soccorso di Novi Ligure con forti dolori e pressione alta.
Qui, secondo quanto riportato dai familiari, l’uomo è stato visitato da un medico “a gettone” che, non riuscendo ad accedere al sistema informatico, ha emesso una diagnosi di lombalgia muscolo-scheletrica e ha dimesso D’Amato senza ulteriori esami.
Daniele D’Amato è stato dimesso per tre volte, due dall’ospedale di Novi Ligure e una dal San Martino di Genova
Poche ore dopo, l’uomo è tornato nello stesso ospedale, lamentando ancora dolori intensi.
Anche in questa occasione, secondo l’accusa, il medico non ha svolto un’adeguata anamnesi né ulteriori accertamenti, dimettendolo di nuovo.
La diagnosi tardiva
La situazione si è ripetuta anche al San Martino di Genova, dove D’Amato si è recato per la terza volta il 23 maggio, lamentando nuovamente dolori acuti.
Anche qui la diagnosi è stata confermata come lombosciatalgia e il paziente è stato dimesso senza osservazione prolungata.
Solo tre giorni dopo, quando le sue condizioni sono peggiorate, i medici hanno finalmente scoperto la dissezione aortica, ma ormai era troppo tardi.
Indagati i medici
Nonostante l’intervento chirurgico d’urgenza al San Martino, D’Amato è morto il 1° giugno. La Procura di Genova ha ora chiesto il rinvio a giudizio per i medici coinvolti, sostenendo che i ripetuti errori nella diagnosi e la mancanza di adeguati controlli abbiano portato a una morte evitabile.
L’indagine di Genova arriva in un periodo in cui i medici italiani sono al centro delle cronache, ma per tutt’altro motivo: negli ultimi mesi infatti, si sono moltiplicati i casi di aggressione in corsia da parte dei familiari dei pazienti nei confronti del personale sanitario.