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Maria Elena Boschi

Tutto quello che c'è da sapere su Maria Elena Boschi, dalla carriera forense a quella politica

di Marta Ruggiero

Classe 1981, Maria Elena Boschi è una politica italiana. Nella fattispecie è capogruppo del partito Italia Viva alla Camera, dopo aver abbandonato il Pd all’interno del quale milita come ministro durante il Governo di Matteo Renzi e come sottosegretaria di Stato alla presidenza del Consiglio durante quello di Paolo Gentiloni.

Nasce a Montevarchi, ma cresce a Laterina (in provincia di Arezzo). Figlia di Pierluigi e di Stefania Agresti, ha la politica nel sangue. Ha una formazione cattolica e un ruolo attivo nella comunità. Dopo la laurea in Giurisprudenza, lavora in ambito accademico e perfeziona la sua preparazione forense.

Maria Elena Boschi, carriera e amore

Dal 2009 è avvocatessa civilista, specializzata in diritto societario e d’impresa, diritto delle società quotate e bancario.  È membro della commissione esaminatrice di diritto civile dellaScuola di specializzazione per le professioni legali di Firenze. E fa parte del consiglio d’amministrazione di Publiacqua dal 2009 al 2013. Quest’ultimo è l’anno della svolta: si dimette per ricoprire il ruolo di deputata alla Camera.

Dal 2020 ha una relazione con l'attore Giulio Berruti. Al loro, prima presunto e poi confermato, legame vengono dedicate diverse pagine di giornale e spazi all’interno di trasmissioni televisive tematiche.

Maria Elena Boschi, l’entrata in politica

In realtà, Maria Elena Boschi entra in politica molto prima del 2013. Nel 2008 infatti è portavoce dei comitati che sostengono Michele Ventura alle primarie del Pd contro Matteo Renzi. La vittoria di quest’ultimo e l’elezione a primo cittadino di Firenze fa sì che i due stringano un sodalizio politico.

Diventa consigliera giuridica di Renzi e, con Simona Bonafè e Sara Biagiotti, coordina la sua campagna elettorale del 2012. Nel 2013, è lei a candidarsi alle politiche e viene eletta. Ricoprirà il ruolo di segretaria delle I Commissione Affari Costituzionali, della Presidenza del Consiglio e Interni.

Nello stesso anno diventa membro della Segreteria Nazionale del Pd e ricopre il ruolo di Responsabile delle Riforme Istituzionali. Dopo la caduta del Governo Letta, nel 2014, ricopre l’incarico di ministro senza portafoglio per le riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento durante il Governo Renzi.

Maria Elena Boschi nel ruolo di ministro

Dopo tre anni dall’incarico, Maria Elena Boschi riceve anche le deleghe in ambito di pari opportunità e di adozioni internazionali. Da responsabile delle riforme, presenta quella che rivede la conformazione del senato esistente e la fine del bicameralismo perfetto (ma viene respinta con il 59,2% di voti al referendum costituzionale del 2016).

L’esperienza come sottosegretaria alla presidenza del Consiglio dei ministri

Sempre nel 2016 ricopre questo ruolo di responsabilità, con funzioni di segretaria del Consiglio dei Ministri durante il Governo di Paolo Gentiloni, e diventa la prima donna a ricoprire questo incarico. Questo traguardo suscita non poche polemiche. Maria Elena Boschi, infatti parla di abbandono delle cariche politiche in caso di vittoria del No al referendum, ma disattende le aspettative.

Nel 2018 viene rieletta alla Camera dei deputati con il Partito Democratico e rimane in carica nel ruolo di sottosegretaria per gli affari correnti per tre mesi. Nel 2019 lascia il Pd e segue Matteo Renzi nella formazione di Italia Viva. Nel nuovo partito centrista Maria Elena Boschi diventa capogruppo alla Camera. Si candida alle elezioni politiche del 2022 con Azione – Italia Viva – Calenda e viene eletta.

Maria Elena Boschi, scandali e controversie

È il 2015 quando la Camera del Deputati respinge la mozione di sfiducia presentata dal Movimento 5 Stelle, come conseguenza del decreto “salva banche”. Fra le quattro banche in liquidazione c’è anche Banca Etruria di cui è vicepresidente proprio il padre di Maria Elena Boschi nel momento del commissariamento. Anche il fratello Emanuele ha un ruolo nella banca: è responsabile “cost management”.

Interpellata l’Authority dell’antitrust, viene stabilito che “non sussiste alcuna circostanza in base alla quale il ministro abbia partecipato all'adozione di alcun atto con danno dell'interesse pubblico”. È il 2020 quando viene archiviata l’accusa di bancarotta semplice contestata al padre di Boschi, per una buonuscita di 700mila euro riconosciuta all’ex direttore di Banca Etruria, e la condotta definita "penalmente irrilevante" dal giudice.

Nel 2022 si conclude, con l’assoluzione di tutti gli imputati (fra cui Pierluigi Boschi) un altro filone delle indagini, che si occupa delle cosiddette "consulenze d'oro". Si tratta del presunto pagamento per studiare la fusione della banca con altri istituti di credito.

Un altro caso controverso riguarda il petrolio in Basilicata e risale al 2016. La procura di Potenza apre un’inchiesta sullo smaltimento dei rifiuti nel centro oli di Viggiano, legato alle estrazioni di petrolio in Val d’Agri (in Basilicata).

In questa vicenda è convolto Gianluca Gemelli (dimessosi immediatamente), il compagno dell’allora ministro dello Sviluppo Economico, Federica Guidi. Dagli atti risulta un’intercettazione telefonica in cui il ministro cita la collega Maria Elena Boschi. Nella fattispecie, Guidi rassicura il compagno in merito al benestare di Boschi rispetto alla presentazione di un emendamento caldeggiato dallo stesso Gemelli.

È il 2020 quando Maria Elena Boschi viene iscritta nel registro degli indagati presso la Procura di Firenze con l’accusa di finanziamento illecito continuato attraverso la Fondazione Open. Nella vicenda sono coinvolti anche Matteo Renzi, Luca Lotti, l'avvocato Alberto Bianchi e l’imprenditore Marco Carrai. Si tratta dei membri di quello che viene definito il “Giglio Magico" renziano.

Il reato viene contestato “perché in concorso tra loro, in esecuzione di un medesimo disegno criminoso (…) Bianchi, Carrai, Lotti e Boschi in quanto membri del consiglio direttivo della Fondazione Open riferibile a Renzi Matteo (e da lui diretta), articolazione politico-organizzativa del Partito democratico (corrente renziana), ricevevano in violazione della normativa citata i seguenti contributi di denaro che i finanziatori consegnavano alla Fondazione Open: circa 670.000 euro nel 2012, 700.000 nel 2013, 1,1 milioni nel 2014, 450.000 nel 2015, 2,1 milioni nel 2016, 1 milione nel 2017 e 1,1 milioni nel 2018”. Il 2022 arriva il rinvio a giudizio per l’ex ministro Boschi e altre dieci persone coinvolte nelle presunte irregolarità nei finanziamenti alla Fondazione Open.

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