Mara Carfagna
Tutto quello che c'è da sapere su Mara Carfagna, uno dei volti più noti della politica e della tv italiana ed ex fedelissima di Silvio Berlusconi
di Mirko Ledda
La deputata Maria Rosaria Carfagna nasce a Salerno il 18 dicembre del 1975 da Salvatore Carfagna, docente di Italiano e Storia e poi militante di Forza Italia, e Angela Bianculi. Dopo un passato da ballerina e conduttrice televisiva, inizia la sua carriera politica all’interno del partito di Silvio Berlusconi, diventando una dei fedelissimi e abbracciando inizialmente posizioni conservatrici. Successivamente diventa il volto dell’ala progressista degli azzurri, e iniziano le frizioni con il suo leader, che la portano a entrare in Azione.
La biografia di Mara Carfagna: gli studi e la carriera nel dello spettacolo
Da piccola suona il piano e studia recitazione. Dopo il diploma in ballo al Teatro San Carlo e la maturità scientifica al liceo Giovanni da Procida, si trasferisce a New York per continuare gli studi come ballerina. Viene notata per la sua bellezza, e a 22 anni diventa Miss Prima, andando di diritto alle finali di Miss Italia e conquistando la fascia di Miss Cinema. Entra quell’anno nel cast fisso di Domenica In al fianco di Fabrizio Frizzi e nel mentre studia Giurisprudenza, laureandosi nel 2001 con il massimo dei voti con una tesi di Diritto dell’informazione nel sistema radiotelevisivo.
Dal 2000 al 2004 conduce insieme a Davide Mengacci il programma La domenica del villaggio, per poi passare a Piazza Grande con Giancarlo Magalli e Fiordaliso. In quegli anni appare anche senza veli sulla rivista Maxim.
La lunga carriera politica di Mara Carfagna: quasi 20 anni dentro Forza Italia
Nel 2004 lascia il mondo dello spettacolo per avvicinarsi al mondo della politica, diventando coordinatrice del movimento femminile interno di Forza Italia in Campania. È candidata e risulta eletta alle elezioni politiche del 2006 alla Camera dei Deputati. Nel corso della XV Legislatura ricopre l’incarico di segretaria della I Commissione Affari Costituzionali. Nell’ottobre del 2007 viene nominata coordinatrice nazionale di Azzurro Donna.
Nel 2008 è rieletta alla Camera dei Deputati con il Popolo della Libertà, nuovo partito di Silvio Berlusconi, e diventa membro della XXII Commissione Affari Sociali. Quando il suo leader diventa capo di Governo per la quarta volta, l’8 maggio, Mara Carfagna diventa ministra per le Pari opportunità, giurando davanti al presidente Giorgio Napolitano. L’Esecutivo cade il 16 novembre 2011.
Nel 2010 diventa anche consigliera regionale della Campania, ma rinuncia all’incarico per rimanere al Governo. Nello stesso anno annuncia le dimissioni da ministra e da deputata, parlando di dissidi con i vertici campani del PdL per la gestione dell’emergenza rifiuti a Napoli e a Salerno e per gli attacchi ricevuti da esponenti nazionali del partito, tra cui Alessandra Mussolini. Dopo un colloquio con il premier Silvio Berlusconi, decide però di tenere i suoi incarichi.
Nel 2013 è rieletta alla Camera e diventa portavoce del gruppo parlamentare Forza Italia – Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente, nonché componente della Commissione Antimafia, della III Commissione Affari esteri e comunitari, del Comitato permanente Africa e questioni globali, del Comitato permanente sui diritti umani, del Comitato sull’attuazione dell’Agenda 2030 e lo sviluppo sostenibile. Entra l’anno successivo nel Comitato di presidenza del ricostruito Forza Italia.
Le prime frizioni tra Mara Carfagna e Forza Italia e il suo passaggio ad Azione
Per la quarta volta è rieletta alle politiche del 2018, e viene eletta dai colleghi come vicepresidente della Camera dei Deputati, per fare le veci del pentastellato Roberto Fico in sua assenza. In vista delle elezioni europee dell’anno successivo emergono frizioni tra Mara Carfagna e Antonio Tajani, anche se i diretti interessati spengono il fuoco con dichiarazioni a mezzo stampa. Silvio Berlusconi la sceglie come coordinatrice del partito insieme a Giovanni Toti, all’epoca presidente della Regione Liguria.
Pochi mesi dopo tuttavia il Cav affianca a loro anche Anna Maria Bernini, Mariastella Gelmini, Sestino Giacomoni e Antonio Tajani, ma Mara Carfagna rifiuta l’incarico in quello che definisce “comitato di liquidazione” del partito. A Roma presenta Voce Libera, associazione interna a Forza Italia, senza però ottenere la benedizione del suo leader.
Il 12 febbraio 2021 viene nominata come ministra per il Sud e la Coesione territoriale del governo Draghi, raccogliendo l’eredità di Giuseppe Provenzano, del PD. Dopo un anno e mezzo, l’Esecutivo cade anche per il mancato rinnovo della fiducia da parte del gruppo di Forza Italia. È la goccia che fa traboccare il vaso: Mara Carfagna esce dal partito. Pochi giorni dopo annuncia il suo ingresso in Azione, partito liberale di centro guidato da Carlo Calenda. Ne diventa presidente a novembre 2022, dopo essere eletta ancora una volta alla Camera dei Deputati, questa volta in quota Terzo Polo.
L’impegno politico di Mara Carfagna contro la violenza sulle donne e le discriminazioni
Il suo impegno politico si è sempre concentrato nella difesa dei diritti delle donne. È stata la principale promotrice della legge che introduce il reato di stalking nella normativa italiana. La legge prevede un aumento delle pene per gli atti persecutori in caso di recidiva, e l’aggravante di stalking per i reati di omicidio e violenza sessuale. Rende possibile le intercettazioni telefoniche e gli incidenti probatori con le testimonianze di minori per i reati di stalking.
Mara Carfagna si è spesa anche con campagne di comunicazione contro la violenza sulle donne, contro la mutilazione dei genitali femminili, contro l’omobitransfobia e la violenza basata sull’orientamento sessuale. Ha anche sottoscritto la campagna dell’ONU contro la violenza sulle donne ed è stata ideatrice della campagna social contro i femminicidi “Non è normale che sia normale”, che è stata esportata dall’Organizzazione delle Nazioni Unite anche negli Stati Uniti diventando “It’s not normale that is’t normal”.
La deputata è anche firmataria nel 2019 di un emendamento al cosiddetto Codice Rosso, che prevede l’introduzione in Italia del reato di matrimonio forzato, che fino a quel momento era punito come maltrattamento, e l’istituzione di un fondo per le famiglie affidatarie di orfani di femminicidio.