Truffa dei tamponi Covid per 7.600 euro a Milano: medico sotto accusa
Si faceva pagare a caro prezzo dai pazienti, per poi inviare i tamponi all'ospedale Sacco, dove venivano processati gratuitamente
Una dottoressa di Milano è accusata dei reati di truffa e accesso abusivo a un sistema informatico. La vicenda, raccontata dal Corriere della Sera, riguarda un giro abusivo di tamponi addebitati all’Asst Fatebenefratelli – Sacco del capoluogo lombardo. Secondo quanto emerso dalle indagini, il medico avrebbe sfruttato il sistema sanitario regionale per avere gratuitamente i referti dei test che eseguiva a pagamento nel proprio studio. Andrà in aula il 22 gennaio per l’udienza preliminare.
Truffa dei tamponi Covid per 7.600 euro a Milano: la ricostruzione
Il camice bianco lavorava sia nella residenza per anziani San Giuseppe Monte Tabor di Milano che nel suo studio privato. Avrebbe sfruttato l’accordo tra la Rsa e il laboratorio di microbiologia dell’ospedale Sacco per far esaminare i test condotti nel proprio ambulatorio.
Per i pazienti della struttura, infatti, i tamponi sono esaminati a titolo gratuito. Approfittando della convenzione, aveva inserito nel sistema anche quelli eseguiti nel proprio studio privato, facendo apparire i suoi pazienti come ospiti della Rsa.
Da un controllo a campione dell’autorità giudiziaria dell’Asst Fatebenefratelli – Sacco, che ora è parte offesa nel giudizio, sono emersi troppi referti sospetti di persone di giovane età che risultavano ricoverate in ospizio.
E che in ogni caso riguardano tamponi che non sarebbero dovuti essere processati gratis dal laboratorio dell’ospedale Sacco, che ha stretto accordi solo con la struttura e non con i singoli dipendenti.
Chi si affidava alla cure del medico non era a conoscenza di questa manovra, e pagava ugualmente l’alto costo dei test naso-faringei. Finora sono emersi almeno 78 casi di persone cadute nella trappola.
Truffa dei tamponi Covid per 7.600 euro a Milano: le pesanti accuse
La truffa ammonterebbe a 7.600 euro, tra il costo dei tamponi sostenuti dall’azienda sanitaria e il prezzo degli altri servizi accessori forniti dalla dottoressa, che si occupava anche di visite domiciliari ai potenziali positivi.
Secondo la Procura, inoltre, parte dei ricavati dalla truffa sarebbe stata addebitata a una agenzia di viaggi di proprietà dei genitori della dottoressa stessa.
L’accusa di accesso abusivo ai sistemi informatici dell’ospedale mossa contro la dottoressa di Milano riguarda invece l’utilizzo delle proprie credenziali per una finalità diversa da quella istituzionale per le quali erano state rilasciate, cioè l’estrazione dei referti dei tamponi dei pazienti dello studio privato che gestiva.