Un collega di Giampiero Gualandi sull'omicidio di Sofia Stefani: "Lui non aveva l'obbligo della pistola"
Giampiero Gualandi ricopriva ruoli amministrativi, dunque non aveva l'obbligo dell'arma. Lo riferisce un suo collega dopo l'omicidio di Sofia Stefani
Ad arricchire l’alone di mistero che orbita intorno all’omicidio di Sofia Stefani, vigile 33enne morta giovedì 16 maggio all’interno del comando di Anzola dell’Emilia (Bologna), è un collega di Giampiero Gualandi, l’ex comandante ora in carcere con l’accusa di aver cagionato la morte della donna.
Secondo la versione di Gualandi, ricordiamo, il colpo sarebbe partito accidentalmente mentre puliva la sua pistola d’ordinanza, ma anche mentre tra i due era in corso una lite. Un diverbio come risultante di una presunta relazione tra i due, alla quale l’ex comandante avrebbe voluto porre fine contro la volontà della giovane. Ma la versione di Gualandi non convince gli inquirenti.
A proposito della pistola, un collega di Gualandi ascoltato da ‘Pomeriggio Cinque’ riporta una serie di elementi che potrebbero incrinare ulteriormente la posizione dell’ex comandante. In primo luogo il 63enne non avrebbe avuto l’obbligo di portare l’arma con sé in quanto presso il comando di piazza Giovanni XXIII avrebbe svolto esclusivamente ruoli amministrativi.
Ancora: "La pulizia delle armi veniva affidata a una ditta esterna, che inviava un armiere" addetto a tale mansione. Soprattutto: "Io non ho mai visto lui pulire l’arma, non so nemmeno se avesse l’attrezzatura idonea". In più il collega aggiunge che l’arma andrebbe pulita dopo l’uso, non prima, ma il mistero si infittisce nel dettaglio: per sparare è necessario caricare l’arma, non è sufficiente inserire il caricatore.