Vaccini Covid, ipotesi terza dose: cosa dicono gli esperti
Le dichiarazioni degli esperti italiani sull'ipotesi della necessità di una terza dose di vaccino anti Covid
Mentre cresce l’ipotesi che sia necessaria una terza dose di vaccino anti Covid da somministrare a novembre a sanitari e over 80, cioè le prime categorie ad aver fatto le vaccinazioni, gli esperti italiani prendono posizione sul tema. E si dividono. A raccogliere i diversi punti di vista è stata l’agenzia ‘Adnkronos’.
Vaccini Covid, il parere degli esperti italiani sulla terza dose
Il virologo Fabrizio Pregliasco, docente dell’Università di Milano, ha dichiarato: “Un ulteriore richiamo del vaccino anti Covid era già previsto. I dati sono ancora da confermare rispetto a quella che è la durata della protezione, in più vediamo che la malattia dopo 6 mesi in qualche caso determina già la reinfezione. Quindi ci sta che possa esserci questa necessità nei soggetti più a rischio e nei soggetti più esposti. Credo che ci sia anche la possibilità di un vaccino aggiornato. Bisognerà vedere i tempi di autorizzazione di tale vaccino, perché come succede per l’influenza c’è una verifica seppur più limitata”.
Claudio Mastroianni, direttore del Dipartimento di Malattie infettive del Policlinico Umberto I di Roma, ha detto: “La terza dose a fine anno per gli operatori sanitari e gli anziani credo che sarà molto probabile. Andranno anche analizzati, però, gli studi in corso, valutate le varianti virali in circolazione, verificato il titolo anticorpale a 5-6 mesi dalla seconda dose e che tipo di situazione epidemiologica avremo a novembre-dicembre. Il V-Day in Italia è stato a fine dicembre 2020: i primi medici e infermieri quasi sicuramente dovranno fare un richiamo a un anno dal vaccino”.
Questo il pensiero di Matteo Bassetti, direttore della Clinica di Malattie infettive dell’ospedale San Martino di Genova e componente dell’Unità di crisi Covid-19 della Liguria: “Sulla possibilità di fare una terza dose del vaccino anti Covid sarei cauto. Non abbiamo dati certi su quando farla dalla prima: 6 mesi o 12 mesi? Sarebbe meglio aspettare dati certi sulla durata dell’immunità e poi capire come muoversi. Per i medici e operatori sanitari significherebbe fare una terza dose a fine novembre e dicembre”.
Secondo Maria Rita Gismondo, microbiologa dell’ospedale Sacco di Milano, “in questo momento non ha alcun fondamento scientifico né dire che una terza dose di vaccino anti Covid si debba fare, né dire che non si debba fare”. Ancora la Gismondo: “Il richiamo si fa quando si ha la certezza scientifica che siano calati gli anticorpi. Non abbiamo ancora i dati dell’immunità acquisita, né i dati sul periodo di tempo in cui viene mantenuta”.
Stando a Massimo Andreoni, direttore scientifico della Società italiana di malattie infettive e tropicali (Simit) e primario di Infettivologia al Policlinico Tor Vergata di Roma, la necessità di dover fare una terza dose di vaccino anti-Covid “è quasi certa”. Poi ha chiarito: “Dobbiamo solo capire se andrà fatta entro 12 mesi dalla prima. Ricordo che i medici e gli operatori sanitari li abbiamo iniziati a vaccinare a fine dicembre 2020. Le proiezioni della durata dell’immunizzazione ci dicono che dovrebbe durare fino a 12 mesi”.
Il virologo Francesco Menichetti, primario di Malattie infettive all’ospedale di Pisa, ha dichiarato che una terza dose di vaccino anti Covid “potrebbe essere un’ipotesi se ricorrono due condizioni: un clamoroso calo del livello degli anticorpi neutralizzanti protettivi indotti dal vaccino, documentato da test sierologici, o la emergenza preponderante di varianti scarsamente responsive al vaccino come la brasiliana, la sudafricana e la tanto temuta variante indiana”. Menichetti ha aggiunto: “Per me avrebbe più senso lavorare su una dose di richiamo aggiornata, perché se uno deve rifare gli stessi vaccini di cui si ha disponibilità adesso qualche perplessità ce l’ho. Invece la possibilità di disporre a breve di versioni aggiornate dei vaccini, soprattutto quelli a Rna messaggero che sono i più flessibili e i più rapidamente modificabili, sarebbe meglio”. Un richiamo col vecchio vaccino, ha precisato l’esperto, “deve essere una scelta sostanziata da una verifica serie dei livelli anticorpali. Perché se è plausibile che negli over 80 la risposta al vaccino sia modesta e di durata limitata a causa dell’età che attenua l’entità della risposta immunologica, nel personale sanitario che mediamente ha un’età più bassa grossi problemi non ci dovrebbero essere, considerando che questi vaccini non inducono solo anticorpi neutralizzanti, ma creano anche la memoria immunologica che è quella espletata dall’immunità cellulare che quando ri-incontra il virus si ricorda e scende in campo. Quindi piuttosto che aprire un dibattito, organizziamoci per controllare magari su un campione significativo i livelli di protezione immunitaria”.
Infine, questo è il commento del virologo Giovanni Maga, direttore dell’l’Istituto di genetica molecolare del Cnr di Pavia: “Il richiamo di un vaccino ha sempre senso se ci sono evidenze che l’immunità può indebolirsi. Se, adesso, con l’accumularsi dei dati che provengono dalla campagna vaccinale dovesse emergere un possibile rischio di abbassamento dell’immunità o se si dovesse presentare qualche ceppo virale particolarmente resiliente alla vaccinazione, il richiamo potrebbe essere giustificato. Tutto, però, dipende dai dati. È una decisione che va presa sulla base dei dati clinici, non senza un presupposto. Per il momento non ci sono dati che sembrino indicare la necessità di un richiamo, ma è una possibilità. Nel caso, sarà una raccomandazione da seguire se verrà data”.