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Valditara riporta il latino alla scuola media e la Bibbia alle elementari, Raimo: "Ideologia neonazionalista"

L'intervista a Christian Raimo, docente e scrittore, sulla riforma della scuola voluta dal ministro Valditara: novità su latino, Bibbia, ma non solo

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Più storia dell’Italia ma senza ideologia”. È il titolo dell’intervista sul Giornale con cui il ministro dell’Istruzione e del Merito, GiuseppeValditara, annuncia e racconta le nuove Indicazioni Nazionali – ovvero i nuovi programmi – per il primo ciclo della scuola. Virgilio Notizie ha intervistato Christian Raimo, docente di Storia e Filosofia in un liceo di Roma, nonché giornalista e scrittore.

Le parole del ministro Valditara sulla riforma

Il ministro Valditara ha spiegato di aver “disegnato il cammino di bambini e adolescenti dai 3 ai 14 anni”, ossia “il percorso dall’infanzia alle medie”, ma anche che “stiamo lavorando per le superiori, introduciamo molte innovazioni cominciando dall’Italiano, ma non solo”.

Una scuola sovranista? “Ma no, niente slogan facili. Vogliamo una scuola seria. Prendiamo il meglio del passato per guardare al futuro”, afferma il ministro.

valditara riforma scuola latino bibbiaFonte foto: ANSA
Giuseppe Valditara, ministro dell’Istruzione

I nuovi programmi per la scuola, dal latino alla Bibbia

Il Governo, infatti reintrodurrà la possibilità di inserire il latino a partire dalla seconda media, abolirà la geostoria nelle superiori, ridando “centralità alla narrazione di quel che è accaduto nella nostra penisola dai tempi antichi fino ad oggi” e avvicinerà i bambini, sin dalla prima elementare, “alla musica, alla sua comprensione, alla civiltà musicale”.

Popoli italici, civiltà occidentali, Cristianesimo, unità nazionale, non manca la Bibbia. Europa e Occidente al centro e poesie a memoria: è questa la scuola che verrà secondo il racconto del ministro.

L’ultimo aggiornamento risaliva al 2012, ai tempi di Francesco Profumo ministro del Governo Monti.

Ora le nuove Indicazioni Nazionali sono state elaborate da una commissione il cui coordinamento scientifico è stato affidato a Loredana Perla, professoressa di Didattica e Pedagogia speciale all’Università di Bari: con lei Ernesto Galli della Loggia, Francesco Emmanuele Magni, consulente del ministro, Laura Sara Agrati, pedagogista dell’Università telematica Pegaso, Paolo Calidoni, ex professore a Parma, Giuseppe Cappuccio, ordinario di Pedagogia sperimentale a Palermo, Massimiliano Costa, ordinario di Pedagogia Sperimentale a Ca’ Foscari, Evelina Scaglia, associato di Pedagogia a Bergamo, Alessia Scarnisci, ordinario di Pedagogia dell’Universitas Mercatorum, Viviana Vinci dell’Università di Foggia.

Conclusi i lavori della, ha dichariato Valditara, ci sarà un confronto “aperto a tutto il mondo della scuola, ai corpi intermedi, alle associazioni disciplinari. A fine marzo dovremmo essere pronti con gli ultimi ritocchi perché le novità entrino in classe con l’anno scolastico 2026-27”. 

L’intervista a Christian Raimo

Che scuola si delinea negli annunci e nelle impostazioni di questo Governo? 

“Il modo in cui Valditara e questo Governo si stanno approcciando alle questioni scolastiche ha una sua coerenza. In occasione delle precedenti riforme (Gelmini, Moratti, la Buona Scuola) c’è stata un’opposizione molto ferma, costante, articolata, da parte del corpo docente soprattutto: parti importanti di quelle riforme sono state contrastate e si è creato comunque un blocco politico e soprattutto culturale di opposizione. Qui siamo di fronte a tanti piccoli interventi scaglionati nel tempo. E questo rende più difficile un discorso di sistema, anche di dialettica o di opposizione, persino per migliorare, correggere e non solo respingere, rispetto a qualcosa che viene presentato come un disegno disarticolato e consente al Governo di separare le forze che vivono nella scuola, che spesso hanno interessi non convergenti ma che di fronte alle riforme precedenti si univano in nome della difesa di principi unitari, costituzionali e a tutela anche professionale degli insegnanti. Dall’altra parte, se è vero che la scuola è in qualche modo un’istituzione difficilmente governabile (10 milioni di persone e quello che accade in classe non può essere “governato” in tutto e per tutto), alcune indicazioni, linee e procedure burocratiche determinano cambiamenti di sistema. Da piccole procedure vengono fuori cambiamenti di sistema. Sul voto è andata così, con il ritorno a voti numerici e giudizi sintetici. C’era un’eccellente riforma, su cui avevano lavorato per tre anni milioni di genitori, docenti, studenti, insabbiata con un colpo solo. Oppure il liceo made in Italy, che praticamente non c’è ma lo abbiamo messo nell’ordine delle idee, invece di investire in altre direzioni come la possibilità di ampliare l’offerta della formazione linguistica, che oggi è in gran parte privata e costosa. Oppure non si è comunque sviluppata o si è investito su un’idea pedagogica della cura. Ci sono queste parole che tornano molto nelle dichiarazioni di Valditara e degli esponenti di questo Governo: rispetto e dovere. Ma il rispetto senza cura, senza conoscenza dell’altro, senza cultura della solidarietà, è un termine vuoto. E anche nella nostra Costituzione, quando si parla di doveri, non si fa riferimento a una generica adesione all’autorità costituita, ma – articolo 2 – al dovere della solidarietà, politica, sociale, e anche economica. Io a scuola penso che dovrei capire come educare a questo, in una società sempre più disuguale”.

Sembra un ritorno alla scuola che fu? In fondo 30 anni fa di Storia si studiava solo ed esclusivamente quello che è successo da queste parti…

“La scuola è un organismo talmente articolato. C’è stata la fase degli anni 70-80 in cui gli investimenti massivi nella scuola pubblica (il doppio del Pil, per intenderci) sono stati tali da consentire un rinnovamento didattico della qualità dell’insegnamento e dei programmi. È così che molta ricerca internazionale è entrata a far parte dell’insegnamento. Ho fatto la SSIS (Scuola di specializzazione all’insegnamento secondario, ndr) nel 2008 io, i miei colleghi e le mie colleghe avevamo frequentato la scuola negli anni 80-90 e quegli insegnamenti erano il frutto di percorsi con il meglio della didattica e della storia, con un buon rapporto tra ricerca universitaria e didattica. Una serie di elementi che hanno avuto la loro ricaduta in quel gioiello che sono state le Indicazioni Nazionali del 2012 ovvero i programmi e le indicazioni per l’orientamento degli insegnanti per costruire il progetto educativo. Avevano come estensori diciamo gli intellettuali migliori dell’educazione democratica del Novecento come Italo Fiorin o Tullio De Mauro. Persone che avevano ragionato per tutta la vita sul rapporto tra ricerca ed educazione. In modo sistemico e con riferimenti internazionali”.

E ora? 

“Ora c’è un backlash che arriva alla scuola e che però era già presente nel mondo dell’educazione e della cultura fuori dalla scuola. Si cerca di legittimare culturalmente e didatticamente un’idelologia neonazionalista. È un dibattito presente non solo in Italia. L’ultimo numero della rivista Passato e Presente fa proprio una disamina dei vari sistemi europei. È chiaro che se bisogna educare a un patriottismo che poi sia preliminare al fatto che a 18 anni puoi prendere le armi per andare a combattere da qualche parte – nelle guerre che sembrano prepararsi ovunque – o mettersi una divisa per fare rispettare questa non precisata sicurezza – penso alle dichiarazioni del capo della Polizia Vittorio Pisani sulla scuola come bacino per reclutare nuovi agenti – quell’ideologia deve avere una base. Questo neonazionalismo è il frutto di tante pedagogie civili di destra ma anche di sinistra. 

A sinistra?

“Un danno gigantesco lo ha fatto, malgré soi, Carlo Azeglio Ciampi. Il suo progetto di patriottismo democratico – l’inno d’Italia alle elementari, il ripristino della festa delle forze armate, la lettura italocentrica della Resistenza o dei processi di rivoluzione borghese dell’800 – doveva essere un antidoto a due processi in corso: la spinta antieuropeista da un lato che faceva perdere un’identità, e quelle secessioniste, la paura della Jugoslavia, la riduzione di un sentimento di solidarietà nazionale e l’idea che si potesse ritrovare una pedagogia civile italiana. Per una prevedibile eterogenesi dei fini da lì a poco tutto questo è diventato il sovranismo in salsa leghista e poi postfascista. Sembra uno scherzo del destino: oggi i partiti riescono a essere al tempo stesso secessionisti e nazionalisti, autonomia differenziata e premierato. Il progetto ciampiano era democratico ma è fallito da tutti i punti di vista. E tutto il dibattito poi non ha più tutte quelle altezze che aveva con Ciampi e Napolitano. E la scuola è destinata a essere sempre più distante dalle vite delle persone”.

Chi è Christian Raimo

Christian Raimo è nato a Roma, dove vive e insegna Storia e Filosofia al liceo.

È giornalista e scrittore: il suo ultimo libro, Scuola e resistenza, edito da Altreconomia, è un’appassionata storia dell’ideologia della scuola dopo il fascismo, dalla Resistenza alla pedagogia democratica.

“SCUOLA E RESISTENZA” DI CHRISTIAN RAIMO È DISPONIBILE ANCHE SU AMAZON

Ha scritto libri di racconti (l’ultimo è l’antologia La vita che verrà, minimum fax, 2021), romanzi (Il peso della grazia, 2012, Tranquillo prof, la richiamo io, 2015, La parte migliore, 2018, tutti per Einaudi) e saggi, fra cui Tutti i banchi sono uguali (Einaudi, 2017), Ho 16 anni e sono fascista (Piemme, 2018), Contro l’identità italiana” (Einaudi, 2019), Riparare il mondo (Laterza, 2020), Roma non è eterna (Chiarelettere, 2021), L’ultima ora. Scuola, democrazia, utopia (Ponte alle Grazie, 2022), Lettere alla scuola con la III M dell’Istituto Amaldi di Roma (Feltrinelli, 2024).

raimo-valditara-scuola-riforma Fonte foto: ANSA
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