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Valanga e slavina: come nascono e quali sono le differenze

Sono fenomeni invernali che possono essere anche estremamente pericolosi: chi si trova nella traiettoria di una valanga o una slavina rischia la vita

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Quello di Rigopiano, in Abruzzo, è l’episodio che è rimasto più impresso nella memoria collettiva degli italiani. Tonnellate di neve sommersero un intero hotel, intrappolando al suo interno 40 persone. 28 erano ospiti della struttura (di cui quattro bambini) e 12 i dipendenti in servizio: a sopravvivere furono soltanto in 11. Si tratta di una tragedia che ha sconvolto l’opinione pubblica, scatenando un’ondata di polemiche rispetto alla possibilità di prevederla e abbandonare la struttura per tempo. Atipico invece l’episodio della Marmolada, che si è verificato a luglio 2022, provocando la morte di 11 persone sulle Dolomiti. Gli esperti sostengono che in questo caso la ragione sia da ricercare nel clima caldo.

Per evitare che determinate tragedie possano accadere di nuovo, complici anche i cambiamenti climatici e le alte temperature, è bene conoscere le differenze fra valanga e slavina (se ci sono) e soprattutto cosa le può generare. Per sconfiggere un ipotetico nemico, infatti, la strategia migliore è conoscerlo ed evitarlo (quando possibile).

Che cos’è una valanga

La valanga è un fenomeno che avviene quando una massa di ghiaccio o di neve, senza preavviso, si stacca dal terreno e scende a valle sfruttando la pendenza del terreno. 

Le motivazioni possono essere diverse, ma in sostanza si arriva a un punto di non ritorno, che – a causa di uno stress – incide su una condizione di staticità del manto nevoso, fino al raggiungimento del “carico di rottura”.

Dal punto di vista fisico, succede che la forza di gravità diventa più forte di quelle che normalmente la contrastano e che permettono alla neve di rimanere in una situazione di equilibrio e stabilità.

Che cos’è la slavina

Esattamente come la valanga, la slavina viene definita come una massa di ghiaccio o neve che – a causa di un evento scatenante – si stacca dalla montagna e scivola sfruttando la pendenza. Può assumere anche dimensioni di una certa importanza e la sua potenza può trascinare con sé tutto quello che trova lungo il tragitto.

Poco male se sommerge rifugi o edifici disabitati, se però sul suo cammino finiscono sportivi o semplici appassionati della montagna, le possibilità di salvezza (soprattutto se non si interviene tempestivamente) sono veramente esigue.

Valanghe e slavine, cosa le scatena

Accertato il fatto che i due termini siano sinonimi, e che per convenzione si preferisca “valanga”, può essere curioso capirne l’origine etimologica. Vengono dai due termini latini labinae o lavanchiae. Quello che davvero importa, però, è cosa le scatena e quali sono gli strumenti dell’uomo per non rimanerne vittima.

L’agente scatenante, le caratteristiche morfologiche dei pendii, la tipologia di distacco, il percorso che compiono e la superficie interessata incidono sulla classificazione di questo fenomeno potenzialmente letale. 

Le cause possono essere naturali o artificiali e, in base al livello di rischio, vengono definite deboli, moderate, marcate, forti e molto forti. A questi aggettivi corrispondono dei colori emblematici: 

  • Verde.
  • Giallo.
  • Arancione.
  • Rosso.
  • Rosso e nero.

Le cause naturali sono da ricercare in un sovraccarico della neve, in precipitazioni importanti e inattese, o ancora in un innalzamento delle temperature, nel vento, nelle frane o nel distacco dei seracchi (una tipologia di ghiacciai).

La valanga (o slavina) però può scatenarsi per questioni artificiali. Può essere infatti l’attività dell’uomo a scatenarla: accidentalmente – scalando o sciando – oppure provocando un’esplosione per un cosiddetto distacco preventivo. In questo caso, si innesca in un momento specifico per evitare che possa verificarsi in maniera inattesa e con la stagione sciistica in corso.

La struttura del manto nevoso

È chiaro che, a seconda di dove si formi la valanga (anche detta slavina), le conseguenze possono essere devastanti. Nella migliore delle ipotesi, non incontra nulla lungo il suo percorso. In casi più gravi, invece, può distruggere centri abitati e coinvolgere eventuali persone presenti.

Fondamentale per determinare (o meno) la formazione di questo fenomeno e la sua portata è la composizione del manto nevoso. Questo infatti è costituito da strati, che possono essere spessi o sottili, estesi o frammentati, compatti e soffici. Studiarlo può essere uno valido strumento in termini di previsione e, quindi, di prevenzione delle tragedie come quelle di Rigopiano o della Marmolada.

Valanga o slavina, la formazione

Quando i legami fra i cristalli di neve sono deboli, da un determinato punto della montagna si crea la valanga. La sua dimensione aumenta man mano che procede la discesa e in genere forma una V al contrario. La “coesione debole” fa sì che, rispetto ad altre, questa slavina non sia molto pericolosa.

Una valanga di neve a lastroni, invece, di norma è più grande, veloce e distruttiva. In media ha una larghezza di 50 metri, una lunghezza che va dai 150 ai 200 metri e uno spessore di circa 50 centimetri. La velocità può variare da un minimo di 50 a un massimo di 100 chilometri orari.

Questo tipo si crea soltanto se il manto nevoso è fatto da strati di neve differenti. Se c’è un punto con i cristalli deboli e si verifica un sovraccarico (per esempio causato da una nevicata), ecco che quei legami si vanno spezzando a macchia d’olio sino al punto di rottura definitivo. Se l’inclinazione della montagna è superiore a 30 gradi, inizia una discesa veloce e devastante sino a valle.

Infine, esistono le valanghe bagnate: si staccano spontaneamente e, quando le temperature si alzano, causano uno sbalzo termico e il disgelo che, a sua volta, indebolisce i legami con i cristalli. È quello che si è verificato a luglio 2022 sulla Marmolada, cogliendo di sorpresa i presenti.

 

Lo studio di questi fenomeni atmosferici

Con strumenti all’avanguardia è possibile filmare e analizzare il comportamento di una valanga (o slavina). Con videocamere ad alta velocità si possono registrare le rotture; con dei sistemi radar, invece, si può capire il tenore in acqua del manto. Con una sonda, poi, si può misurare la stratificazione e capire come può variare.

In laboratorio si possono fare dei test di carico su lastre appositamente create per essere deboli e comprendere come si comportano su una scala ridotta rispetto a quella naturale.

Le simulazioni numeriche, infine, aiutano a ricostruire i processi fisici in maniera fedele. Questi sono tutti strumenti che possono evitare di ritrovarsi impreparati di fronte a fenomeni potenti e letali come questi.

Valanga e slavina, origini e differenze Fonte foto: Getty
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