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Ius Soli

Tutto quello che c'è da sapere su Ius soli, Ius culturae e Ius scholae: cosa sono e quali sono le differenze

di Mauro Di Gregorio

Da anni nel mondo della politica e nella società civile si discute della possibilità di conferire la cittadinanza italiana ai figli degli immigrati. Esistono varie possibilità sul tavolo, ma la contrapposizione ideologica fra le parti esaspera il confronto e finisce col bloccare tutto.

Nel dibattito tornano ciclicamente locuzioni latine come Ius soli, Ius Culturae e Ius Scholae.

Diritti ai figli dei migranti: le posizioni a favore
Chi è favorevole a espandere i diritti di cui godono i figli dei migranti sostiene che individuare nuove corsie per conferire la cittadinanza italiana non solo sia possibile, ma sia anche necessario per sanare formalmente una situazione che materialmente è già in atto.

Oggi i figli degli immigrati non sono cittadini italiani nonostante parlino italiano, frequentino scuole italiane, fruiscano degli stessi prodotti culturali dei loro amici italiani (musica, videogiochi, film, serie tv, fumetti…), abbiano le stesse abitudini e le stesse aspirazioni e tifino per le stesse squadre di calcio.

Questi bambini e questi adolescenti, anche qualora fossero nati in Italia, dipendono dal permesso di soggiorno dei loro genitori. Qualora il permesso dovesse scadere, loro diventerebbero degli irregolari. Per questi giovani essere privi della cittadinanza, oltre che farli sentire diversi, è causa di alcune limitazioni (come, ad esempio, non poter svolgere attività sportiva professionale con la maglia azzurra, non poter entrare a Montecitorio in visita scolastica, ecc…)

Diritti ai figli dei migranti: le posizioni contro
Chi è contrario a espandere i diritti dei figli degli immigrati sostiene che l’Italia concede già un altissimo numero di cittadinanze e che l’applicazione di ulteriori diritti farebbe lievitare il numero mandandolo fuori controllo. Secondo i dati Eurostat nel 2019 l’Italia ha concesso 127.000 cittadinanze pari al 18% di tutte le cittadinanze concesse nell’Unione europea. Più di noi ne ha concesse solo la Germania (132 mila, 19% del totale dell'Ue). Secondo i dati l’Italia supera la media europea per quanto riguarda il tasso di naturalizzazione (il rapporto tra chi ha acquisito la cittadinanza in un anno rispetto al totale di stranieri residenti). La media europea è del 2%, quella italiana del 2,54%.

Ius sanguinis
Oggi in Italia vige lo Ius sanguinis, il ‘diritto di sangue’ basato sul criterio della discendenza: chi è figlio di almeno un genitore italiano, diventa automaticamente italiano. Il testo di riferimento è la legge 91/1992 (‘Nuove norme sulla cittadinanza’).

Il primo articolo della legge recita che “È cittadino per nascita il figlio di padre o di madre cittadini; chi è nato nel territorio della Repubblica se entrambi i genitori sono ignoti o apolidi, ovvero se il figlio non segue la cittadinanza dei genitori secondo la legge dello Stato al quale questi appartengono”.

Ius soli
Ius soli tradotto dal latino significa ‘diritto del suolo’. Secondo le leggi improntate allo lo Ius soli la cittadinanza si ottiene nascendo in un determinato territorio. Lo Ius soli può avere alcune gradazioni. Può cioè essere incondizionato, se applicato per il solo fatto di essere venuti al mondo sul suolo di una determinata nazione, o può essere condizionato da determinate variabili (ad esempio raggiungere una determinata età anagrafica prima di poter fare richiesta, dover completare un ciclo di studi, superare determinati esami, ecc…)

Gli unici tre casi in cui in Italia si applica una certa forma di Ius soli è, come detto, nei tre casi eccezionali disciplinati dalla legge 91/1992: quando il bambino nato su suolo italiano sia figlio di ignoti, di apolidi o qualora vi fosse l’impossibilità di trasmettere la cittadinanza dei genitori.

Ius soli temperato
Una proposta di legge, mai approvata, ha cercato di introdurre una forma di Ius soli condizionato, passato alla storia come ‘Ius soli temperato’.

Il testo fu presentato il 23 marzo 2018. Fra i firmatari Laura Boldrini, Pier Luigi Bersani, Stefano Fassina, Nicola Fratoianni e altri.

In pratica il testo ancorava la possibilità di accedere allo Ius soli in caso di nascita su suolo italiano e di soggiorno regolare di almeno un anno di uno dei genitori al momento della nascita del figlio. Oppure in caso di nascita da genitore a sua volta nato in Italia.

Un precedente testo sulla materia, approvato alla Camera e mai licenziato dal Senato, era stato presentato nel 2015.

Critiche allo Ius soli
Fra i paesi che applicano lo Ius soli vi sono gli Stati Uniti d’America. Una delle critiche che i Repubblicani, la destra americana, muovono a tale dottrina è che ogni anno spingerebbe decine di migliaia di disperati da ogni angolo del mondo a tentare un ingresso illegale negli Usa con lo scopo di partorire un figlio sul suolo americano. Questo alimenterebbe i flussi migratori e i traffici ad essi correlati, oltre che aumentare il numero dei morti lungo i viaggi della speranza.

Ius Culturae e Ius Scholae: quali differenze?
Sia Ius Culturae che Ius Scholae sono locuzioni che prevedono che uno straniero possa acquisire la cittadinanza italiana se ha frequentato determinati percorsi di studio.

La ratio dietro queste proposte è utilizzare il criterio dell’istruzione per integrare migliaia di ragazzi.

Anche se le differenze fra Ius Culturae e Ius Scholae sembrano per lo più di etichetta visto che spesso giornalisti e politici le utilizzano indistintamente come sinonimi, in realtà una differenza c’è e riguarda le leggi che negli anni sono state presentate.

Per Ius Culturae (‘diritto basato sulla cultura’) si intende un percorso che porta lo straniero ad acquisire la cittadinanza se nato in Italia o se arrivato prima dei 12 anni e dopo un ciclo di studi di almeno 5 anni, con esito positivo se si tratta di scuole elementari.

Invece per Ius Scholae (‘diritto basato sulla scuola’) si intende la possibilità di acquisire la cittadinanza per quelle persone giunte in Italia dopo i 12 anni, se hanno almeno 6 mesi di residenza e se hanno compiuto un percorso di studi o se hanno ottenuto una qualifica professionale.

Iure communicatio
Esiste infine lo Iure communicatio (‘diritto per trasmissione’). Si tratta del principio secondo il quale la cittadinanza può essere trasmessa da un familiare all’altro, ad esempio tramite matrimonio

In questo caso il trasferimento di cittadinanza dal coniuge italiano al coniuge straniero si ottiene dopo 3 anni se residente all’estero o dopo 2 anni se residente continuativamente in Italia.

Altri casi di Iuris communicatio sono il riconoscimento e l’adozione.

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