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Variante Delta, efficacia della prima e della seconda dose di vaccino

L'efficacia contro la variante Delta della prima e della seconda dose di vaccino nei casi di Pfizer, Moderna e AstraZeneca. Cosa dicono gli studi

Di: VirgilioNotizie | Pubblicato:

“Quando un virus si replica o crea copie di se stesso a volte cambia leggermente. Questi cambiamenti sono chiamati ‘mutazioni’. Un virus con una o più nuove mutazioni viene indicato come una ‘variante’ del virus originale”. Sono queste le definizioni di “variante” e “mutazione” adottate dal ministero della Salute e pubblicate sul sito salute.gov.it. Le varianti, che, nel caso del Covid, sono centinaia, vengono classificate in Variants of Interest (VOI), o variante degna di nota; Variants of Concern (VOC), o variante di preoccupazione; Variants of High Consequence (VOHC), o variante con elevate conseguenze. È chiaro già dalle definizioni che l’elenco è stato ordinato secondo un criterio di pericolosità crescente: dove si colloca la variante Delta?

La risposta è: nel secondo gruppo, quello delle varianti di preoccupazione, che presumono un significativa riduzione delle risposte immunitarie, una maggiore contagiosità e una possibile malattia in una forma più grave. Le VOC inoltre potrebbero essere più difficilmente diagnosticabili. Gli ultimi rilevamenti hanno individuato una presenza della variante Delta del 16,8% a livello nazionale, con picchi in Lombardia, Campania e Puglia. Secondo gli esperti, la mutazione, individuata per la prima volta in India, è destinata a sostituire la Alpha come variante più diffusa in Italia. Ecco perché la campagna vaccinale deve continuare a correre: al netto delle polemiche sui ritardi nelle consegne di luglio, la priorità è costruire un muro contro la variante Delta, del 60% più contagiosa rispetto alla cosiddetta Alpha, a sua volta per il 50% più contagiosa del ceppo originario di Wuhan.

Se questo è il ruolo, fondamentale, dei vaccini, allora è indispensabile chiedersi quanto efficaci sono i preparati a nostra disposizione contro le varianti, che possono essere più virulente e contagiose ma anche compromettere lo scudo dell’immunizzazione. Ecco tutto quello che sappiamo sulla variante che, al momento, desta più timori, avendo tra l’altro determinato un’impennata di contagi in Inghilterra, davanti alla quale, tuttavia, il premier Johnson non ha voluto fare un ulteriore passo indietro.

Cosa dice lo studio israeliano sull’efficacia del vaccino Pfizer contro la variante Delta

Una “brutta notizia” arriva dallo studio israeliano sull’efficacia del vaccino Pfizer-BioNTech contro la variante Delta. La citazione è di Yaniv Erlich scienziato israeliano-americano e professore associato alla Columbia University, che su Twitter ha rilanciato uno studio del ministero della Salute di Tel-Aviv. L’indagine è particolarmente interessante. Israele, infatti, ha vaccinato con ciclo completo il 57% della popolazione e ha abbandonato alcune delle restrizioni che hanno caratterizzato la vita di molte nazioni in questo anno e mezzo di Coronavirus.

La protezione contro la variante Delta è scesa al 64% dal 94% contro gli altri ceppi”, ha scritto Erlich nel post rilanciato sui social. L’eliminazione delle misure di contenimento sembra aver giocato un ruolo fondamentale nell’abbassamento della soglia di immunità: fra il 2 maggio e il 5 giugno, infatti, il vaccino aveva dimostrato di avere un’efficacia del 94,3%. Ma dal 6 giugno, cinque giorni dopo lo stop alle limitazioni, fino all’inizio di luglio, l’efficacia di Pfizer è crollata al 64%.

Ciò ha importanti implicazioni per l’immunità di gregge e la capacità del virus di evolversi ulteriormente”, ha sottolineato infine il docente. La buona notizia è che, stando ancora ai dati dello studio, resta in piedi la protezione sia contro il ricovero, sia contro la malattia grave. Lo stesso report evidenzia come le ospedalizzazioni abbiano subito una flessione più contenuta rispetto ai contagi: fra il 2 maggio e il 5 giugno la protezione di Pfizer contro il ricovero è stata del 98,2%, da mettere in relazione con quella, del 93%, registrata dal 6 giugno al 3 luglio.

Cosa dicono studi meno recenti: i vaccini funzionano contro la Delta? I casi di Pfizer e AstraZeneca

È bene sottolineare che non tutti gli studi arrivano a conclusioni così contenute sull’efficacia degli strumenti di profilassi a nostra disposizione. Altre indagini sono alla base dell’ottimismo con cui l’EMA, tramite il capo della strategia vaccinale Marco Cavalieri, ha commentato l’utilità dei preparati: “Sembra che i 4 vaccini autorizzati nell’UE proteggano contro tutti i ceppi, compresa la variante Delta – ha sottolineato il portavoce – I primi dati del mondo reale suggeriscono che due dosi di vaccino proteggano contro la variante Delta e gli anticorpi di tutti i vaccini approvati siano capaci di neutralizzare questa variante”. Insomma, a prescindere da quale si riceva, è bene ricordare che, secondo gli esperti, ogni vaccino è utile contro la Delta.

Uno studio dell’Università di Edimburgo, pubblicato su The Lancet, sostiene che, dopo una sola dose, si è immunizzati al 50% contro la variante Alpha, al 32% contro la Delta e al 25% contro la Beta, individuata per la prima volta in Sudafrica e poco rappresentata in Italia (l’indagine sulle varianti del 22 giugno, ad esempio, non l’ha trovata sui tamponi sequenziati). Dopo il richiamo, la protezione contro la Delta salirebbe al 79% nel caso di Pfizer e al 60% nel caso di AstraZeneca. Contro la variante Alpha, individuata per la prima volta in Inghilterra, l’immunizzazione sarebbe rispettivamente al 92% e al 73%. Uno studio condotto negli Stati Uniti, mostra, dopo la prima dose, un’efficacia di Pfizer al 36% e di AstraZeneca al 30% nel contrasto alla variante Delta.

Cosa dicono gli studi sull’efficacia di Moderna e Johnson & Johnson contro la variante Delta

C’è poi un piccolo studio di Moderna effettuato su pazienti in India, secondo il quale l’efficacia del preparato basato sulla tecnologia a mRna messaggero viene solo intaccata dalla variante Delta: i dati aziendali dimostrano una riduzione del 3,2% – 2,1% dopo la seconda dose. Il monodose Johnson & Johnson è risultato efficace all’85% contro le forme gravi della malattia provocate dalla variante Delta. La protezione contro l’ospedalizzazione e la morte sarebbe invece completa. Le conclusioni sono contenute in alcuni studi ai quali ha accennato lo stesso management dell’azienda e che sono ancora in fase di pre-pubblicazione. I report hanno anche sottolineato “un’attività forte e persistente contro la variante Delta”, ha dichiarato l’azienda tramite i portavoce.

Cosa sappiamo sull’efficacia dei vaccini contro la variante Delta

Per sintetizzare, insomma, sulla base degli studi citati in questo paragrafo, dopo una sola dose si hanno circa due possibilità su tre di risultare positivi alla variante Delta, mentre, dopo la seconda dose, si ha una protezione comunque maggiore del 60% (è il caso di AstraZeneca). Contro malattia grave e ospedalizzazioni l’immunità funzionerebbe ancor meglio.

È facile notare che le evidenze israeliane correggono a ribasso le percentuali, invece sovrapponibili, degli studi precedenti. Ma è pur vero che la ricerca ha i suoi tempi: ogni studio deve passare al lungo vaglio della comunità scientifica, gli autori devono esercitare le proprie capacità analitiche su gruppi di pazienti ampi e rappresentativi, mentre il metodo non deve essere viziato da precondizioni che non siano il più “neutre” possibili.

È evidente che lo studio del Covid dovrà tenere il passo con un virus che cambia per adattarsi e sopravvivere. E mentre ci si interroga su tempi e modi delle riaperture, e sull’opportunità di una terza inoculazione, un punto resta comunque fermo: i vaccini sono la migliore arma a disposizione per lasciarsi alle spalle un periodo terribile.

Covid, quali vaccini proteggono di più dalla variante Delta Fonte foto: ANSA
Covid, quali vaccini proteggono di più dalla variante Delta
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