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Marco Vannini

Marco Vannini è morto a 20 anni nella notte  tra il 17 e il 18 maggio 2015, a casa dell’allora fidanzata Martina Ciontoli. Le tappe della vicenda

di Stefania Bernardini

Marco Vannini è stato ucciso a 20 anni a Ladispoli nel 2015 a causa di un colpo di pistola partito per errore. Il giovane è morto nella notte tra il 17 e il 18 maggio, a casa dell’allora fidanzata Martina Ciontoli. Nel 2021, per l’omicidio, sono stati condannati in via definitiva il padre della ragazza Antonio Ciontoli, per omicidio volontario con dolo eventuale, la moglie Maria Pezzillo e i figli Martina e Federico, per concorso semplice attenuato dal minimo ruolo e apporto causale.

Il decesso del ragazzo sarebbe collegato ai ritardi nel chiamare i soccorsi, aggravati dalle omissioni e dalle bugie dette agli operatori del 118 dalla famiglia Ciontoli su quanto era successo. Vannini è morto dopo un’agonia lunga 110 minuti.

Cosa è successo nella notte tra il 17 e il 18 maggio

La sera del 17 maggio 2015, Marco è a cena a casa della fidanzata Martina come accade di frequente. La coppia è legata da circa tre anni e, dopo essersi lasciati per più o meno due settimane, sono da poco tornati insieme. Verso le 23:00, il giovane chiama i genitori, per avvisarli che sarebbe rimasto a dormire a casa Ciontoli.

Nell’abitazione ci sono i genitori di Martina, Antonio Cintoli e Maria Pezzillo, il fratello Federico e la sua fidanzata Viola Giorgini. Intorno alle 23:15, Marco va a lavarsi nella vasca quando Antonio entra nel bagno per prendere una pistola nella scarpiera, una Beretta calibro 9. Il ragazzo gli avrebbe chiesto di mostrargliela e, in quel momento, parte il colpo accidentale che ferisce Marco in un punto non vitale.

Le omissioni nella richiesta di soccorso al 118

Verso le 23.40, Federico Ciontoli fa una prima chiamata al 118 della regione Lazio dicendo che un ragazzo, per via di uno scherzo, si è sentito male e non respira più. L’operatrice sente, in sottofondo, la voce di una donna dire che il ragazzo stava facendo il bagno.

Poi la voce di un uomo avverte che non c’è più necessità dei soccorsi e la chiamata si interrompe. Dopo circa mezz’ora, viene nuovamente contattato il 118. Questa volta è Antonio Ciontoli a riferire agli operatori che Marco si è ferito “con un pettine a punta”. L’autoambulanza arriva dopo circa un quarto d’ora dalla telefonata, più di un’ora dopo il ferimento, e Vannini viene trasportato all’ospedale di Ladispoli.

A causa delle gravi condizioni del ragazzo, viene chiamato l’elisoccorso per trasportarlo al Policlinico Gemelli di Roma. Intorno alle 3:00 del mattino il giovane muore a causa di un proiettile che gli ha perforato il polmone ed è arrivato fino al cuore.

Le tappe del processo

L’iter giudiziario che ha portato alla condanna della famiglia Ciontoli è durato 6 anni ed è passato per indagini lacunose, intercettazioni clamorose, raffica di menzogne e dichiarazioni fuorvianti fino all’inverosimile, tre processi e altrettante condanne fino alla sentenza definitiva della Cassazione che ha confermato le condanne di secondo grado a 14 anni per Antonio Ciontoli e 9 anni e 4 mesi per la moglie e i figli.

Il primo grado di giudizio a carico dell’uomo che aveva sparato a Vannini si concluse con una condanna a 14 anni di carcere per omicidio volontario e 3 anni per omicidio colposo alla moglie Maria Pezzillo e ai figli, Federico e Martina.

In appello, la pena venne ridotta per Antonio Ciontoli da 14 a 5 anni con reato derubricato da omicidio volontario a colposo, mentre furono confermate le condanne agli altri familiari imputati. La Cassazione però dispose l’appello bis chiedendo di riconoscere l’accusa più grave di omicidio volontario.

Il nuovo giudizio riportò la pena a 14 anni per Antonio Ciontoli, riconoscendo l’omicidio volontario con dolo eventuale, e 9 anni e 4 mesi per moglie e figli per il concorso anomalo in omicidio volontario.

Nel 2021, la Suprema Corte ha confermato l’entità delle pene con l’unica modifica dei giudici da“concorso anomalo”a “concorso semplice attenuato dal minimo ruolo e apporto causale”.

Chi era Marco Vannini

Marco Vannini era nato l’8 aprile 1995 e viveva a Cerveteri insieme ai genitori. Era il figlio unico di Marina Conte e Valerio Vannini. Il ragazzo è stato descritto come un giovane ventenne senza grilli per la testa che sognava un futuro nell’Arma dei Carabinieri.

All’epoca dell’omicidio lavorava come bagnino in uno stabilimento balneare ed era conosciuto da tutti per il suo carattere solare e generoso, per la sua maturità e senso di responsabilità.

L’amore con Martina Ciontoli era iniziato nel 2012. La ragazza viveva con la famiglia a Ladispoli, un nucleo descritto come molto unito sotto la guida del padre Antonio, sottufficiale della Marina militare distaccato ai servizi segreti. In tre anni Martina e Marco, con i rispettivi genitori, erano diventati come una sola grande famiglia.

La ragazza voleva diventare infermiera, mentre il giovane coltivava il sogno di diventare pilota delle Frecce tricolore. Per questo aveva chiesto aiuto al suocero Antonio, che lo aveva guidato nella preparazione dell'incartamento per l'ammissione in Accademia. La domanda però era stata respinta.

La mamma di Marco, dopo l’omicidio, ha rivelato che Martina non voleva che il fidanzato facesse il militare perché temeva di perderlo e che il ragazzo aveva il sospetto che la famiglia Ciontoli stesse provando a boicottarlo per non fargli intraprendere la carriera militare. Nel corso delle indagini si è ipotizzato anche un litigio della coppia su questa questione proprio la sera dell’omicidio.

I vicini di casa dei Ciontoli hanno infatti raccontato di aver sentito, la sera del 17 maggio 2015, dalla villetta in via De Gasperi, voci concitate di persone che stavano discutendo. Poi una voce femminile, afflitta, che ripeteva: “Lo vedi papà?”. Infine un fragore come di uno specchio che cade e s’infrange in mille pezzi, che presumibilmente potrebbe essere stato il colpo di pistola.

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